GRECI E LATINI SI FONDONO NELLA MEMORIA DELLA CIVILTA'

GRECI E LATINI SI FONDONO NELLA MEMORIA DELLA CIVILTA' GRECI E LATINI SI FONDONO NELLA MEMORIA DELLA CIVILTA' Letteratura, storia e filosofia, da Eschilo a Sant'Agostino STORIA DELLA CIVILTÀ' LETTERARIA GRECA E LATINA Utet pp. 2676 L. 450.000 ER distillazione poetica la Ricerca di Proust ha consegnato a ineludibile memoria il processo secondo cui, lungo un segmento di tempo, ogni disegno di caratteri e rapporti viene a alterarsi in modo imprevedibile, per ricomporsi in ordini precari, soggetti in breve a un ulteriore mutamento. Il risguardo dolente del fenomeno, per quanto attiene a sentimenti e relazioni, si può apprezzare, in uno spazio più breve, nella «deriva dei continenti» che governa le vite in Le due inglesi di Henri-Pierre Roche (Adelphi 1988). Disincanti e nostalgie di questo tipo si troveranno forse un giorno anche in pagine che trasfigurino in poesia il nostro odierno mutare di grandi istituzioni, come il tanto travagliato sistema dell'insegnamento. Siamo ormai nel pieno degli esami di maturità, gli ultimi secondo il vecchio ordinamento. Quali frutti darà quello venturo ancora non è dato sapere. Ma sono lì, sotto gli occhi di tutti, i nuovi quadri degli scrutini, con le loro promozioni insignite di due, tre, quattro tonde lacune (magari raddolcite in un angelico cinque, dettato dai residui di pudore) che ci si porteranno dietro quale «debito» da saldare come e a chi non si sa. Così si vince la mortalità scolastica, benché ne esista un'altra non meno insidiosa, quella formativa e culturale. Magari conterà di più la statistica. 0, forse, quel minimo ancoramento purchessia alle strutture scolastiche: come a dire, con Woody Alien circa la musica, «mi piace, mi leva dalla strada». Minimalismo, anche se resta in qualche modo un risultato ricondurre il centrifugo a un'orbita in cui - rassegnati a sopportare l'imperante quanto gratuito vituperio di moda - tengono fede alla loro militanza molti docenti generosi, nobili e aperti, in grado d'insegnare anche «indirettamente» col solo esempio della sostanza umana. Epoca di transizione, dunque, nelle nostre strutture preposte alla formazione: una mutevolezza cui fanno contrasto da più parti salde istanze di permanenza, in forma di opere enciclopediche, grandi storie letterarie, perfino umili ma cospicue iniziative di editoria scolastica. In questo quadro, la nuova significativa impresa varata dalla Utet - la Storia della civiltà letteraria greca e latina diretta da Italo Lana e Enrico V. Maltese - dà corpo a un'idea particolarmente felice. I tre volumi sviluppano una storia unitaria delle due principali «civiltà letterarie» antiche: ed è già meritorio, e sostanzialmente innovativo sul piano dell'attuale manualistica, questo averle chiamate a coesistere in un medesimo articolato panorama. Innanzitutto perché, nei fatti, la complessità della vita mai si lascia sezionare in compartimenti stagni, e questo appare tanto più vero a chi contempli l'assetto della cultura europea nell'antichità. E in secondo luogo anche riflettendo al fatto che, nella nuova scuola così come si profila, sembra che ci si dovrà rassegnare all'istanza di fornire elementi «generali» di cultura classica, anche via via prescindendo dalle conoscenze linguistiche - in primo luogo del greco, e poi, con maggior gradualità ma altrettanta determinazione, del latino. Il tratto divulgativo qui si attesta su un profilo alto che può segnare un ragguardevole punto di riferimento (cosa che rende l'opera particolarmente raccomandabile per le biblioteche degli istituti scolastici). Il volume I {Dalle origini al IV sec. a.C.) risulta, per necessità storiche, interamente consacrato ai Greci, e offre subito un paradigma della nitidezza con cui si traccia un bilancio di problemi fondamentali per comprendere l'evoluzione delle singole forme