Fini: siamo al tribunale speciale di Enrico Singer
Fini: siamo al tribunale speciale EFFETTO ROTTURA Fini: siamo al tribunale speciale Polo in rivolta, guerra sulle riforme LROMA A notizia della condanna inflitta a Silvio Berlusconi dai giudici di Milano piomba alla Camera mentre si discute la richiesta del Polo che reclama una commissione d'inchiesta parlamentare su Tangentopoli. E ha l'effetto di una bomba. «E' una sentenza politica, degna di un tribunale speciale; quella di oggi è una giornata nera per la democrazia», dice Gianfranco Fini che parole così aspre nei confronti dei giudici non le aveva mai pronunciate. Ma è proprio Fini, in un Transatlantico in fibrillazione, a prendere la guida della rivolta dell'opposizione. Dice il leader di An: «Dopo questa sentenza anche chi, come me, è stato sempre molto prudente nel commentare l'operato dei magistrati, non può non essere sdegnato. E se queste parole vengono dal sottoscritto, evidentemente sono ben meditate». Ben meditate, dice Fini «perché la sentenza avrà gravissime conseguenze sulla situazione politica». In altre parole, se c'era ancora in una parte del Polo una dose di speranza di riannodare il dialogo con la maggioranza sulle riforme, adesso ernesto spazio sembra svanito. Anzi, lascia il posto ad uno scontro duro che già oggi è destinato a esplodere quando la Camera si dovrà pronunciare con un voto sulla «commissione-Tangentopoli» dopo un intervento in aula di Silvio Berlusconi che si annuncia di fuoco. Da Arcore il leader di Forza Italia ha già anticipato che d'ora in poi l'opposizione sarà contro «un regime» e da Roma Fini rilancia: «Nessuno potrà più dire che la giustizia è uguale per tutti. A Milano c'è un tribunale speciale che colpisce l'opposizione. E di fronte a una magistratura che fa politica, non si può non reagire». Quale «reazione»? Fini non ne esclude anche fuori dal Palazzo. Dice di «non temere, ma di dare per certo» che la tensione aumenterà. «Qui non si tratta più di manifestare la solidarietà personale e umana a Berlusconi: la sentenza è fondata esclusivamente sul teorema "non poteva non sapere" che si spiega soltanto con il ruolo politico di Berlusconi che è impegnato nell'opposizione». E Fini se la prende poi con «chi fa finta di nulla», con i «no comment» espressi pochi passi più in là, in Transatlantico, da esponenti della maggioranza come Pietro Folena e Fabio Mussi, responsabile giustizia dei Democratici di sinistra e capogruppo dei Ds. «Anche quelli che dicono che non possono commentare - esplode Fini - de- vono aprire gli occlù». Il leader di An lascia la Camera e subito si rovescia una valanga di appelli e di iniziative. 11 capogruppo di Forza Italia, Giuseppe Pisanu, convoca un'assemblea dei deputati azzurri e chiede «una risposta politica». Il clùna è rovente. C'è anche chi ipotizza scelte «aventiniane». Pi¬ sanu rilancia la richiesta dell'istituzione della «commissione-Tangentopoli» e avverte la maggioranza che su questo si misurerà lo spazio che resta al dialogo. Ma è pessimista: «La commissione dovrebbe servire a chiarire gli intrecci perversi fra delinquenza economica, politica e anche giudiziaria. Proprio per questo sappia- mo che non ce la daranno». E tra i parlamentari di Forza Italia monta la collera. Tajani parla di «offesa al diritto», il senatore Emidio Novi di «squadristi in toga nera», La Loggia di «attentato alla democrazia». Marcello Pera, che è tra i consiglieri più vicini a Berlusconi, avverte che «anche i giudici non possono non sapere che il loro at- to di oggettiva eversione politica avrà una risposta politica che verrà dalla mobilitazione dei cittadini che si ribelleranno alla pratica dei golpe giudiziari». Il «golpe giudiziario» prova a spiegarlo Alfredo Biondi, ex ministro della Giustizia del governo Berlusconi e vicepresidente della Camera. «Si è ritenuta valida la presunzione anti-giuridica del "non poteva non sapere" che sovverte l'onere della prova e attribuisce una responsabilità oggettiva a carico dell'imputato Berlusconi: in questo modo si contraddice il principio della responsabilità penale», dice Biondi. E Marco Taradash aggiunge: «Se questo è il principio, allora mezza Italia dovrebbe essere condannata». Ma non sono soltanto gli esponenti di Forza Italia a fare quadrato attorno a Berlusconi. Il leader del Ccd, Pierferdinando Casini, parla di «atto di sfregio. E anche dalla neonata Udr di Cossiga che pure non si integra nel Polo arriva forte solidarietà: «Ieri è toccato alla De, oggi a Forza Italia. Cercano di sfasciare il partito di Berlusconi», dice Rocco Butti¬ glione. In questa tempesta, la maggioranza cerca di non sbilanciarsi e invoca la cautela. «Non commento le sentenze», dice Pietro Folena che ribatte, poi, a Berlusconi e agli strali di Fini parlando di reazioni «sopra le righe» e si augura che «si possa ritrovare più pacatezza nei prossimi giorni». Sul merito della sentenza interviene Antonio Soda (Ds) che è relatore di maggioranza nel dibattito sulla «commissione-Tangentopoli». E per Soda la condanna di Berlusconi «dimostra che anche per il leader dell'opposizione vale il principio della legge uguale per tutti e dell'indipendenza della magistratura come in tutti i Paesi dove il regime vigente è quello democratico». Rifiutano commenti - «che non sarebbero opportuni in questa fase» - i presidenti della Camera, Violante, del Senato, Mancino, e il ministro della Giustizia, Flick. Ma la polemica che ieri è esplosa a distanza tra opposizione e maggioranza oggi s'infiammerà in aula. Enrico Singer Gianfranco Fini
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