Il re Mida russo: o riforme o dittatura

Il re Mida russo: o riforme o dittatura INTI IL PIÙ' RICCO DELL'EX IMPERO Vladimir Potanin, 37 anni, è l'imprenditore-oligarca nelle cui mani è il destino del Paese Il re Mida russo: o riforme o dittatura «La pazienza delpopolo è allo stremo» MOSCA ON è la stessa cosa essere vincenti in mezzo al benessere generale e l'esserlo tra la generale indigenza. Vladimir Potanin è oggi l'uomo più potente nell'irereer circle di coloro che decidono il futuro della Russia. E sicuramente preferirebbe fare a meno dell'imponente sistema di vigilanza che lo circonda. Per accedere al suo ufficio, liberty in edizione postmoderna - rispetto al quale quello del segretario generale del pcus, se ancora esistesse, parrebbe una squallida sala d'attesa di seconda classe - bisogna passare attraverso porte blindate girevoli, cartelli che invitano a lasciare fuori le pistole, metal detectors. Signori, si entra nella Oneksimbank, nel regno del trentasettenne presidente della Interros, la possente holding che nel 1990 era appena poco più di una cooperativa per il commercio estero. La rivista «Forbes», l'ha inserita al decimo posto della classifica degli imprenditori più brillanti del mondo. E le ha assegnato il titolo di uomo più ricco della Russia, con un miliardo e 700 milioni di dollari di reddito. Come si sente? «Non può che far piacere un giudizio del genere, se formulate da una rivista così autorevole. Nello stesso tempo, anche perché la stampa russa ci ha ricamato molto, non posso dire di esserne contento. La situazione nel Paese è molto tesa e, di questi tempi, l'esibizione della ricchezza non è una buona cosa. Dunque provo un certo imbarazzo. In queste cose ci vuole più delicatezza». «Forbes» non ha usato per lei il termine «oligarca», che pure è ormai d'uso corrente in Russia. Tanto che gli stessi oligarchi si definiscono tali e si comportano di conseguenza. Ma esistono davvero gli oligarchi? Quanto contano? Cosa vogliono? Si rendono conto di quanto sta succedendo? Hanno una strategia? «Come diceva un filosofo antico, prima di discutere mettiamoci d'accordo sui tennini. L'oligarchia, classicamente, è un sistema di governo esercitato da una ristretta cerchia di famiglie. Questa definizione non corrisponde all'attuale situazione russa. Se, per oligarca, intendiamo un grosso imprenditore che influenza economia e politica, allora rispondo che sì, gli oligarchi esistono. Del resto in Russia il capitale è sempre stato molto concentrato; anche prima della rivoluzione i ricchi erano pochi. Nella fase sovietica furono creati giganti di ogni tipo, monopoli naturali e artificiali. E' ovvio che, con il passaggio al mercato, sia rimasta questa tendenza al monopolio, quando dieci-quindici grossi uomini d'affari controllano più della metà del Pil. In un certo senso ciò è dettato dalla storia. Tutti i maggiori imprenditori russi sono forti personalità. Strategie ne hanno, senza dubbio, diverse tra loro. Il nostro gruppo, ad esempio, punta a diventare una buona corporation all'occidentale. Il Gazprom è più conservatore. Assomiglia a un ministero. Noi siamo molto diversificati: petrolio, banche, telecomunicazioni, siderurgia. Il gruppo di Khodorkovskij o la Lukoil di Alekperov si specializzano sul petrolio. Ciascuno ha una propria visione del business, della Russia e del mondo. Abbiamo interessi diversi e usiamo metodi diversi. Le differenze maggiori tra noi sono sui rapporti con il potere. Alcuni - Ciubais, Fridman, io stesso - vogliono rapporti trasparenti e chiari, comprensibili per la società: siano consigli consultivi o altro. Cioè il business non deve sostituirsi al potere. Se un imprenditore si sente in grado di governare, ebbene entri nel governo, o si faccia eleggere nella Du¬ ma». Lei allude a Berezovskij, che è entrato in politica... «Ecco, vede, su questo le nostre idee non collimano. Berezovskij è un ottimo stratega e un forte politico, che prevede di influire sul potere dall'esterno e dall'interno. Io sono per una netta distinzione: il potere è potere, il business è business. Gli imprenditori possono consigliare, raccomandare, formare lobbies, in modo civile. Ma non possono prendere decisioni e imporle al potere. Nello stesso tempo è sbagliato non organizzare la collaborazione fra business e potere. Clinton è andato in Cina con un seguito di oltre mille persone. Posso solo immaginare con quanti progetti e quante ore/uomo sono state spese per il suo programma. Si figuri, al confronto, come funziona il nostro apparato statale! Gli esperti privati sono essenziali per risolvere la politica fiscale e sociale, quella tariffaria, per ridurre la massa di salari non pagati eccetera. 