L'ultimo grande mistero nel Palazzo delle nebbie
L'ultimo grande mistero nel Palazzo delle nebbie L'ultimo grande mistero nel Palazzo delle nebbie lo stesso, ma in vista del traguardo ha preferito ritirarsi. Il paradosso, dal punto di vista di chi vorrebbe sapere se davvero l'ex pg di Roma fu «comprato» da un imprenditore spregiudicato e pagatore di mazzette come Cavallari, è che bisognerà ora attendere l'inchiesta penale. Accade cioè che pure nella magistratura, dove di continuo ci si lamenta per le «supplenze» che i giudici siano chiamati ad esercitare, si deleghi ai magistrati il compito di fare chiarezza. Ancora una volta, insomma, ci si rifugia nella giustizia penale e nei suoi tempi interminabili, anche da parte di chi quella giustizia eserci¬ ta e ne conosce tutti i limiti e le ! approssimazioni. Restano per il momento i pesanti giudizi della commissione del Csm sui magistrati - non solo Mele, ma anche altre toghe, in particolare pugliesi che facevano parte della «corte» di Cavallari. A proposito di un «fastoso ricevimento» organizzato nel giugno 1988 dall'imprenditore quando già era inquisito, al quale parteciparono, oltre a Mele, anche il procuratore e il consigliere istruttore di Bari, si sottolinea «la circostanza, oggettivamente sconcertante, che in un ricevimento offerto dal Cavallari erano presenti alcuni magistrati fra i quali il rappresentante dell'accusa e il giudice chiamato a pronunciarsi sullo stesso Cavallari, e ciò alla presenza di numerosissimi invitati e senza che alcuno (almeno tra i magistrati) avvertisse l'opportunità di evitare una tale frequentazione». E tra le colpe imputate a Mele, c'è anche quella di «aver contribuito a determinare l'apparenza di una "corte" al seguito di un munifico imprenditore», il che «rappresenta, per un alto magistrato, un evento pregiudizievole difficilmente riequilibrabile». La conclusione di questa vicenda, infine, rappresenta un altro capitolo della triste storia del palazzo di giustizia di Roma, quel «porto delle nebbie» che ne ha viste di cotte e di crude e dove fare il magistrato è diventato più difficile che altrove. L'hanno scritto anche i consiglieri che volevano trasferire Mele: certi episodi «rappresentano un limite alla reputazione incondizionata che deve assicurare un procuratore generale presso la corte d'appello, specie negli uffici della capitale, nei quali in passato non sono mancati episodi di malcostume»; un posto, manco a dirlo, dove c'è «una particolare esposizione del magistrato all'opinione pubblica e alla considerazione dell'ambiente giudiziario». Giovanni Bianconi La commissione Csm: le vacanze Altri giudici coinvolti: Squillante gratis a Parigi e alle Maldive si dimise subito dopo l'arresto offerte da Cavallari ne mettono come fecero l'ex procuratore di in discussione il prestigio Grosseto Napolitano e Savia CMERANO molte proba" bilità, infatti, che il plenum accogliesse la proposta della commissione votata a maggioranza: trasferimento d'ufficio - e dunque rimozione dall'incarico - per «incompatibilità funzionale», «in considerazione della caduta della sua immagine professionale conseguente all'accertamento delle modalità di svolgimento dei suoi rapporti di frequentazione con l'imprenditore Francesco Cavallari, coinvolto nelle note vicende penali». In sostanza, la commissione del Csm, prescindendo dalle indimostrate «dazioni di denaro» su cui ancora indaga la Procura di Perugia, ha ritenuto che le vacanze gratis a Parigi e alle Maldive offerte da Cavallari a Mele ne mettano in discussione il prestigio al punto tale da non poterlo lasciare sulla poltrona di procuratore generale della capitale. Abbandonando la toga, Mele ha evitato che questo giudizio ottenesse il crisma della decisione finale. Una mossa consentita dalla prassi e dai regolamenti, che automaticamente blocca il procedimento para-disciplinare, lasciando all'inchiesta penale il compito di stabilire - fra chissà quanto tempo - la verità. Il dottor Mele non è il primo e probabilmente non sarà l'ultimo magistrato a farla. Anzi, è quasi una consuetudine. Per restare alle toghe coinvolte nelle più recenti inchieste sulla presunta corruzione giudiziaria romana, Renato Squillante si dimise un paio di giorni dopo l'arresto, e così fecero l'ex procuratore di Grosseto Roberto Napolitano e l'ex procuratore di Cassino Orazio Savia, entrambi con un lungo trascorso nel palazzo di giustizia di Roma. Salvo poi, gli ultimi due, tentare la carriera di avvocato: Napolitano c'è riuscito, Savia no, i penalisti di Roma gli hanno consigliato di ritirare la domanda. Michele Coirò, sotto inchiesta solo del Csm e non della magistratura, accettò di andare a dirigere le carceri per evitare che fossero altri a sollevarlo dalla carica di procuratore di Roma. Francesco Misiani invece, accusato di favoreggiamento nei confronti di Squillante, non si dimise e combatté fino in fondo la sua battaglia: la perse e fu trasferito. Mele aveva annunciato di voler fare
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