Merlino, da piazza Fontana alla cattedra di Giovanni Bianconi

Merlino, da piazza Fontana alla cattedra MAiiM^i^è»iìiÉ>i IL FASCISTA CHE SI FINGEVA ANARCHICO Assolto per la strage nell'87, adesso insegna storia e filosofìa: «Non rinnego il mio passato» Merlino, da piazza Fontana alla cattedra L'ex «infiltrato» è commissario d'esame in un liceo LROMA ICEO ginnasio Augusto, esame di maturità classica, prova orale di storia e filosofia. Il professore domanda: «Chi era Cavour?». La candidata risponde incerta: «Dunque... Cavour... Era un generale...». Il professore passa oltre: «Pariiamo del colonialismo. Innanzitutto, dov'erano le colonie?». Risposta: «Dunque... In Europa?». Meglio passare alla filosofia. «Che mi dice di Cartesio?». «Dunque... Cartesio... era uno che dubitava molto... Su tutto...». Quando finisce il martirio la candidata si alza esausta, e sulla sedia compare la scritta vergata col pennarello nero: «Boia chi molla», completa di croce celtica. Chissà se il profesore ci fa caso, e chissà che cosa evoca in lui quel motto di tempi molto più recenti rispetto a Galileo o Cavour. Tempi che l'hanno segnato e che si porterà dentro per sempre, perché il professore - molto comprensivo verso gli sfondoni della candidata, «era una privatista» - è Mario Merlino, «il fascista infiltrato», «il finto anarchico di piazza Fontana», per dirla con un paio di definizioni dell'epoca. Trent'anni fa, durante la contestazione e alla vigilia della strage, aveva la barba e i capelli lunghi; gli stessi di oggi, solo che sono completamente bianchi. E gli occhiali rettagolari con la montatura nera sono diventati tondi e di simil-tartainga, marca Sting. Per il resto, la maglietta larga, i pantaloni coi tasconi laterali e gli scarponcini ai piedi dimostrano che l'anticonformismo dei tempi andati non è morto in questo signore di 54 anni che da dieci - dopo tre passati in carcere e quasi venti nelle aule di tribunale, fino all'ultima assoluzione del 1987 per i fatti di piazza Fontana - insegna storia e filosofia in un liceo romano, a Centocelle. Scuola tradizionalmente «rossa», quella, che ha sfornato anche qualche brigatista. «Il primo giorno - ricorda Merlino - organizzarono dei picchetti per non farmi entrare. La preside mi telefonò a casa per avvertirmi, ma io dissi "Vengo lo stesso". Sono andato e sono entrato senza che nessuno se ne accorgesse: non mi avevano riconosciuto». Anche all'Augusto (liceo «nero» nella geografìa politica degli Anni Settanta), era stata convocata una manifestazione di protesta del gruppo Malcolm X, ma al primo giorno di esami non s'è visto nessu no. «Questi rigurgiti di protesta commenta il professor Merlino sono alimentati più dai miei colle ghi adulti che dai ragazzi, i quali non si ritrovano più nei vecchi schemi un po' noiosi e ripetitivi» Veramente le svastiche sui muri e scritte del tipo «Priebke presente» e «Una sola razza: quella ariana», di rebbero il contrario, «ma basta una mano agile e veloce per far sembrare che dietro ci sia una massa», spiega il professore. «La verità - continua Merlino - è che ancora c'è bisogno di un nemico per affermare la propria identità, ma se riflettiamo sulle nostre collocazioni di un tempo, nessuno ne esce in maniera adamantina». Specialmente uno che era fascista ma si fingeva anarchico. Ma a proposito, quale può essere la definizione vera per il Mario Merlino del 1969? Sotto la barba si intravede un sorriso: «Quelle che mi hanno appioppato, in fondo, vanno tutte bene, forse perché sono tutte fasulle. Che cosa rimane di parole come fascista, anarchico, comunista? Ha un senso dire che Pinochet e il fascismo storico erano la stessa cosa? E il comunismo sovietico e quello di Mao?». Forse potrebbe avere un senso dire la verità su ciò che accadde nel 1968 o nel 1969, e se mio come Merlino era davvero un infiltrato e un provocatore. Ma l'interessato da quest'orecchio non ci sente: «Ammettere o negare qualcosa significherebbe collocarmi, e quindi dare la stura a chi assente o dissente. E poi il principio stesso di verità, per fortuna, è stato messo in crisi dalla filosofia». Quando si passa ai ricordi del '6869 però, dagli scontri di Valle Giulia in avanti, ricordi e giudizi del professor Merlino si fanno improvvisamente netti e perentori: «Gente come Piperno e Scalzone non potrà mai ammettere che la sera prima delle manifestazioni studiavamo insieme le strategie di attacco. E gli scontri a piazza Cavour furono il regalo del servizio d'ordine del pei che non poteva permettersi di perdere il controllo dell'università. La destra e la sinistra ufficiali di allora non potevano tollerare le eresie, e noi questo abbiamo pagato». Sia come sia, nemmeno oggi Merlino spiega le ambiguità di ieri, e si giustifica così: «Il mio vissuto fa parte di me e non lo rinnego, ma la grande forza dell'uomo, tanto più se è un intellettuale, è quella di mettersi sempre in gioco». Già, ma da che parte? Dalla massa bianca di barba e capelli spunta un altro sorrisetto: «L'importante è avere qualcuno di fronte, e nessuno dietro le spalle. Forse in me c'è davvero qualcosa di Cyrano di Bergerac». Un sedicente guascone che, politicamente, non vuol dire al fianco di chi combatterebbe nell'Italia del 1998: «E' una domanda che non ha molto senso». Ma se si dovesse votare, a chi andrebbe la preferenza di Mario Merlino? «Non ho mai amato molto andare a votare. In passato mi è capitato di dare la preferenza a qualche amico... Ma è una cosa che non mi interessa». Gli interessa, invece, il mestiere che fa, l'insegnamento. «Svolgo regolarmente i programmi ministeriali, cercando però di non dare una visione piatta delle cose. Tento di dare ai ragazzi la libertà di ricercare. Tre anni fa abbiamo organizzato un corso monografico sulla guerra civile in Italia...» Sarebbe a dire la Resistenza? «Sì, ma ormai l'espressione guerra civile si usa pure a sinistra, quindi... Comunque, siamo andati a incontrare Cossutta a Montecitorio, me lo ricordo anche perché dovetti mettermi la cravatta, Giuliano Vassalli alla Corte costituzionale, e poi alcuni reduci della Repubblica sociale. Alla fine una ragazza mi ha detto: "E' stato bello sentire uno che parlava come mio nonno e scoprire che stava dall'altra parte". Le nuove generazioni, a differenza della nostra, sanno ascoltare senza schemi e pregiudizi». E quelli che vogliono cacciare Merlino dalla scuola? «Tanto non mi riconoscono, perché un cattivo con la barba e i capelli lunghi è fuori dagli schemi». Giovanni Bianconi Mario Merlino «L'importante è avere qualcuno di fronte e nessuno dietro le spalle. Forse in me c'è davvero qualcosa di Cyrano di Bergerac»

Luoghi citati: Centocelle, Europa, Italia, Merlino