Ma don Verzé prepara lo sbarco nella capitale di Francesco Grignetti

Ma don Verzé prepara lo sbarco nella capitale Ma don Verzé prepara lo sbarco nella capitale LA PARTITA DIETRO LE QUINTE ROMA I L colpo di scena del PolicliH nico sequestrato, con annessi e connessi da grand guignol giornalistico e polemiche baronali, probabilmente non c'entra niente. O forse sì. Perché fa un certo effetto scoprire che dietro le quinte del Policlinico da mesi è in corso una guerra senza esclusioni di colpi per i posti-letto. A movimentare le acque della sanità romana, infatti, è arrivato il milanesissimo don Verzé, fondatore e presidente del «San Raffaele», l'ospedale dei vip, amico personale di Berlusconi e di Craxi, ma anche di tanti ex democristiani. Il sacerdote, a Milano, gestisce con mano sicura un ospedale-gioiello da 65 mila ricoveri l'anno, costruito dalla Edilnord di Berlusconi ai primi Anni Settanta, confinante con la cittadella berlusconiana Milano 2. In questi ultimi anni, intanto, don Verzé è in piena espansione. Polonia, Russia, Africa Centrale, Sud America: progetti ne ha tanti. Nel 1994 la «Fondazione Monte Tabor», proprietaria del San Raffaele, ha persino incaricato Sergio Cusani, l'unico che finirà in carcere per la tangentona Enimont, di acquistare un'area a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi, per costruirvi un San Raffaele mediorientale. Nello stesso anno il sacerdote è sbarcato a Roma, esattamente nel quartiere di Mostacciano, oltre l'Eur, per aprire una versione romana del San Raffaele milanese. Ma la discesa a Roma, a questo punto, la raccontano le interrogazioni parlamentari che si susseguono. L'itinerario della clinica di Mostacciano, infatti, - che dicono nuovissi- ma, bellissima, efficientissima - è passato al microscopio da sindacalisti e parlamentari. S'è formata una santa alleanza trasversale, tra destra e sinistra, che non molla la presa perché, a suo giudizio, la San Raffaele romana rappresenta un grosso pericolo per il Policlinico. Don Verzé, ai loro occhi, è sceso a Roma in caccia di quattrini. E la strada, sostengono alcuni senatori tra cui Franca D'Alessandro Prisco, suocera di Walter Veltroni, passa «attraverso il sistema universitario utilizzato come cavallo di Troia». Il riferimento all'università va spiegato. Don Verzé ha infatti trovato a Roma alcuni potenti alleati. Uno è il preside di Medicina, Luigi Frati, che propugna uno sdoppiamento della sua facoltà. Frati, nell'ottenere il consenso dei docenti per la nascita di una Medicina Due, indica la clinica di don Verzé come struttura ottimale dove trasferire tra i 400 e i 600 posti-letto del Policlinico. Il secondo alleato è il ministro dell'Università, Luigi Berlinguer, che è contrario alle università troppo grandi, spinge per strutture più piccole, e firma nel 1997 il decreto ministeriale di sdoppiamento per la facoltà di Medicina. Inserendo un esplicito riferimento al San Raffaele romano, quello di Mostacciano. Ma se don Verzé ha trovati buoni appoggi, altrettanti ostacoli gli si frappongono. La Regione non intende sborsare altri soldi. L'assessore alla Sanità, Lionello Cosentino, dies¬ sino, fa sapere che non consentirà «a un allargamento; tanti posti-letto si trasferiranno al San Raffaele, altrettanti si elimineranno al Policlinico». I dubbi di Cosentino vengono attaccati dal senatore Antonio Tommasini, FI, medico varesino, presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sulla sanità pubblica, sostenitore di don Verzé, che dice criptico: «L'assessore ha finora sonnecchiato sulla possibilità di utilizzare gli ospedali moderni ultimati nella Capitale». Ma anche i sindacati si mobilitano. Finisce che la fatidica convenzione tra università e San Raffaele batte il passo. Non firma il vecchio rettore Giorgio Tecce. Non firma, per ora, il nuovo rettore Giuseppe D'Ascenzo. I rettori si preoccupano perché sottrarre 400-600 posti letto al Policlinico significa perdere 80-100 miliardi l'anno. Soldi che dalla struttura pubblica universitaria andrebbero alla clinica privata di don Verzé. Il quale, ovviamente, non ha alcuna intenzione di caricarsi personale del Policlinico. Al massimo, accoglierebbe una settantina di medici. Ma la perdita di quei soldi sarebbe la mazzata finale per il vecchio e ansimante Policlinico. Si spiega così la soddisfazione con cui medici e infermieri, sindacati di destra come quelli di sinistra, più parlamentari vari, hanno accolto la novità di questo sequestro che affida pieni poteri al commissario straordinario Riccardo Fatarella e forse è la premessa di nuovi consistenti stanziamenti pubblici. Perché una cosa sola ci ha tenuto a precisare Fatarella, in pubblico e in privato: «Non chiudiamo. Anzi. Ristruttureremo un padiglione alla volta a parità di assistenza. Da qui non va via nemmeno un posto-letto». Francesco Grignetti L'obiettivo è un San Raffaele bis Ma i sindacati si oppongono: temono sia la mazzata finale per l'Umberto I