Nella città che cerca un futuro

Nella città che cerca un futuro Crollata la grande azienda, a Ivrea e nel Canavese «tirano» le piccole e medie società Nella città che cerca un futuro «L'Olivetti ci ha lasciato energie preziose» La gigantesca area ex Montefibre, un tempo stabilimento Montedison, abbandonata al degrado. L'enorme complesso industriale di San Bernardo, completamente vuoto. Scarmagno desolata con i suoi 800 sopravvissuti, su cui si è abbattuta un mese fa l'ultima scure: 450 cassintegrati senza prospettive di rientro in ditta. E una volta lavoravano qui in 4 mila. E poi la «mitica» via Jervis, quella degli uffici Olivetti: un'infilata di palazzi di vetro con un che di ruggine e di veneziane svergolate. Erano splendidi esempi di architettura industriale razionalista, e ora sanno di disabitato, di grandezza decaduta, di disarmo. Dei 5 mila che ogni giorno entravano e uscivano dagli androni, oggi sono rimasti meno di 1500. E continuano a calare. Contenitori industriali dismessi, eredità lasciata ad Ivrea dalla crisi della grande industria. Complessi elefantiaci, difficilmente riutilizzabili da aziende piccole e medie. Fotografie della sfida che qui dicono tutti di aver la forza di vincere, pur sapendo di dover giocare una partita durissima. Si tratta di superare il gigantesco trauma derivato dal crollo dell'Olivetti, di uscire dalla monocultura e di ripartire per vie diverse. «Bisogna farcela - dice il segretario della Cgil-Canavese Gianfranco Moia - o tutti quegli scatoloni vuoti trasformeranno Ivrea in una specie di Beirut». Il sindaco Giovanni Maggia non ha dubbi: «Lotteremo fino all'ultimo per Scarmagno, vittima del disinteresse del governo por l'informatica: un settore strategico per qualunque Paese civile, che solo l'Italia non ha saputo e voluto difendere». E aggiunge deciso: «L'Olivetti ha comunque lasciato sul territorio energie preziose, che sapremo sfruttare». Il legame con il gruppo che fu di Adriano è ancora forte. L'identificazione della città con l'azienda esiste ancora, ma oggi ne ò l'emblema lo striscione triste che sventola dal Comune, sul tracollo dell'Op Computer. Maggia dice che non tutto è perduto: «Questo è pur sempre il luogo da cui parte lo sviluppo delle telecomunicazioni, con le sedi di Omnitel e Infostrada». E questo lo dice convinto, anche se di occupazione non se ne vede granché, «e quella poca - dice Moia - non è qualificata: il cali-center, che ha sede qui, non è che un gruppone di ragazzi assunto per rispondere al telefono ai clienti. E poi, la dirigenza sposta il perno sempre di più a Milano». «Vedremo - ribatte Maggia -. Pensiamo agli altri punti di forza». E cioè? «Ad esempio la gigantesca crescita culturale che 90 anni di Olivetti hanno indotto nella popolazione, anche grazie alla costante immigrazione di laureati e diplomati, e il fiorire di imprese piccole e medie che si sono svincolate dalla subfornitura Olivetti». Giuseppe De Rita, del Censis, giorni fa usava per descrivere queste aziende una metafora vegetale: «L'Olivetti era un grande albero, intorno al quale sono però cresciuti tanti fili d'erba, e i primi cespugli». I fili di ripresa hanno le facce ab- bronzate di giovani sconosciuti e rampanti, o di eporediesi con i capelli bianchi e le mani callose. Le aziende hanno capito che è finito il tempo delle relazioni industriali tutte convergenti verso la dittacentro. Cercano di creare reti nuove, si collegano trasversalmente in consorzi per ottenere fondi e servizi, ed offrire ai clienti pacchetti di prodotti che da sole non riuscirebbero a proporre. Negli ultimi 5 anni è nato e si è irrobustito il consorzio Canavese Export, che unisce una cinquantina di imprese «con un fatturato globale di 350 miliardi e 2 mila dipendenti», spiega il vicepresidente Stefano Strobbia (che fu presidente della Promark). «Lavoriamo per l'internazionalizzazione e il rilancio delle aziende canavesane nel settore elettromeccanico, alimentare, turistico, dei servizi e della formazione. Promuoviamo nel mondo la nostra elettromeccanica, ma anche il Carema e l'Erbaluce, i salumi o i tonimi. Ci occupiamo soprattutto della vendita di impianti chiavi in mano, dall' Africa agli Usa all'Est europeo». Ci sono aziende d'avanguardia, come la Rtm di Vico che lavora su tecnologie laser, e un mese fa è stato fondato il consorzio «Creo», diretto da Tarcisio Farina: «Uniamo 11 aziende, con 400 addetti e 160 miliardi di fatturati. Insieme, si possono creare sinergie che generano rispanni di costi e forza d'urto sul mercato