aCattedrali nel deserto
aCattedrali nel deserto aCattedrali nel deserto Grotte e gole come sed^i^r^ naturali LA mia ipotesi è che l'arte sahariana, (e in particolare quella ciadiana dell'Ennedi e del Tibesti), sia opera di popolazioni residuali, rimaste intrappolate nei massicci montuosi, dove la caccia-raccolta era ancora possibile nonostante l'avanzare del deserto. L'arte rupestre ha carattere religioso, connesso con le forze della natura del luogo. Non stupisce, pertanto, che le pitture rituali di pastori nomadi e agricoltori itineranti sulle dune morte (unica forma possibile di sfruttamento dei territorio in Sahara, nei periodi umidi del Neolitico) venissero affidate a degli «specialisti rituali», le rimanenze boscimanoidi, che sostuirono il bestiario selvatico con quello dei nuovi padroni della terra: bovini, cavalli, dromedari. Ancora; oggi, una prassi analoga è applicata dai Tutsi del Ruanda che hanno, come musicisti reali e divinatori, i pigmei della foresta. O presso i Samburu del Kenya, pastori simili ai Masai, che utilizzano gli Okiek (o Ndrobo) come fabbri ed erboristi ma, soprattutto, come circoncisori, una cerimonia di estrema importanza: è solo attraverso di essa, infatti, che un Samburu può diventare, antropopoieticamente, uomo vero. Questo spiegherebbe, inoltre, l'improvviso peggioramento di stile rappresentativo del periodo camelino in Sahara: la popolazione di pittori si sarebbe estinta (nel Tibesti e neU'Ennedi molto più tardi). Secondo questo scenario, i massicci del Sahara si trasformano in cattedrali nel deserto, sede delle forze che regolano i cicli naturali (in molte delle valli con pitture e graffiti si ritrovano necropoli neolitiche). Abbiamo anche sperimentato come le numerose cappelle, presenti nel Murdi e ovunque, potrebbero essere idiofoni, risuonatori eh toni diversi (come i bicchieri di Archimede) sulla viva roccia. Ancora oggi i Sandawe percuotono i massi granitici (inselberg) della savana come organi di pietra. Nelle cattedrali, nelle singole grotte e nei ripari sottoroccia, gli esperti rituali, eredi di una lunga tradizione millenaria di pittori-sciamani (popolazione residuale di tipo fisico e culturale affine ai Boscimani), mantenevano il rapporto con il mondo dello spirito per le popolazioni di agricoltori stanziali (nelle valli e non tra i massicci pietrosi e ostili) e eh pastori nomadi, alla continua ricerca di pascolo. Entrambe le attività economiche non si adattano a lunghe permanenze in un luogo ristretto e difficile come i massicci sahariani. Graffire e dipingere,! infatti, non richiede solo tecnica consolidata, ma anche IL (e soprattutto) tempo. L'abilità di fondo che si richiede*] a un pittore che utilizzi il Sac (che dipinga, cioè, ciò che gli appare nel cervello e non ciò che vede), è di tipo eidetico. Si tratta della facoltà di mantenere un'immagine vivida, nel tempo, di qualcosa che si è visto.' I soggetti eidetici sono in grado di richiamare l'immagine chiudendo gli occhi, anche dopo giorni. E' un'abilità tipica j dei bambini e tende a scomparire con la pubertà, I bambini, infatti, dipingono ciò che pensano e non ciò che vedono: disegnano concetti, come gli artisti sciamani. I Boscimani hanno strutture fisiche esterne di tipo neotenico (mantenimento dell'aspetto infantile). Resta da chiedersi se la neotenia non arrivi anche alle strutture cerebrali, con la permanenza della capacità eidetica anche in età adulta, forse affinata dall'uso nell'arte parietale dei loro antenati. Infatti, e questo è un buon argomento per la teoria del gruppo residuale di pittori, l'abilità eidetica si trasmette geneticamente. [a. sai.] wmm
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