«Il sesso aiuta i trapianti» di Fabio Galvano

«Il sesso aiuta i trapianti» Secondo i medici «i rapporti intimi sono uno scudo al rigetto» «Il sesso aiuta i trapianti» Marito inglese salva la vita alla moglie IL CASO AMORE E SALUTE londra DAL NOSTRO CORRISPONDENTE E' uno di quei casi in cui la scienza si arrende. Come è mai possibile che uno scambio di reni fra marito e moglie funzioni perfettamente, sebbene i loro tessuti siano diversi, tali - in teoria - da provocare un rigetto da parte dell'organismo? Eppure è accaduto; e il dottor Paul Lear, additando George Wysocki che nove settimane fa ha dato un suo rene alla moglie Helen, ha una spiegazione semplicissima. «Sono sposati - dice - da 21 anni. E in quei 21 anni, attraverso la loro normale vita di coppia, si sono scambiati tali e tanti fluidi corporei da crearsi una reciproca immunità». Insomma, l'amore paga: quando Helen ha ricevuto il rene del marito, il piccolo computer naturale preposto a queste cose ne ha riconosciuto le caratteristiche e non ha attivato il sistema immunitario. Come questo accada resta misterioso; ma accade, ed è quello che conta. Si aprono nuove frontiere; ma alla chetichella, se è vero che altri scambi di organi fra marito e moglie erano già stati effettuati negli Stati Uniti e in Giappone prima di quelli - George e Helen non sono a quanto pare un caso isolato - che hanno ora l'etichetta del «made in England». E' una sfida alla logica medica; ma anche, come afferma il dottor Lear, «un brillante esempio di come la natura sa adattarsi a nuove circostanze». I primi trapianti fra non consanguinei - come marito e moglie - sono stati effettuati con la massima circospezione; ma c'è motivo di ritenere - come afferma 1'«Express» - che in futuro possano essere migliaia. In circostanze normali l'organismo non accetta corpi esterni - reni, sangue, epidermide - perché il sistema immunitario li avvista e dà il segnale della loro distruzione. Ma una lunga vita coniugale - dal semplice bacio al rapporto sessuale completo - provoca un continuo scambio di materiale genetico. Alla fine il sistema immunitario «non ci fa più caso». «E' una forma di tolleranza spiega il dottor Lear - che in qualche caso consente scambi di organi con minori problemi di quanti ne riscontriamo nei trapianti in cui si è fatto ogni sforzo per trovare tessuti compatibili». I reni per i trapianti, forniti in genere da donatori deceduti, devono superare rigorosi controlli per evitare un rigetto. Anzitutto occorre accertarsi che il gruppo sanguigno sia lo stesso del paziente. Poi si esaminano i tessuti, sulla base di sei diversi criteri genetici. Più numerose sono le identità, più è probabile che non ci sia rigetto. Un'identità totale, come spiega il dottor Geoffrey Koffman del Guy's Hospital di Londra, uno specialista di trapianti, è rarissima e coinvolge non più del 5 per cento degli interventi. Si considera accettabile l'identità di tre criteri. Almeno un terzo dei normali trapianti porta a qualche forma di rigetto; ma per quattro delle sette coppie su cui il dottor Lear è già intervenuto al Southmead Hospital non c'è stata la minima complicazione. La compatibilità della coppia è un criterio, evidentemente, molto più importante che la compatibilità di laboratorio. Da dieci anni Helen Wysocki attendeva questo momento. Aveva 32 anni quando, durante la gravidanza, contrasse un'infezione che le danneggiò i reni. Da sette anni era costretta a tre dialisi la settimana, in attesa di un donatore. Ma i suoi tessuti sono di un tipo abbastanza raro: due volte si è trovato un donatore che pareva adatto, soltanto per scoprire con i test di laboratori che il rigetto sarebbe stato quasi sicuro. La situazione stava peggiorando; e alla fine lei e il marito hanno accettato di fare quel salto nel buio, di tentare quello che il dottor Lear indicava come un intervento con buone probabilità di riuscita. Pur sapendo che, anche con il consueto cocktail di farmaci anti-rigetto, nulla era certo. «Per ora - racconta la signora Wysocki - tutto va bene. Non ho più bisogno di dialisi e sto benissimo». Semmai è stato suo marito a soffrire di più per l'intervento, a tardare nel recupero; anche se adesso an¬ che lui è in ottima salute e già pensa al giorno in cui potrà tornare su un campo di rugby. «Non ho avuto nessuna esitazione - racconta l'uomo -. Amo Helen e farei assolutamente di tutto per lei. Tanto più che si può vivere benissimo anche con un solo rene, come sto dimostrando». Da un punto di vista medico - osserva il dottor Lear - «non c'è alcun motivo per cui un coniuge debba essere donatore; ce ne sono molti, anzi, che dicono che non dovrebbe esserlo. Eppure funziona». Si dice che con il passare degli anni l'uomo tende ad assomigliare al suo cane; può darsi. Ma che marito e moglie riescano a copiare il sistema immunitario l'uno dell'altro, questa è una novità. Fabio Galvano Lui ha clonato a lei un rene «Tollerati tessuti che in condizioni normali sarebbero stati respinti» Una sala operatoria e una scena di «Scelta d'amore», che racconta la love story tra un'infermiera e un paziente

Persone citate: Geoffrey Koffman, George Wysocki, Helen Wysocki, Lear, Paul Lear, Salute

Luoghi citati: Giappone, Londra, Stati Uniti