Mafia e politica al tavolo degli appalti
Mafia e politica al tavolo degli appalti Tre pentiti rivelano gli intrecci, nell'inchiesta anche alcune imprese che gestivano lavori pubblici negli Anni 80 Mafia e politica al tavolo degli appalti Maxiretata in Sicilia, nei guai anche un deputato regionale PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Ex politici, imprenditori e mafiosi, tutti al tavolo della spartizione degli appalti a Palermo negli Anni 80. Per mafia e tangenti sono finite in carcere decine di persone, di cui molte «eccellenti», in due operazioni: 33 gli ordini di custodia a Palermo e 14 a Trapani. La macchina dell'antimafia gira a pieno regime: in un mese, in Sicilia, sono state emesse 255 ordinanze di custodia cautelare sulla base delle inchieste delle direzioni antimafia di Palermo e Catania. Pesanti i colpi per i fedelissimi di Bernardo Provenzano, l'introvabile boss al vertice di Cosa nostra. Nella rete delle operazioni «Trash» e «Progetto Rino» sono caduti il deputato regionale del Ccd ed ex assessore Francesco Canino, l'ex assessore regionale della De Franz Gorgone, Francesco Spina, ex depu- tato a Montecitorio e segretario della De trapanese, oltre agli ex presidenti andreottiani della provincia di Palermo Girolamo Di Benedetto e Francesco Caldaronello e l'ex assessore provinciale socialista di Palermo Enzo Leone. A Roma è finito in manette Manlio Orobello, ex sindaco socialista di Palermo. Intanto, tre latitanti hanno fatto sapere che stanno per costituirsi. Tra questi, Giuseppe Di Giovanni, anch'egli andreottiano, già presidente dell'Asi, l'Area di sviluppo industriale di Palermo, collettore d'appalti per conto dell'Agensud. Sono stati tre pentiti - Angelo Siino, Vincenzo Sinacori e Calogero Ganci - oltre al dichiarante Giovanni Brusca, a dare un impulso fondamentale all'inchiesta. Il procuratore aggiunto Luigi Croce, che ha coordinato le due operazioni, ne ha evidenziato l'importanza: «Sono stati confermati i collegamenti tra mafia, esponenti politici ed amministrativi e imprenditori». E, infatti, nel vortice dei sospetti sono finite alcune imprese appaltatóri di lavori pubblici del gruppo Ferruzzi, della Fratelli Costanzo e dell'ex Cogefar-Impresit diventata Impregno e alcune banche. Tra gli arrestati, un funzionario dell'Impregilo, Giuseppe Crini, mentre non è stato rintracciato Sergio Di Paolo, che nel '91 era manager alla Cogefar-Impresit, indicato come l'uomo che avrebbe versato «un acconto» di 100 milioni a Salvo Lima (assassinato nel '92) e a Giuseppe Di Giovanni per l'affidamento di lotti delle autostrade Catania-Messina e Palermo-Punta Raisi-Mazara del Vallo. Importo: 60 miliardi. Sono in prigione anche Pasquale Costanzo e Giuseppe, fratello e figlio del fondatore dell'omonimo gruppo. Sul ruolo svolto da Orobello gli inquirenti hanno raccolto le accuse di Siino: il primo incontro del pentito con l'ex sindaco sarebbe avvenuto nell'87 al matrimonio del suo «uomo di fiducia», l'ingegner Martello: «L'ingegnere - ha raccontato Siino spingeva su di me e Brusca perché fosse riconosciuta ai socialisti una tangente del 2% sui lavori nella provincia. Questa - di 300 milioni - doveva essere pagata a Orobello, che minacciava di lamentarsi del mancato rispetto degli accordi con Martelli». E Siino ha anche raccontato che Caldaronello arrivò a baciare la busta con la sua prima tangente. Intanto, il presidente dell'Impregilo, Franco Carrara, ha commentato: «Impregilo ha pieno rispetto della magistratura, ma ha anche stima per le persone che per essa lavorano». Per il capogruppo dei Ds in commissione antimafia Giuseppe Lumia dal blitz «finalmente inizia a emergere la struttura politica, amministrativa e imprenditoriale legata a Cosa nostra». Antonio Ravidà Pagate tangenti per la costruzione di raccordi di alcuni tratti di autostrade a Catania e Palermo. In cella è finito anche l'ex sindaco socialista del capoluogo siciliano
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