A NEW YORK CON SIMENON DUE NAUFRAGHI NELLA NOTTE

A NEW YORK CON SIMENON DUE NAUFRAGHI NELLA NOTTE A NEW YORK CON SIMENON DUE NAUFRAGHI NELLA NOTTE « Tre camere a Manhattan»: una storia «rosa», un amourfou TRE CAMERE A MANHATTAN Georges Simenon Adelphi pp. 181 L 26.000 Una storia fortemente Vista su Manhattan Nella foto grande Georges Simenon con la moglie DenyseEW York, le quattro del mattino. Un uomo e una donna s'incontrano in una caffetteria dove si mangiano salsicce e uova al bacon. Sono due stranieri, lui parigino, lei viennese, che consumano il tempo bevendo l'ultimo whisky e fumando l'ennesima sigaretta. Poi camminano per le strade, punteggiate dalle luci violente e aggressive dei bar, senza sapere dove stiano andando, sino a esaurire la notte in uno squallido albergo con un'insegna viola, dove esplode una passione selvaggia tra due esseri che non sanno nulla l'uno dell'altro. Inizia così Tre camere a Manhattan, ora riproposto nella nuova e ottima traduzione di Laura Frausin Guarino, scritto nell'inverno 1945-46 da Georges Simenon, approdato da pochi mesi in America. E fu subito bestseller, con oltre mezzo milione di copie vendute in Francia, per un'opera abbastanza anomala nell'itinerario dello scrittore, assai lontana dai pohzieschi di Maigret e fortemente autobiografica. E' questa la ragione del mancato entusiasmo di Gide, che aveva gridato al capolavoro qualche anno prima per La vedova Couderc. Il romanzo, che ispirerà il film omonimo di Marcel Carnè nel 1965, con Maurice Ronet e Annie Girardot, è un inno all'amour fou e fornisce un resoconto dettagliato dell'incontro di Simenon con Denyse, la segretaria canadese che diventerà la sua seconda moglie. in un cinema, Francois partecipa Il protagonista, Francois Combe, quarantotto anni, attore di fama che si è trasferito a New York dopo l'abbandono della moglie, vive nell'abbrutimento della solitudine. Quando incontra Kay, una donna oltre i trent'anni, né bella né affascinante, con l'aria di chi ha vissuto troppe avventure, è affascinato dalla sua voce roca e struggente, che gli racconta una vita costellata di menzogne. Kay è come Denyse, civetta, intrigante, bambina viziata e donna vissuta nello stesso tempo, dotata di una forte carica sessuale. Moglie separata di un diplomatico ungherese, è una creatura smarrita, solitaria e vulnerabile, come il suo compagno. Entrambi svolgono lavori precari, Kay ha fatto la traduttrice in un ufficio e la maschera in un cinema, Francois partecipa con scarso entusiasmo a trasmissioni radiofoniche. Aleggia sul loro incontro «un'aria di baldoria e di svaccamento, l'aria di quelle notti in cui ci si trascina senza decidersi ad andare a dormire, l'aria di New York, anche, con la sua violenta, tranquilla sregolatezza». Francois ha paura della solitudine, si accorge di star bene soltanto vicino a lei, è geloso e la sottopone ad estenuanti interrogatori per sapere ogni dettaglio sugli uomini che sono entrati nella sua vita. Intanto camminano lungo i marciapiedi di New York, da Washington Square a Central Park, sostano nei bar per bere un whisky e sentire nel juke box sempre la stessa canzone. Simenon è assai abile nel raccon¬ tare la storia di un sentimento disperato tra due naufraghi che annaspano nella metropoli, tra due creature sole spinte dalla «fame di un contatto umano». Improvvisamente scatta l'imprevisto: Kay riceve un telegramma dal Messico con la notizia che sua figlia è malata e deve essere operata d'urgenza. Combe l'accompagna alla stazione e rimane solo per qualche giorno, tra l'attesa di.una telefonata e la trappola dell'alcol per vincere la paura di perderla. Senza di lei, compie gli stessi percorsi, frequenta gh stessi luoghi, ascolta la stessa canzone, incontra un'americana che si porta a letto, scambiandola per Kay. Quando la donna amata gh annuncia il suo ritorno, Francois va all'aeroporto a piedi «con le spalle dell'impermeabile tutte bagnate, le mani sempre affondate nelle tasche, il cappello pieno di pioggia, come un eroe da romanzo». 0 meglio un eroe da film degli Anni Quaranta, per noi lettori postumi, un Humphrey Bogart con la sigaretta pendula all'angolo della bocca che guarda «senza panico né disgusto» la luce e il ronzio della città, quello squallore triste a cui è sfuggito per puro miracolo. Ineguagliabile pittore delle mediocrità e volgarità quotidiane, dei vizi piccoloborghesi che tramano i suoi intrecci più tipici, declinati nel genere del «nero» o del «giallo», qui Simenon si cimenta con la passione romantica, non ha timore di scrivere una storia «rosa» per catturare il lettore. Ma è un «rosa» di gran classe. Massimo Romano Vista su Manhattan Nella foto grande Georges Simenon con la moglie Denyse