Curare insieme mente e cervello
Curare insieme mente e cervello NEUROSCIENZE Curare insieme mente e cervello Una visione non settoriale per patologie confinanti IL «decennio del cervello», grande programma di ricerca internazionale, volge al termine e indubbiamente in questo ultimo scorcio di secolo le neuroscienze hanno avuto una forte espansione, suscitando molto interesse anche nel pubblico: si pensi al successo di film come «Risvegli», da Oliver Sacks, alle campagne Telethon per le malattie neuromuscolari o al sorgere di associazioni per la lotta alle diverse patologie neurologiche o psichiatriche, come epilessia, sclerosi multipla, malattia di Alzheimer, morbo di Parkinson, depressione, schizofrenia. Tutte queste erano fino a ieri considerate «malattie del sistema nervoso» ma oggi usare questa formula è come riesumare un'espressione ottocentesca vista con sospetto da tutti coloro che, con giustificazioni più o meno scientifiche, hanno partecipato al lauto banchetto della scissione della neuropsichiatria nei suoi molteplici rami. Questi sono rappresentati dalla neurologia (che si occupa delle malattie «organiche» o lesionali del sistema nervoso), dalla psichiatria (area delle malattie mentali), dalla neurochirurgia, dalla neuropsichia- tria infantile (anch'essa violenteznente scossa da tendenze scissionistiche in neuropediatria e psicopatologia dell'età evolutiva), e via via successivamente da altri rami e rametti sempre più limitati. Né si può sottovalutare l'irrompere sulla scena delle branche psicologiche, che, originariamente partite come studio dello sviluppo e dei comportamenti mentali fisiologici (cioè normali), si sono estese al campo attiguo della patologia. In altri termini, un paziente con patologia mentale oggi ha uguali chance di essere visitato, diagnosticato e curato da uno psichiatra o da uno psicologo clinico (psicanalista, psicoterapeuta o altro). La frammentazione delle varie specializzazioni e quindi delle competenze, se da un lato ha favorito l'approfondimento delle conoscenze settoriali (ogI gi abbiamo dei neurologi «epi- lettologi», «parkinsonologi» o altro; degli «psichiatri biologici» così come quelli «psicodinamisti», e così via), dall'altro ha provoca* ~> una caduta di quel livelle culturale elevato, medico e umanistico, tipico delle generazioni precedenti. Proprio ad esse bisogna rifarsi per stabilire dei punti fermi. Infatti, se esiste una «patristica neuropsichiatrica», essa è da identificarsi nelle grandi figure di Jean-Martin Charcot, il creatore della prima cattedra delle malattie del sistema nervoso all'Ospedale Salpetrière di Parigi nella seconda metà del secolo scorso; Emil Kraepelin (1856-1926), psichiatra tedesco, primo e per certi versi insuperato classificatore dei disturbi mentali; e lo stesso Sigmund Freud, fondatore della psicoanalisi. In un'epoca quasi del tutto priva di strumenti diagnostici, essi riuscirono a descrivere in maniera dettagliata le diverse malattie del sistema nervoso, sul versante sia neurologico sia psichiatrico. Non sarà mai abbastanza sottolineato il fatto che anche Freud aveva iniziato i suoi studi in campi di pura competenza neurologica e da giovane aveva frequentato il reparto di Charcot, personalità che ebbe una grande influenza sulla sua formazione. Alle soglie del Duemila personalità così complesse e complete non sono più pensabili. Capitoli di poche pagine sui manuali di cent'anni fa sono oggi oggetto di volumi interi (vedi, ad esempio, il morbo di Alzheimer). Si è però perduta, nella polverizzazione culturale, la visione unificatrice della mente e del cervello, cioè dello studio unitario, senza preconcetti o pregiudizi, della persona come essere-fisico e come essere-pensante. Basti ricordare, ad esempio, la frequente concomitanza di disturbi psichici in corso di malattie cerebrali (depressione in primo luogo), così come di patologie di ogni tipo (cardiopatie, tumori). Queste sovrapposizioni di disturbi (fisici e mentali) costituiscono esempi di quella che oggi viene definita «comorbidità», termine coniato da Feinstein nel 1970, e che non rappresenta solo né una mera coincidenza né è dovuta a ovvi motivi di causalità («sono triste perché sono ammalato»), ma che invece è da intendersi come espressione complessa di un disordine (o alterazione) del rapporto (o substrato) indissolubile tra mente e cervello. Le neuroscienze (queste, sì, scienze ad ampio raggio d'azione) hanno oggi il compito di riappropriarsi di questa visione non settoriale e di studiare, pur con le diverse angolature metodologiche (chi con 0 microscopio, chi con la TAC, chi con i test psicologici) tutti gli «spettri» (campi estesi) di patologie tra loro confinanti, tra cui, ad esempio, il morbo di Parkinson-depressione, l'ictus-depressione, le epilessie-psicosi. Francesco Monaco Università di Torino
Persone citate: Emil Kraepelin, Feinstein, Francesco Monaco, Freud, Oliver Sacks, Parkinson, Sigmund Freud
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