Bertinotti al braccio di ferro con Cossutta di Antonella Rampino

Bertinotti al braccio di ferro con Cossutta Spaccatura nel comitato politico del Prc, il segretario vuole un'ampia delega per trattare con Prodi Bertinotti al braccio di ferro con Cossutta «L'opposizione non è il nulla» ROMA. All'opposizione ci andremo, se ce ne sarà bisogno. Perché, caro Armando, l'opposizione non è «il regno del nulla», anzi: è la carta migliore per pungolare la maggioranza. Fausto Bertinotti agita quella espressione vivida e ficcante, «il regno del nulla», per evocare la principale critica di Armando Cossutta, gridata in una tempestiva e lunga intervista a Repubblica. Ma erano giorni che si sapeva: il presidente di Rifondazione detesta l'idea di far cadere il governo Prodi, forse mandando gli italiani alle urne, di certo correndo il rischio di «consegnare il Paese alle destre». E per questo ieri è cominciato il Comitato politico dei neo-comunisti, divisi tra massimalisti bertinottiani, filo-governativi cossuttiani, più un 15 per cento di trozkisti che ieri per bocca di Ferrando hanno chiesto di tagliare i ponti subito con la maggioranza, senza neanche apettare la verifica. Un comitato centrale nel quale i cossuttiani tentano di recintare il massimalismo bertinottiano, per ricordargli, «guarda che nel partito non tutti la pensano come te», prima che Bertinotti si sieda al tavolo della trattativa: quella con i sindacati, ha detto 10 stesso segretario, parte lunedì 6, 11 primo incontro vis-à-vis con Prodi è per il 9. Bertinotti queste cose le sa bene, e la sua come al solito ampia e approfondita relazione, cui seguiranno ben 140 interventi, è come un insieme di spirali: il discorso parte da punti diversi, ma va sempre a parare nel cuore del problema politico aperto all'interno del partito. Per esempio: «Noi non voghamo le elezioni, che certamente si possono evitare: ma esse non possono essere agitate contro di noi come una clava per farci rimettere nel cassetto le nostre proposte: e, comunque, per noi non sarebbero mortali». Oppure: «Noi non abbiamo propensioni dilatorie, ma se si pensasse che per la verifica occorre più tempo, se ci fosse consenso tra tutte le forze politiche della maggioranza a far slittare i tempi verso la finanziaria, noi siamo disponibili». Ma il ragionamento partiva proprio dal semestre bianco, il cui inizio coincide con la finanziaria, ed è il tempo nel quale a termine di legge non si possono svolgere elezioni: «Noi abbiamo ravvicinato i tempi del confronto politico con il governo proprio perché ci accusavano di aspettare il semestre bianco. Ma questo non cambia la sostanza, o c'è la svolta riformatrice, o c'è la rottura». Inutile ventilare il pericolo della destra montante, poiché essa per Bertinotti «non è un blocco sociale». Dunque, Bertinotti non rinuncia ad usare la rottura come arma contrattuale, e chiede all'assemblea del partito la delega più ampia possibi- le. E il copione seguito dagli interventi di ieri racconta che la battaglia è in corso, anche se con tutta probabilità alla fine di questo comitato politico non si arriverà alla conta, e anzi, come al solito, la maggioranza voterà un documento unitario. Ma intanto, la riunione è stata tesa. Bertinotti ha schierato alcuni segretari di federazione. «E che gli diciamo ai compagni di Porto Marghera, noi che con questo governo non riusciamo neanche a difendere l'ambiente?» strillava De Marchi, segretario di Venezia. «Continuiamo a pagare noi per un governo che di sinistra non ha nulla», faceva eco quello di Bari, Martino. «Questo governo in Sicilia, sul terreno della lotta alla mafia fa peggio delle destre, perché mette in minoranza i giudici e i sindaci», secon- do il palermitato Fargione. E Franco Giordano, in un'analisi in cui ha detto tra l'altro che «il bipolarismo è figlio dell'americanizzazione di massa», ha spiegato che l'arma dell'opposizione serve «come alternativa all'intesa», e dunque anche per ottenerla. In attesa dell'intervento di Cossutta, che non ha voluto commentare la relazione del segretario, sono scesi nell'arena oratoria i colonnelli, Rizzo e Diliberto. «Questa non è una storia di falchi e di colombe, ma di che tipo di partito vogliamo fare», ha detto il primo anche in relazione al fatto che Bertinotti ha stigmatizzato l'atteggiamento dei cossuttiani, «unitario nelle riunioni a porte chiuse, critico quando si parla coi giornali». Diliberto ha parlato sulla palla lanciata da Rizzo: resteremo nella maggioranza solo se ci sarà un'intesa. «L'opposizione, caro Fausto, non è il regno del nulla: lo sappiamo bene, ci siamo stati tutta una vita. Ma il punto è che l'autonomia politica da sola non basta. Perché essere un grande partito di massa non significa essere tanti, e noi non lo siamo: significa essere capaci di parlare all'intera società». Antonella Rampino «Inutile sbandierare il pericolo della destra: non ci fa paura» ìtóWWA W V'AITA <?ul mani?erro La vignetta di Vauro sul «manifesto» Fausto Bertinotti leader di Rifondazione comunista

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