«Mina difficile da disinnescare» di Ugo Bertone

«Mina difficile da disinnescare» «Mina difficile da disinnescare» L'esperto dell'Arati: tutta colpa del monopolio MILANO. Inutile farsi illusioni. E' una mina difficile da disinnescare, quella dei trasporti...». Se lo dice lui, Carlo Dell'Aringa, c'è da credergli. Non solo perché il professor Dell'Aringa, docente all'Università Cattolica di Milano, è uno dei massimi esperti italiani in materia di lavoro, ma anche; perché, alla guida dell'Aran (l'agenzia che cura i rapporti sindacali con tre milioni di dipendenti pubblici), è riuscito a evitare situazioni di rottura in settori altrettanto critici, tipo Scuola o Sanità, dove il braccio di ferro nei momenti più delicati dell'anno era quasi tradizione... Ferrovie, aeroporti, traghetti... Perché si evita il blocco degii scrutini e non il black out dei trasporti? «Difficile dare una risposta. Un po', forse, sono state le riforme che si sono attuate, un po' il fatto che tra lo Stato e le categorie si è frapposta una struttura tecnica come la nostra, che ha un po' stemperato la carica politica del conflitto. Ma è una risposta parziale, perché Ferrovie e Alitalia hanno una tradizione di rapporti sindacali aziendali di lunga data». E il problema, forse, sta lì... «Certo, è evidente che in quello aziende, che hanno goduto di condizioni di monopolio eccezionali, si sono accumulati ritardi che ora è difficile colmare». Che tipo di ritardi? «Di ogni tipo, industriale, tecnologico, sindacale. Altrove, prendiamo la Francia, c'è pur sempre nelle Ferrovie un patrimonio di investimenti e di innovazione che rappresenta un punto fermo per tutti, azienda e lavoratori. Qui le risorse sono state dilapidate, per pressioni politiche o per stabilire relazioni sindacali che si sono rivelate disastrose. E' la situazione peggiore, perché si può sempre dire che i colpevoli sono tanti, ovvero sono altri». E come se ne esce? «Chiaro, con il consenso e la fiducia. Io non credo che in Italia possano passare soluzioni di forza, di tipo thatcheriano. Occorre, come tentiamo di fare noi, cercar di raggiungere un punto di consenso e di collaborazione. Il resto sono slogan». Ma in Francia Jospin non si è piegato al diktat in Air France prima dei Mondiali... «Ogni tanto una mossa del genere può pure riuscire. Ma non credo che Jospin abbia risolto così i suoi problemi». Però a pagare sono gli utenti. Eppure il governo si era impegnato per favorire una tregua e garantire l'estate dei turisti. Dove sta l'errore? «Nessuno ha la bacchetta magica. Certo, il guaio di una situazione del genere è che ci si mette nelle condizioni, alzando il valore politico della posta in gioco, di subire i ricatti. E nello stesso tempo non si affonda mai nella radice dei problemi, che sono tremendamente complessi». La soluzione? «Più che di soluzione parlerei di percorso. Vede, i problemi dei trasporti sono gli stessi delle banche o delle Poste. Settori dove si sono accumulati ritardi enormi e dove oggi, per mettersi al passo con le esigenze della società, occorre una grande flessibilità interna e del quadro esterno. Nei trasporti questo si vede prima perché la possibilità di ricatto è molto più immediata. Purtroppo le soluzioni non sono indolori ma richiedono costi enormi. Si tratta di ripartirli nella maniera più equa e consensuale». Ma, nel frattempo, non si possono stabilire regole più rigide per regolare gli scioperi? «Prima di tutto occorre chiarezza politica, poi verranno le soluzioni tecniche. Inutile, poi, cercare scorciatoie di stampo thatcheriano che da noi non funzionano. La prima cosa è uscire dalla logica che i colpevoli sono gli altri o dall'illusione che si possa non pagare il conto...». Ugo Bertone «Non credo che qui possano passare soluzioni di forza Occorrono il consenso e la collaborazione» «Ma le soluzioni non sono indolori Hanno costi enormi che vanno ripartiti in maniera equa»

Persone citate: Carlo Dell'aringa, Francia Jospin, Jospin

Luoghi citati: Francia, Italia, Milano