Il primo giorno da fuorilegge per il 70 per cento degli algerini

Il primo giorno da fuorilegge per il 70 per cento degli algerini Medici, scienziati, artisti, giornalisti si domandano come lavorare senza il francese. E si teme la nascita di un terrorismo berbero Il primo giorno da fuorilegge per il 70 per cento degli algerini IL DECRETO CHE IMPONE L'ARABO PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE I francesi, in Algeria, li si uccide all'arma bianca. Ed è colpa, beninteso, degli ultra islamici. Ma ad ammazzare il francese ci pensa il regime, e senza spargere sangue: un decreto e via. E' successo, come si sa, domenica, anniversario dell'indipendenza nazionale. Una legge controversa, con cui il generale Zeroual strizza l'occhio all'islamismo, trasforma l'arabo in lingua pubblica obbligatoria. Pena gravi ammende, in un Paese ove la povertà dilaga. Insegnamento, medicina, editoria, arte, scienza, finanza, comunicazione... devono ormai prescindere dall'idioma caro a Victor Hugo. Normale, si dirà: bisogna pur emanciparsi dal retaggio coloniale abbandonando l'elitarismo linguistico. Ma il francese lo parlano 67 algerini su 100. In secondo luogo, l'«arabo coranico» eletto dal potere quale unico mezzo d'espressione ufficiale risulta ampiamente minoritario. Solo il 25% della popolazione - ed è una stima per eccesso - riesce a padroneggiarlo dignitosamente. Per gli altri, l'immensa maggioranza, costituisce un lessico seminconiprensibile. Giacché in Algeria si parla algerino, ovvero l'«arabo della strada», duttile melting pot arricchitosi nei secoli trescando con parlate allogene e influenze esterne in un allegro caosgrammatical-sintattico. Nell'accezione che il clan Zeroual predilige, «arabizzare» il Paese non equivale quindi a modernizzarlo. Semmai il contrario. Tra una strage, due eccidi, tre massacri, si può domandare alle bidonvilles che circondano la capitale di esprimersi in «arabo letterario»? Sarebbe come esigere sonetti petrarcheschi dall'italiano medio. E non si accusino i critici di eurocentrismo. Perché se l'arabo in versione Corano strangola il francese, sgozza anche il «tamazghit» o berbero, in cui si riconosce un terzo dei nativi. Per la Cabina - zona montagnosa da sempre impermeabile ai conquistadores, originari di Europa o Penisola Araba, poco importa - è una vera «purificazione linguistica». Cantava in berbero, Matoub Lounes. Per fortuna l'hanno ammazzato dodici giorni fa: da domenica scorsa, sarebbe fuorilegge. E i conterranei di Sant'Agostino che volessero protestare per l'abuso, lo facciano in arabo: se non è arabofono, un corteo diviene automaticamente fuorilegge. Ribellarsi? Dai numerosi scontri nel corso dell'ultima settimana giunge la conferma che il fatalismo non si addice ai Cabili. Anche ieri la città di Béjai'a ha visto moltiplicarsi gli incidenti tra forze dell'ordine e manife- stanti. Sassaide, gas lacrimogeni, vandalismi contro edifici statali. La polizia è stata costretta a sollecitare rinforzi. E se in serata una relativa calma regnava a Béjai'a, il «Forum dei ribelli per le libertà» - un giuppo spontaneo, attivissimo e assai popolare fra la cittadinanza - già promette nuove dimostrazioni. Secondo voci non confermate, anche ad Akbou e Sidi-Ai'ch la protesta fa proseliti. C'è, infine, l'enigma «Mah». Un misterioso Movimento armato berbero firmava il 2 luglio un appello per opporsi con la violenza alla deberberizzazione, vendicando Matoub. «Giuriamo di abbattere chi applicherà la nuova legge» afferma il messaggio. Autentico? Impossibi- le dirlo. Ma benché ai proclami non segua, per ora, l'azione, il gen. Liamine Zeroual ha preso sul serio l'annuncio. «Impiegherò i pieni poteri che mi conferisce la Costituzione» per sconfiggere attività terroristiche o insurrezionali, fa sapere in serata. Ricevendo una delegazione Ffs - il Fronte delle forze socialiste, che ha il suo feudo storico in Cabilia - il n° 1 algerino è parso voler fare un primo passo verso l'opposizione. Promette gradualità nel passaggio all'arabo. Per i suoi interlocutori, tuttavia, l'incontro pacificatore non può occultare le «ampie divergenze». E persino Khaled, la star planetaria del rai che vive esule in Francia, ha rotto il silenzio denunciando chi «impone una lingua non com¬ presa da molti miei compatrioti». Ma torniamo al francese. E' oggi un'arma resistenziale. Chi lo usa, magari detesta Molière e anche de GauUe. Ma il semplice farvi ricorso, significa: «No pasaràn». La fungaia di antenne paraboliche nelle periferie algerine ne costituisce la miglior prova. La tv francese non è più cordone ombelicale ma estremo accesso a quel «mondo» da cui il Già vorrebbe radiare tutto un popolo. Chi non se la può permettere, ascolta la «Bbc» transalpina, «Rfi» ossia «Radio France International». E poi c'è - o bisogna scrivere «c'era»? - la stampa. Testate di grossa tiratura come «Le Matin», «La Tribune», «Le Soir», di cui spesso l'establishment comprime la diffusione ricorrendo a pratiche autoritarie, abusi, minacce. Ma anche «El Watan» ed «El Moudjahid»: un nome araheggiante come trompe-l'oeil, e giù articoli in caratteri latini, La francofobia non abita più qui. Nell'80, ci si rivolgeva ancora ai cani in francese per dileggio. Adesso costituisce l'extrema ratio contro il panarabismo lessicale. Sopravviverà ai suoi boia? Lo sperano in molti. Le leggi, in Algeria, spesso le si promulga non per un'applicazione che resta ipotetica ma in omaggio al principio della fierezza nazionale. E' la schizofrenia normativa in cui si crogiola da oltre 3 decenni un sistema che inneggia spesso ad Allah ma plagiando Kafka. Enrico Benedetto Parlano la lingua (un tempo odiata) dei colonizzatori 67 persone su 100 E solo il 25% della popolazione riesce a padroneggiare l'idioma del Corano Una manifestazione contro il divieto della lingua berbera e del francese

Persone citate: Enrico Benedetto, Kafka, Liamine Zeroual, Matoub, Matoub Lounes, Victor Hugo, Zeroual

Luoghi citati: Akbou, Algeria, Allah, Europa, Francia, Parigi