10 credo comunque che i grandi imprenditori - seppure esercitino senza dubbio grande influenza - non siano un governo ombra. E' difficile considerarli i veri padroni del Paese. 11 potere, in Russia, nonostante tutto, è nelle mani del presidente e Duma e governo hanno un loro ruolo». Eppure gli oligarchi hanno svolto un ruolo chiave nella rielezione di Eltsin nel 1996. Secondo lei non hanno chiesto nulla in cambio? «E' ovvio che abbiano tentato. L'intervista di Berezovskij al Financial Times in cui proclamava che la Russia è governata da sette banchieri posso attribuirla solo all'euforia per la vittoria. Mi pare che confondesse la realtà con i desideri. In ogni caso l'influenza degli oligarchi sul potere si va riducendo. Durante il regno di Korzhakov (ex capo dei pretoriani presidenziali, ndr) - è solo un esempio - il presidente firmava monta¬ gne di decreti che distribuivano privilegi a destra e a manca. Spesso si trattava di veri e propri pasticci contraddittori. Negh ultimi tempi documenti generati così volgarmente dalle lobbies sono diventati rari». La globalizzazione galoppa, lei pensa che l'attuale crisi finanziaria russa sia connessa a fattori esterni, oppure prevalentemente a ragioni endogene? «Il ruolo della crisi finanziaria asiatica e mondiale è significativo, ma non credo sia determinante. E' stato il detonatore, ma non è la bomba. Da anni approvavamo bilanci pessimi, irreali. Per questo buona parte dell'economia è sprofondata». Lei appoggia Ù programma anticrisi del governo? «E' un buon piano, ad alcune condizioni. Far pagare le tasse, ma riformare il sistema fiscale spostando la tassazione dalla produzione al consumo. Ridurre i costi e le tariffe dei monopoli naturali per incentivare la produzione. Lo Stato poi deve smetterla di non pagare i suoi debiti. Il debito pubblico va ristrutturato e trasformato in titoli. Le aziende malate devono andare in bancarotta altrimenti ci va il Paese. Mi chiedo solo fino a che punto governo e presidente terranno duro su questo». La situazione sociale è davvero seria? «Lo è». Dunque, tagliare ancora le spese può significare superare i limiti della tensione. «Sì, c'è questo pericolo. Bisogna cambiare l'organizzazione della difesa sociale. Adesso si spreca quasi il 20 per cento del bilancio. Decine di milioni di persone beneficiano di vari sussidi, mentre si deve aiutare solo chi ha veramente bisogno. Il tempo è poco. Ma una delle qualità del popolo russo è la pazienza. Certe volte io stesso mi stupisco: come fanno a sopportare tutto quello che gli fa il potere?». Pazienza che potrebbe esaurirsi? «La società russa è molto inerte. Purché non la si provochi. Adesso la stiamo provocando. Dobbiamo non solo fare qualcosa di positivo, ma anche smetterla di fare promesse a vuoto». E' già in corso una nuova campagna presidenziale, con quattro candidati più uno: Luzhkov, Lebed, Cernomyrdin, Zuganov. Più, naturalmente, Boris Eltsin. «Se Eltsin si candiderà una terza volta sarà una situazione complicata. Molti, certamente, lo appoggeranno. Qualcuno pensa che la Russia abbia bisogno di un nuovo leader, che mantenga una certa continuità. Se Eltsin si ricandida, renderà la vita dura a un tale nuovo leader». Se i comunisti rinunciassero a Zuganov a favore di un candidato non comunista? Per esempio Cernomyrdin? «Ai comunisti manca solo un leader carismatico. Il resto ce l'hanno: una enorme base sociale, un elettorato stabile. Cernomyrdin non è più carismatico di Zuganov. Se invece puntassero su Luzhkov o Lebed allora il quadro cambierebbe di colpo. Un candidato del genere potrebbe vincere». Lei però non sembra molto inquieto per l'esito delle elezioni. Dunque non vede minacce di cambio di sistema? «Se la situazione economica verrà salvata, il duemila non sarà un problema. Se accade viceversa il problema non si farà attendere fino al duemila e la situazione diventerà imprevedibile. Tutto sarà possibile, dittatura inclusa. Faccio perfino fatica a immaginare cosa potrebbe accadere». Giulietta Chiesa Anna Zafesova «Se è necessario dò buoni consigli, ma sono convinto che gli affari non devono sostituirsi al potere» L'imprenditore trentasettenne Vladimir Potanin e nella foto grande la Borsa di Mosca