L'arte nel mirino dei boss
L'arte nel mirino dei boss L'arte nel mirino dei boss Dai furti un giro di500 miliardi ROMA. Il viaggio dell' «Artesiana» è finito in zona San Paolo, Toiino. Non gl'anche. Sarà escluso dai record dei chilometri percorsi. In genere le opere d'arte rubate sono globetrotter doc, schizzano da un Paese all'altro e da un continente all'altro. Per esempio una famosa statua di Ai'rodite, trafugata da Morgantina, in Sicilia, è sbarcata a Malibu, California, passando per il Nord Europa, mentre l'altrettanto celebre «Croce veliterna», capolavoro dell'oreficeria bizantina, da Velletri ha vagato per 13 anni tra Svizzera e Gran Bretagna, per finire a Rhnini, dove è stata recuperata. Ci vantiamo del «niade in Italy» che contagia il mondo e si fa finta di ignorare che anche l'arte ne è una delle voci. Arte clandestina, mossa da «una rete delinquenziale che non si accontenta solo di droga, di armi e di prostituzione: oltre ai lauti profitti, rischia poco, vista la legislazione», spiega Maurizio Quagliuolo, segretario del Dri, l'ente per la gestione del patrimonio cui- turale. E così la bilancia del nostro export in quadri, sculture, codici, gioielli, mobili, monete continua a segnare attivi record e inondiamo «i grandi consumatori, Germania, Gran Bretagna, Usa e Giappone», sottohnea Vittorio Emiliani, curatore per il Touring Club di quattro fondamentali libri-bianchi sullo stato dei musei italiani, dei beni ecclesiastici, dei beni archeologici e del paesaggio. Il giro d'affari è sui 500 miliardi l'anno, quello mondiale - si pensa non meno di sette volte tanto. Alla base ci sono disgraziati e professionisti, al soldo di ricettatori dall'occhio fino, in mezzo la rete ben olia- ta denunciata dagli esperti e al vortice un duo di insospettabili: collezionisti e musei stranieri, così avidi e con le tasche così gonfie di dollari da essere ingenui o volutamente ciechi. E quando si dice stranieri si dice prima di tutto americani. «Washington si è rifiutata di firmare la convenzione internazionale "Uni droit" contro il traffico clandestino e l'esportazione illecita», denuncia Quagliuolo. «E si capisce perché: le istituzioni private d'Oltreatlantico si cibano volentieri dei nostri reperti». Il meccanismo che rende possibile il saccheggio è da thriller anglosassone: dopo il furto si fa passare il pezzo all'estero, preferibilmente in Gran Bretagna (che da patria dei connaisseur con la puzza sotto il naso è degenerata a detta di molti nella terra di scatenati mercanti), lo si affida a qualche esperto compiacente, lo si modifica, gli si appiccica una falsa perizia e alla fine lo si vende, spesso attraverso il filtro di una casa d'aste. «E infatti in molti casi sono finite sotto accusa per oggetti dalla provenienza dubbia - dice Quagliuolo -, ma non solo loro. Anche i troppi antiquari che fioriscono nel Centro Italia». Ogni anno, in media, svaniscono 25 mila opere d'arte, arraffate con tutti i mezzi, laser compresi, e presto - forse - usando l'occhio di qualche satellite. Le voragini a cui si attinge sono tre, sottolinea Emiliani: «I siti archeologici, le chiese e le case private». Strano a dirsi, ma i musei stanno imparando a difendersi. Se tanti salotti celano collezioni indifese, restano clamorose le depredazioni di statue a Morgantina e in Toscana (da dove i vasi attici flui- Siti archeologici chiese e case private i più colpiti dai ladri «Committenti delle razzie collezionisti e musei stranieri»
Persone citate: Maurizio Quagliuolo, Quagliuolo, Vittorio Emiliani
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