CERCANSI INTELLETTUALI OFFRONSI TARTUFI

CERCANSI INTELLETTUALI OFFRONSI TARTUFI Parliamone CERCANSI INTELLETTUALI OFFRONSI TARTUFI BA Francia, società di letterati-phiZosophes, cioè di eloquentissimi pensatori, ha regalato al mondo non solo parecchi problemi da dibattere, ma anche il modo di dibatterli. Nonché l'illusione, spesso, di pensarh e di viverli come in realtà solo i francesi li hanno vissuti e pensati: con geometrica e impegnativa razionalità. Fra questi problemi c'è anche il problema per eccellenza, quello degli intellettuali. In seguito ad un recente, appassionato intervento-invettiva di Giulio Ferroni sull'Unità del 28 giugno, intitolato Contro gli intellettuali, mi sono chiesto perché, sebbene abbia riflettuto a lungo su questo tema, le mie reazioni si siano negli ultimi tempi straordinariamente affievolite. Forse perché mi pare di conoscerli già tutti gli intellettuali a cui mi rivolgerei e so in partenza che cosa fanno, a cosa aspirano. 0 anche perché dubito fortemente che i cosiddetti intellettuali, nel senso francese di pensatori liberi, di audaci philosophes e di chierici della verità, siano mai davvero esistiti e soprattutto esistano oggi in Italia: Paese in cui l'intellettuale-cortigiano, l'intellettualepaiToco o prelato e l'intellettualeburocrate hanno sempre occupato tutto lo spazio. Gli intellettuali «senza classe e senza partito» (come avrebbe detto Elsa Morante) sono sempre stati rari, comodamente ignorati Uno di questi, Nicola Chiaromonte, sebbene molto «moderno», nel senso sia francese che americano, da noi non è né letto né capito, resta mia specie di fantasma, un autore da conventicola. Quando Gramsci ha affrontato, in carcere, il problema degli intellettuali lo ha non a caso prontamente connesso con il problema dell'organizzazione della cultura, con quello dell'egemonia e ha descritto un intellettuale «organico», espressione cioè degli interessi, del punto di vista di una classe sociale, borghese o proletaria. Che cosa pensare oggi? Ricaverei da Cesare Garboli commentatore e traduttore di Molière quella che mi sembra la più illuminante teoria degli intellettuali italiani come eredi, copie, versioni attuali e moltiplicate del Tartufo di Molière. Chi era costui? Secondo la versione corrente, niente di più che un ipocrita. Secondo Garboli (che ne scrisse già nel 1973 e riprende l'idea in Un po' prima del piombo, Sansoni) in realtà il molieriano Tartufo è molto di più. E' l'archetipo del moderno intellettuale: democratico amministratore di cultura, un po' medico di anime e un po' politico delle coscienze. Inizialmente e in apparenza un giansenista, un austero estremista. In realtà, come si rivela nel corso della pièce, un gesuita, un uomo che «viene dal nulla» e che costruisce il suo potere usando come strumento la cultura, dichiarando che «il mondo è letame» e che «non si deve amare niente» (Molière). Il suo potere nasce dalla frustrazione, dalla mancanza di qualità «naturali», di attributi umani concreti. E' il miglior prototipo, credo, degli intellettuali italiani, autori di prediche rigoristiche ma in sostanza e in pratica gesuiti. Vivono di relazioni, si nutrono di rapporti astratti e di organizzazione. Come il Tartufo di cui ci parla Garboli, ridotti a se stessi non esisterebbero più. E in effetti è sempre più difficile credere che esistano.Ma che strano odore di «tartufismo» si respira nei concorsi universitari... Alfonso Berardinelli

Persone citate: Alfonso Berardinelli, Cesare Garboli, Elsa Morante, Garboli, Giulio Ferroni, Gramsci, Nicola Chiaromonte

Luoghi citati: Francia, Italia