Ulster, la marcia lealista incrina la pace di Fabio Galvano

Ulster, la marcia lealista incrina la pace Bloccati dalla polizia prima che attraversassero il quartiere cattolico di Drumcree Ulster, la marcia lealista incrina la pace L'assedio degli orangisti LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La battaglia, per ora, è stata scongiurata. Ma a Drumcree è cominciato il grande assedio, non meno drammatico. L'annuale marcia degli orangisti di Portadown, a cui era stato proibito di entrare nella cattolica Garvaghy Road presidiata da almeno 2 mila fra agenti di polizia e militari britannici, si è fermata davanti al filo spinato e alla barricata d'acciaio eretta nella notte di venerdì; ma non si è dispersa. Come negli ultimi tre anni, quando la parata aveva assunto una valenza ben più ampia del suo significato locale, gli orangemen - con le loro bombette, gli ombrelli al braccio, i guanti bianchi e le vistose fusciacche arancione, dietro pittoreschi gonfaloni e sciabole sguainate - hanno rifiutato di tornare sui propri passi, attraverso le vie protestanti lungo le quali dal centro di Portadown avevano raggiunto la chiesa di Drumcree. «Non ci muoveremo - gridava una folla sempre più numerosa -. Staremo qui fino all'anno prossimo, se non ci lasceranno passare». La giovane pace nordirlandese è messa a dura prova. Con il passare delle ore le schiere orangiste si sono ingrossate. Erano stati circa 2500 a marciare verso la chiesetta, per celebrare con la consueta settimana d'anticipo sul resto dell'Ulster il «glorioso 12 luglio», cioè la battaglia del Boyne in cui Guglielmo III d'Orange sconfisse nel 1690 il cattolico Giacomo II. In serata erano ormai 6 mila; perché agli aderenti della loggia orangista di Portadown si erano aggiunti quelli provenienti da altre città, guidati dal «grande maestro» Robert Saulters. Tutti attorno al fortilizio di ferro, cemento e filo spinato che è diventato il quartiere cattolico affacciato sulla Garvaghy Road, deserta con le sue bandiere tricolore. Polizia ed esercito bloccano non solo la strada ma anche i campi circostanti, dove hanno scavato trincee. Non è, a ridosso del referendum e delle elezioni che hanno detto sì ajla pace, uno spettacolo incoraggiante. Non c'è stata la temuta violenza (solo due arresti); e passando davanti alla chiesa cattolica di San Giovanni Battista in segno di rispetto i tamburi protestanti hanno taciuto. Ma la storia non è finita. Anche in anni passati era parso che il peggio fosse scongiurato. Poi i fantasmi della notte avevano agitato gli animi, dopo le pietre erano volate le molotov. Sempre la polizia aveva dovuto cedere e, per evitare il peggio, fare strada agli orangisti. Ma questa volta Londra è inflessibile: «Non modificheremo le decisioni della Commissione», ha ripetuto il ministro per il Nord Irlanda, Mo Mowlam. Si riferiva alla «Commissione per le Parate», un organo indipendente che si è finora occupato - su circa 3 mila parate orangi¬ ste che si svolgono ogni anno - di 12 dei 16 casi più a rischio; e che per Drumcree aveva accolto le accuse cattoliche di «provocazione» rifiutando agli orangisti il diritto di transitare nella Garvaghy Road. «Gli ordini non saranno cambiati», ha ripetuto ieri sera il capo della polizia, Ronnie Flanagan. Molti si domandano se questa fermezza reggerà; o se - come negli ultimi tre anni - prevarranno la violenza e, alla fine, un accomodamento favorevole alle schiere protestanti. Nel 1995 ci fu un confronto di due giorni, con un sit-in dei nazionalisti cattolici per impedire l'accesso degli orangemen, che alla fine furono fatti passare ma con l'impegno che mai più avrebbero marciato nei quar- tieri cattolici senza l'assenso degli abitanti. Promesse di Arlecchino. Nel 1996, nonostante il divieto, gli orangemen si presentarono più numerosi che mai. Ci furono sanguinosi scontri con la polizia; e la violenza dilagò in tutta la provincia. Strade mterrotte, persino l'aeroporto di Belfast e il porto di Lame furono bloccati. Dopo cinque giorni la polizia si arrese. L'anno scorso, per evitare il peggio, fu la Garvaghy Road ad essere isolata: con i cattolici «imbottigliati» nelle loro vie. «E1 un peccato che il filo spinato sia ridiventato il simbolo dell'Ulster», commentava ieri sera il reverendo John Pickering dalla sua chiesa di Drumcree. «Siamo stati fatti nuovamente prigionieri nelle nostre case e nelle nostre vie», ribatteva la voce degli attivisti cattolici, quel Breandan MacCionnaith che gli abitanti della Garvaghy Road hanno scelto come portavoce ma che gli orangisti additano come «terrorista» (nel 1982 fu condannato a 6 anni per possesso di armi e sequestro di persona). «Noi con i terroristi non parliamo», dicono. Ma tacciono sui paramilitari della Lvf - la Loyalist Volunteer Force - che ingrossano le file della loggia orangista di Portadown, la città del loro capo Billy Wright ucciso nei giorni di Natale nel carcere di Maze. Sono le storie del passato, dell'Ulster che si sperava cancellato dalle speranze di un nuovo futuro. Fabio Galvano Celebrano la vittoria di Guglielmo III d'Orange su Giacomo II nel 1690 Orangisti davanti alle barricate di filo spinato della polizia. A sin., il nuovo premier dell'Ulster David Trimble ifotoreutersj

Luoghi citati: Belfast, Drumcree Ulster, Londra, Mo Mowlam, Nord Irlanda, Ulster