Un urlo: voglio mio figlio

Un urlo: voglio mio figlio Un urlo: voglio mio figlio E poi in chiesa l'abbraccio al marito REPORTAGE IL DOLORE DI UNA MADRE CATANIA DAL NOSTRO INVIATO Quando, infine, giunge l'abbraccio un'onda di energia, un soffio in grado di restituire forza e vigore, sembra trasferirsi dalla donna afl'uomo e due vite, un attimo prima lontane, paiono ritrovarsi. Salvatore Deodato, detto Salvo, è alto, robusto, una folta barba gli maschera il dolore del volto. Maria Giovanna Augugliaro è magra, anche più minuscola di quanto non sia in realtà, un po' per l'abito nero, un po' per quel suo rimanere inginocchiata, il volto rivolto verso il pavimento di marmo. A vedere Salvo e Maria Giovanna insieme, nella chiesa di S. Francesco di Catania, rendere l'ultimo saluto al figlio Andrea, il più forte sembra Salvo, il papà del bimbo. E' Salvo a posare la mano destra sulla spalla della mogbe, quasi a volerla proteggere. Non è così. Ed è negli occhi del sacerdote, don Ciccio Ventorino, che va cercata la risposta. Quegli occhi non si rivolgono a Salvo, ma alla moglie. E' Maria Giovanna in questi lunghi, mterrninabiU attimi in chiesa l'artefice del futuro della famiglia. E' lei l'unica in grado di decidere che cosa ne sarà della piccola famigha. E' lei che don Ciccio avverte: «Ogni giorno vi interrogherete su quanto è avvenuto». E, poi: «Non fermatevi a guardare solo un particolare, la verità è nella globalità. Dio vede tutto anche se quel particolare non va dimenticato...». Le parole di don Ciccio cadono in una chiesa ammutolita dal dolore. Investono Maria Giovanna con tutto il loro carico di responsabiMtà. Dietro i suoi occhi chiusi, il suo volto rivolto verso il pavimento di marmo probabilmente stanno passando le immagini di quei primi 34 anni di esistenza, durante i quali la vita ancora non le aveva svelato le sue pieghe più crudeli. Maestri le sono i genitori: il padre, rappresentante di autovetture, uomo positivo e di forte tempra; la madre, casalinga, donna pratica e solida. Maria Giovanna, fin da piccola, apprende a nascondere forza e sobdità sotto le sembianze delicato di un grazioso passerotto e muove i primi passi nella sua vita. Si laurea a pieni voti in legge e entra nello studio legale di uno dei più noti avvocati di Catania, Enza Palermo. Più o meno contemporaneamente, si fidanza con Salvo, ingegnere fisico, di tre anni più grande di lei, ricercatore nella multinazionale Sgs Thompson. Con la stabihtà professionale giunge anche la solidità sentimentale: Maria Giovanna e Salvatore si sposano. Da quel momento la carriera di Salvo continua, tutta in ascesa all'interno della multinazionale. La vita di Maria Giovanna, invece, subisce un mutamento. In nome dell'impegno appreso dai genitori, Maria Giovanna è disposta a rinunciare a molti pezzi di vita. Non ai figli. Non smette di esercitare la professione. Soltanto, lavora da casa per essere vicina ai figb. Si sente sicura di sè e della propria forza. Due anni fa partorisce di nuovo: è un maschio, Andrea. I mesi passano, i tre figli crescono. Maria Giovanna continua a sentirsi sicura di sè e della propria forza. Così come Salvo continua a marciare attraverso il duro impegno del suo lavoro di ricercatore senza mostrare il minimo cedimento. Finché giunge l'estate. E' un'estate torrida come poche altre. La colonnina del mercurio sale, sicura almeno quanto Maria Giovamia e Salvo. Sembra una sfida a tre. Il primo a cedere è Salvo. Un'influenza, un po' di febbre avrebbero dovuto fargli capire che cosa stava accadendo. Ma Salvo non vuole capire. Si imbottisce di antibiotici e continua a lavorare. Probabilmente già altre volte aveva risolto così il proble¬ ma, era convinto di poterlo fare di nuovo. La seconda a cedere è Maria Giovanna. Giovedì sera, a conclusione di un'altra giornata a 40 gradi, i tre bambini non riescono a dormire. La notte trascorre più o meno in,, bianco. Venerdì mattina Maria Giovanna si sente stanca, oppressa dal caldo e dall'insonnia. Chiede a Salvo il favore di accompagnare il bimbo all'asilo. Il marito è anche più spossato della moglie. Antibiotici, caldo e sonno sono mi cocktail esplosivo, in grado di distruggere chiunque. Ma nemmeno venerdì mattina vuole cedere. Decide di andare comunque al lavoro, anche se la testa gli scoppia e, certamente, avrebbe accompagnato Andrea all'asilo. Prende per mano il bimbo, lo fa sedere sul seggiolone del sedile posteriore, lo lega con le cinture intorno alle ascelle, si siede al posto di guida, mette in moto, infine parte. La mente di Salvo cade in preda al terribile cocktail di caldo, anti- biotici e sonno. L'auto passa davanti all'asilo, situato a pochi passi da casa, senza fermarsi. Qualsiasi cosa sia accaduta nelle sei ore successive è del tutto ininfluente e comunque incapace di risvegliare l'uomo dal suo torpore. Ci riesce soltanto una telefo¬ nata giunta alle due del pomeriggio. E' la moglie, gli chiede di Andrea, è andata all'asilo a prenderlo, ma non ha trovato il bimbo. Soltanto allora Salvatore si scuote dal suo torpore e urla, con tutta la forza concessa dalla sua debolezza. E' allora che Maria Giovanna capisce che un urlo può frantumare all'improvviso una vita in mille inutili schegge; può sovvertire idee, sogni amori; e ergersi come un muro invalicabile fra il prima e il dopo. Dopo quell'urlo non le resta che raccogliere quelle schegge. Telefona al suo avvocato, Enza Palermo. In qualche modo riusce a spiegare quanto è accaduto, poi, come un automa, le ripete più volte tre parole interrotte da singhiozzi: «Voglio mio figlio». Ormai è sera, troppo tardi per avviare la procedura per ottenere il nulla osta per la sepoltura. Maria Giovanna deve attendere il giorno seguente - ieri - per ripetere le stesse parole mterrot- te da lunghi singhiozzi al giudice. E' una scena straziante quella che si para davanti agli occhi del sostituto procuratore Maria Pia Urso. Per venti minuti prova ad interrogare la donna, ma la donna non riesce a dire altro che quelle tre parole. Riesce a calmarsi soltanto dopo aver coperto di baci il corpo del figlio prima di veder sigillare il coperchio della piccola bara bianca. Poi si trascina, senza sapere bene come, nel lungo pomeriggio fino al funerale. Inginocchiata ascolta le parole di don Ciccio e capisce di avere due strade davanti a sè: una volta raccolte le schegge, può gettarle via o, pazientemente, provare a ricomporle una per ima. Quando giunge l'invito all'intera chiesa a scambiarsi un segno di pace, Maria Giovanna si alza e finalmente abbraccia Salvatore. Una lacrima le riga il viso, la prima scheggia è tornata al suo posto. Flavia Amabile Ha legato il bimbo con le cinture è passato davanti all'asilo senza fermarsi Poi l'allarme arrivato tardi Il piccolo Andrea si è addormentato durante il viaggio verso la morte Lui dopo la notte insonne e pieno di antibiotici era andato a lavorare Due immagini del funerale del piccolo Andrea La piccola bara arriva in chiesa e la gente in attesa del funerale

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