I berberi in piazza: non siamo arabi di E. St.
I berberi in piazza: non siamo arabi Manifestazioni e scontri dalla capitale alla Cabilia, un corteo anche a Parigi. Zeroual: io vado avanti I berberi in piazza: non siamo arabi Algeria, contro la legge che bandisce la loro lingua ALGERI. Ieri è stato un giorno di proteste e scontri di piazza in Algeria, sia nella capitale che in Cabilia: ad Algeri la polizia in tenuta antisommossa ha impedito lo svolgimento di una manifestazione indetta dai principali partiti d'opposizione «per la pace e contro l'esclusione», e il centro cabilo di Tizi-Ouzou, 90 km a Est di Algeri, si è trasformato in una città fantasma, coi negozi, i bar e gli uffici chiusi, come chiesto dal Movimento culturale berbero per protestare contro la legge che impone l'arabo come lingua ufficiale. Il provvedimento è entrato in vigore proprio ieri (negli ultimi giorni nella stessa zona la rabbia per l'assassinio del popolare cantautore Matub Lounes era esplosa in manifestazioni violente). Anche a Parigi parecchie centinaia di algerini sono sfilati protestando contro la legge. La manifestazione ad Algeri non era stata autorizzata dalle autorità, che avevano chiesto di rinviarla essendo ieri l'anniversario dell'indipendenza. I poliziotti della capitale hanno preso posizione lungo tutto l'itinerario fissato dalle opposizioni, bloccando l'accesso dalle strade laterali. A donne e bambini che affermavano di voler andare a casa è stato impedito di passare. Decine di corriere che trasportavano manifestanti sono state bloccate alla periferia di Algeri. Alcuni manifestanti sono comunque riusciti ad arrivare fino al Palazzo del primo maggio ed hanno cominciato a scandire slogan contro il governo, innalzando cartelloni con la fotografia di Lounes Matoub. Il segretario del gruppo di opposizione Ffs, Ahmed Djeddai, ha parlato alla folla in francese «perché non intendiamo rispettare la legge sull'arabizzazione». Un portavoce dell'Ffs ha denunciato «il regime totalitario della repressione, che vieta agli algerini di esprimere pacificamente la propria indignazione mentre gli assassini (integralisti islamici, ndr) sembrano godere di una totale impunità». La rabbia delle minoranze è particolarmente forte in questi giorni contro la legge che impone l'uso esclusivo dell'arabo, vietando tutte le altre lingue compresi il francese e il berbero o Tamazghit (parlato da circa un terzo della popolazione algerina), legge che l'opposizione definisce di «arabizzazione forzata». Imporre la «lingua del Corano» in un Paese multiculturale come l'Algeria è considerato una concessione all'integralismo islamico oltre che un gesto repressivo nei confronti delle minoranze: negli ultimi 10 giorni ci sono state decine di manifestazioni in tutta la Cabilia. Anche il divieto di usare il francese, lingua largamente usata nelle città e tra i ceti più colti, ha suscitato proteste. La popolazione di lingua berbera è concentrata in special modo nella zona costiera orientale intorno a Orano e nell'entroterra; ha tradizioni molto antiche e un orgoglio collettivo spiccatissimo. Momento peggiore per l'abolizione dell'idioma berbero non poteva capitare: la principale minoranza d'Algeria è già in subbuglio per l'assassinio di Matoub, ucciso da militanti islamici appena dopo il ritorno in patria dall'esilio francese. I berberi accusano Zeroual di responsabilità nell'omicidio, e il presidente ha già dichiarato con estrema fermezza che farà rispettare con ogni mezzo la legge che impone l'arabo. In Cabilia da giorni i segnali in arabo vengono distrutti e compaiono ovunque scritte come «Noi non siamo arabi», [e. st.]
Persone citate: Ahmed Djeddai, Lounes, Lounes Matoub, Matoub, Zeroual
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