espressive. Da segnalarsi l'originale impostazione del capitolo sulla tragedia, che procede «annalisticamente», intrecciando l'un l'altra - come fu lungo gli anni - le architetture dei tre «grandi» (Eschilo, Sofocle, Euripide) e le superstiti risultanze dei loro concorrenti e rivali. Già con il II volume {Dall'ellenismo all'età di Traiano) si apprezzano i vantaggi della strutturazione «comparata». E' il «ritmo» stesso dei capitoli a chiarire l'importanza del momento ellenistico greco per le origini della letteratura romana: si coglie più immediatamente il peso di quello (e specialmente del rivoluzionario Callimaco, oggi avvicinabile al vasto pubblico grazie all'edizione Bur curata da G. B. D'Alessio) sulla letteratura latina arcai- ca in genere e poi sugli sviluppi ad esempio - della lirica (Catullo, Orazio) e dell'elegia romane (Tibullo, Properzio, Ovidio). Così pure col III {Dall'età degli Antonini alla fine del Mondo Antico), nel lucido ordinamento della materia, scaturiscono completezza e rigore di ricostruzione dall'aver trattati l'uno accanto all'altro in una stessa area Apuleio e Luciano e Plutarco, gli apologisti greci e quelli latmi, o i grandi intellettuali pagani e cristiani di entrambi i modi che contribuirono all'estrema vivacità e ricchezza del IV secolo: di qui Temistio, Libanio, Sinesio, Giuliano l'Apostata, i padri Cappàdoci; di là Ammiano, Prudenzio, Claudiano, Ambrogio, Girolamo, Agostino e Simmaco (tuttavia penalizzato al punto che gli si nega di risultare ad mdice). Due aspetti vanno ulteriormente segnalati. Il primo è l'estensione cronologica. E' un pregio di quest'opera il fatto che ci si spinga fino a Carlo Maglio e ai tempi protobizantini. Sia permesso tuttavia osservare che una cinquantina di pagine (sulle 2676 complessive) appaiono uno spazio un po' risicato per un momento culturalmente rilevante quale quello inarcato sui secoli V7VI-VTII. Con appena un poco più di generosità si sarebbe potuto non perdere l'occasione di uscire più risolutamente, e con il concreto linguaggio dei fatti, da schemi storiografici ormai da tutti riconosciuti superati: quelli che guardano all'età romanobarbarica come a una trascurabile, decadente fase terminale del mondo antico. Occasione, oltretutto, che sarebbe stata utile a ragguagliare meglio su assetti e culture (la celtica e la germanica) delle aree c delle genti che in mia complessa interazione con gli istituti geopolitici e culturali greco-romani metteranno capo all'odierna Europa. A parte questo, è senza riserve meritorio che l'opera si incardini, come altre della stessa serie, su un concetto ampio di «civiltà letteraria». Un adeguato spazio viene infatti dedicato, nel caso specifico, a tutte quelle discipline che, pur veicolate dalla trasmissione scritta, solo marginalmente attengono a quanto normalmente intendiamo per letteratura, ma non minore importanza rivestono ai fini di una esauriente rappresentazione di questo universo culturale. In particolare, la speculazione filosofica e religiosa, il sapere matematico e scientifico, la produzione tecnica di geografi, giuristi, medici, grammatici, artigrafi vari. Utile visione d'insieme per lo specialista, l'opera si rivolge soprattutto a coloro che sentono il fascino della storia e della tradizione e desiderano averne una rappresentazione ragionevolmente doviziosa e quanto più possibile chiara, con le ulteriori opzioni profilate dalle rapide ma efficienti bibliografie. Nei contributi dotati di note sarebbe stato più agevole trovarle a pie di pagina, ma si può per converso apprezzare l'ariosità «classica» dell'impianto tipografico, fra le gradevoli soste di un suggestivo corredo iconografico Alessandro Fo Frammento dell'Ara Pietatis di Tiberio (I sec. d.C.) STORIA DELLA CIVILTÀ' LETTERARIA GRECA E LATINA Utet pp. 2676 L. 450.000

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