«Questa non è una democrazia, è un regime» di Paolo Colonnello
«Questa non è una democrazia, è un regime» L'avvocato Amodio: «Si è arrivati al punto di cancellare prove a favore del leader di Forza Italia» «Questa non è una democrazia, è un regime» // Cavaliere: processi politici per eliminare l'opposizione MILANO. «Ho parlato con Silvio Berlusconi e ini ha detto che questa sentenza è una sentenza politica, che esprime un orientamento di regime. Aveva ragione: per lui non c'è giustizia a Milano». Seppellito da una folla di giornalisti, in bilico su un gradino che lo separa da un terrazzino di palazzo di giustizia, l'avvocato Ennio Amodio commenta la sentenza di condanna di Silvio Berlusconi. Ed è d'accordo anche lui: il violento temporale che si scatena appena inizia a parlare «è un segno del cielo». Da interpretare, naturalmente, a seconda delle proprie certezze. E' un cielo che s'indigna con i giudici milanesi per la sentenza appena pronunciata, secondo il legale. Una pioggia che pulisce e rinfresca finalmente l'aria tesa e pesante degli ultimi giorni, secondo i fans della procura. Ma a riscaldare di nuovo il clima ci pensa lo stesso leader di Forza Italia che, mezz'ora dopo la condanna, detta alle agenzie una durissima dichiarazione: «Quando si usa l'arma dei processi politici per eliminare l'opposizione democratica, non si è più in una democrazia, si è in un regime. Da oggi la nostra opposizione cessa di essere opposizione a un governo e diventa opposizione a un regime». E' il via a una pioggia di dichiarazioni polemiche che arrivano da tutti gli ambienti del polo. Intanto sul palazzo piove e tuona, e il professore Amodio deve alzare la voce. «Non si è avuto il coraggio di smentire la procura della Repubblica. Questo processo nasce dal nulla. Berlusconi aveva intuito che non c'erano più spazi in questo palazzo all'insegna dell'imparzialità voluta dalla Costituzione. Questo processo è un'operazione politica portata avanti da Antonio Di Pietro, come ha sancito il tribunale di Brescia in una sentenza. Ha origini politiche, quindi è una sentenza politica». Amodio è davvero contrariato: «In questo processo si è arrivati al punto di cancellare prove che erano a favore di Berlusconi, Qui ci sono interessi che non sono della giustizia, della legalità. Io proprio per il mio ruolo di difensore ho creduto alle ragioni del diritto e che queste ultime dovessero trionfare ma devo dire che questa sentenza diventa un atto di sopraffazione anche delle ragioni della di¬ fesa che aveva documentalmente provato l'innocenza di Silvio Berlusconi». Il legale si dice «sconvolto» da questa decisione. «Siamo di fronte - scandisce - a un atto autoritario che esprime rivendicazioni politiche in nome e interesse non della giustizia e della legalità ma di motivi che si agitano nelle menti.e nei cuori di questi giudici al punto da ratificare il nulla». Poco più in là, il volto tirato, osserva silenzioso la scena l'altro codifensore, il professor Giuseppe De Luca: «Noi non abbiamo visto la carota, solo il bastone», sussurra acido riferendosi alla vecchia battuta del precedente presidente del processo, Carlo Crivelli, che per questa uscita infelice si dovette astenere. Entrambi gli avvocati, hanno atteso nervosi la sentenza fuori dall'aula: «Per scaramanzia», spiegava Amodio. «E comunque non ho dubbi: non c'è altro processo come questo, dove ci sia la più assoluta certezza dell'innocenza di Silvio Berlusconi». Per uno scaramantico come lui, è un azzardo che costerà caro: pochi istanti dopo, arriva la condanna. «Faremo appello - conclude il legale -. Ci sarà un appello. Ma bisognerà vedere se si potrà svolgere a Milano. So che qui ci sono anche dei giudici imparziali ma forse Berlusconi, che è anche portatore di un credo politico, non aveva tutti i torti quando ha chiesto che i suoi processi fossero trasferiti. Di fronte a questo scossone non posso pensare a ragioni divèrse dal diritto». L'unico ad avere qualche motivo di soddisfazione in tutto il collegio difensivo è invece l'avvocato Vittorio Virga, difensore di Paolo Berlusconi: «A Paolo - dice - hanno dato esattamente quello che gli spettava, l'assoluzione. Per quanto riguarda invece le condanne per corruzione, ritengo che gli elementi e le prove raccolte siano estremamente labili e probabilmente verranno cancellati dalla corte d'appello». E mentre la procura tace, la Fininvest cannoneggia: ((Anche questa sentenza del tribunale purtroppo rientra nello stereotipo e si degrada a semplice epilogo di una tesi prefabbricata dalla procura. L'imputato che non poteva non sapere, in realtà non poteva non essere condannato». Paolo Colonnello «Ricorreremo in appello. Ma bisogna vedere se si potrà svolgere a Milano» La lettura della sentenza con cui i giudici della settima sezione penale del tribunale di Milano hanno condannato Silvio Berlusconi
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