impensabili per una singola impresa». Proposte, progetti, segnali di vivacità. Monsignor Bettazzi ricorda singole lavorazioni tradizionali d'eccellenza, da sempre attive nell'Eporediese, «come le gabbiette per i tappi di spumante di San Bernardo, vendute in tutto il mondo», e le prende ad esempio della «ingegnosità canavesana», delle «poten- zialità ancora inespresse». E poi, dallo smembramento del gruppo che dava sogni e ricchezza a 54 mila persone ed oggi ne occupa appena 14 mila (poco più di 4 mila in Canavese), non sono uscite solo rovine. L'ex sindaco Mario Rey ricorda lo «straordinario elemento di modernizzazione architettonica che ha avuto impulso negli Anni Quaranta-Sessanta, e si realizzò attraverso i migliori architetti italiani». Un'eredità tanto nobile che Maggia dice: «Abbiamo mia perla di architettura del Novecento studiata in tutto il mondo. Chiederemo all'Unesco di dichiarare questi edifici patrimonio universale dell'umanità».. I palazzi mezzi vuoti di via Jervis, Maggia già li vede come «contenitori che torneranno allo splendore e all'a¬ nimazione di una volta. Ospiteranno corsi universitari e un museo interattivo con annessi laboratori di design». Il professore-sindaco dice che la città ha anche altre atout da giocare. Come la sua «posizione geografica felicissima». «Sull'autostrada passano 9 milioni di auto l'anno: moltissimi sono turisti stranieri diretti in Italia». Vorrebbe farli deviare ad Ivrea, perché ammirino «I nostri castelli, il parco del Gran Paradiso e della canoa, lo straordinario patrimonio architettonico e naturale. Abbiamo fatto partire un progetto articolato. Non siamo così matti da credere che il turismo possa sostituire l'industria: può essere, però, mi buon complemenio». Se il tessuto delle aziende piccole e medie «tira», con quasi 15 mila addetti in continua crescita (ma l'aumento non compensa i posti di lavoro persi nel crollo Olivetti, e gli iscritti al Collocamento continuano a lievitare), il presidente dell'Assindustria Giovanni Trione ricorda «gli ottimi centri di formazione presenti sul territorio», le «conoscenze tecnologiche diffuse». Più d'uno, qui, pensa ai mille miliardi depositati nelle banche cittadine, e all'elevato reddito medio degli eporediesi. «Ciò di cui ha bisogno la città - dice Maggia - è soprattutto un'iniezione di fiducia, che spinga a reinvestire questa solida fortuna patrimoniale». La capacità di superare il lutto, di voltare pagina, dì sostituire il rimpianto per l'età dell'oro con il lavoro a testa bassa. Comune, imprenditori e sindacati lavorano da tempo al Patto territoriale, che dovrebbe portare aiuti governativi e Ue, e al Parco scientifico bioindustriale. Ciascuno ha la sua piccola o grande ricetta da proporre. Il presidente dell'Ascom cittadina, Giacomo Gremmo, dice che i fatturati dei negozi «sono pesantemente in calo». E che «per la prima volta, a fine '97 il saldo tra numero di attività aperte e chiuse è stato negativo». Però dice pure che «i presupposti per capire che l'azienda era finita c'erano da tempo: ce ne siamo accorti tardi, ma siamo ancora in tempo per ripartire». Dice «l'azienda», senza specificare quale, come quasi tutti gli eporediesi, testimoniando quanto la simbiosi con l'Olivetti sia ancora forte. Ma anche lui, per la sua categoria, ha carte da giocare: «Abbiamo deciso di spostare alle 20 l'orario di chiusura dei negozi. Lavoriamo al rilancio del carnevale e della fiera dei cavalli di San Savino, che abbiamo riportato in centro». Se il sindacato dipinge un quadro a tinte fosche, dicendo che «l'eporediese non ha ancora toccato il fondo», e che «le prospettive di Scarmagno e della Wang non sono rassicuranti», tra gli imprenditori lo stato d'animo prevalente è diviso (a seconda dei comparti) tra il senso di precarietà e l'ottimismo. Tra i politici, la previsione è complessivamente positiva. Le idee non mancano. Il chiaroscuro non è finito. Giovanna Favro Mauro Revello (2 - Fine) «Con Infostrada e Omnitel è da qui che parte lo sviluppo delle telecomunicazioni» Tra i punti forti la cultura i centri di formazione e le conoscenze tecnologiche diffuse e e o o Ihi K <© <e IL LAVORO IN CANAVESE « ^ a- © S S e g « « « J2 I Fonte: Censis-Associazione Industriali del Canavese SU □ □ 1995 | 1997 389H 1998 UWEm ©» Informatica Meccanica per Stampaggio Elettronica Elettromeccanica elettronica acciaio Altre meccaniche oj oj min CO CO m « Edilizia Totale Totale Altre metalmeccanico Complessivo Il sindaco Maggia e sotto vedute dell'Olivetti e del centro d'Ivrea