Tremila miliardi pronti per gli sgravi di Stefano Lepri

Tremila miliardi pronti per gli sgravi Il Tesoro è disponibile ad aprire la borsa, però esiste il rischio di uno scontro con Bruxelles Tremila miliardi pronti per gli sgravi Prodi: si può discutere se si investe nel Mezzogiorno ROMA. Ci sarebbero 2500-3000 miliardi, per gli sgravi sul costo del lavoro che sembrano ormai il fattore decisivo per «verificare» la maggioranza e rilanciare il programma del governo. Dopo Carlo Azeglio Ciampi, anche Romano Prodi, che era stato il più dubbioso, si è convertito a questa soluzione. Ma quella dei fondi disponibili è una coperta corta, che in queste ore è tirata da tutte le parti. E non è un problema che si possa risolvere nei «vertici» romani: sono le norme dell'Unione europea a rappresentare il vincolo più pesante. Il presidente del Consiglio ha detto ieri a Giorgio La Malfa che sugli sgravi (una diminuzione dei contributi non previdenziali a carico dei datori di lavoro) «si può discutere, se si tratta di localizzarli solo al Sud». In questo caso, fanno capire i tecnici, basterebbero le risorse che il ministero delle Finanze si è detto capace di trovare con ritocchi «indolori», e con scarso effetto sugli indici di inflazione, all'Iva e all'imposta di fabbricazione sulla benzina. Ma aiuti generalizzati a un'area circoscritta del Paese sono vietati dall'Unione europea. Come fare allora? Ci sono due scuole. Una è quella della «faccia feroce»: andare a Bruxelles per uno scontro con le autorità europee, tentando di fare pesare al massimo la forza negoziale dell'Italia. L'altra è quella dell'aggiramento, cioè cercare di eludere le norme comunitarie con qualche acrobazia formale: tipo anticipare al Sud uno sgravio che poi si estenderebbe a tutto il territorio nazionale. Ma i tecnici del Tesoro e delle Finanze che hanno rapporti diretti con Bruxelles tendono a escludere che si possano ottenere risultati, sia con il primo metodo sia con il secondo. In sé, la normativa europea è abbastanza assurda. E' assolutamente permesso che gli Stati si facciano concorrenza fiscale tra di loro, ribassando le tasse per attirare investimenti. E' al contrario vietato, perché «distorsivo» che uno Stato si faccia concorren¬ za da se stesso, concedendo imposte più leggere su una parte soltanto del suo territorio. A favore delle aree depresse, invece di aiuti automatici e generalizzati (quelli con minori rischi di corruzione) sono ammessi, e solo fino al 31 dicembre '99, contributi agli investimenti. E appare molto difficile che all'Italia soltanto si concedano deroghe. C'è inoltre l'obiezione politica interna, sulle possibili reazioni negative nel Nord. Uno sgravio in cifra uguale per tutti, come nell'originaria proposta dei Demo¬ cratici di sinistra, inciderebbe comunque di più nel Mezzogiorno, dove i salari sono in media più bassi. Ma a questo punto salterebbero i conti, perché servirebbero risorse più ingenti, attorno a settemila miliardi. Per rientrare nelle cifre disponibili, occorrerebbe dimezzare l'importo dello sgravio, a circa 300.000 lire annue per dipendente; quando gli industriali, pur favorevoli, sostengono che 600.000 «sarebbero ancora poco». «La proposta ha una sua logica - dice il ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi si tratta di vedere come attuarla in relazione alle possibilità finanziarie del Paese». «E' una proposta importante commenta da parte sua il ministro del Lavoro, Tiziano Treu che va vista nel contesto, sia por il peso finanziario che per le priorità». Ovviamente favorevole il ministro delle Finanze Vincenzo Visco, che ancor prima di Massimo D'Alema aveva ipotizzato sgravi sul costo del lavoro. Lo spostamento di oneri dai contributi sociali alle imposte indirette è una soluzione di cui gli economisti parlano da anni, in tutta Europa; occorre solo evitare che abbiano effetti pesanti sui prezzi. Nel caso di uno sgravio nazionale sul costo del lavoro, il margine per dare qualcosa di più al Sud si potrebbe trovare - suggeriscono alcuni tecnici - nell'eccezione che le norme europee prevedono per gli «aiuti di ammontare minimo». Alle piccole imprese si potrebbero concedere contributi di ammontare non superiore, in un tempo di 3 anni, a 100.000 Ecu (anzi, ormai, 100.000 Euro) ovvero qualcosa come 190-195 milioni di lire. Stefano Lepri

Persone citate: Carlo Azeglio Ciampi, Giorgio La Malfa, Massimo D'alema, Romano Prodi, Tiziano Treu, Vincenzo Visco

Luoghi citati: Bruxelles, Europa, Italia, Roma