«Jiang vi darà la democrazia» di Andrea Di Robilant

«Jiang vi darà la democrazia» «La svolta? La conferenza stampa in tv». E il Presidente rassicura gli alleati asiatici in rivolta «Jiang vi darà la democrazia» Clinton lascia la Cina-, mai più avversari HONG KONG DAL NOSTRO INVIATO «Sì, sono convinto che verrà la democrazia in Cina. E vorrei che fosse questo governo - il Presidente Jiang Zemin e il suo premier Zhu Rongji - a cavalcare l'onda del cambiamento e a smantellare ogni resistenza, portando la Cina nel 21° secolo». Bill Clinton si sbilancia con una previsione decisamente ottimista sul futuro del suo nuovo «partner strategico» - previsione che riflette lo stato d'animo quasi euforico di tutta la delegazione americana alla fine di questo lungo viaggio cinese. Ora l'Amministrazione spera che il lacerante dibattito a Washington sulla giusta strategia da adottare con la Cina - frenare il suo potere crescente oppure intrecciare un rapporto di stretta collaborazione - verrà relegato al passato. «Non abbiamo intenzione di "contenere" la Cina», ha detto Clinton con il tono di chi ritiene che la discussione su questo punto sia finita. Il Presidente ha lodato la «visione» di Jiang e la sua capacità di immaginare per la Cina «un futuro diverso». Ed è tornato a riflettere con parole entusiastiche sui motivi che possono aver spinto il leader cinese a far trasmettere in diretta al Paese la straordinaria conferenza stampa congiunta di sabato scorso a Pechino. «Jiang era evidentemente sicuro di sé. Sicuro di sé nel rispondere alle domande dei giornalisti cinesi davanti al Paese. E sicuro di sé nel rispondere in diretta anche a quelle dei giornalisti stranieri. Quella conferenza stampa è stata davvero una svolta. Ha cambiato l'intero contesto della visita». In privato, la Casa Bianca si spinge ancora più in là: «Jiang ha dato via libera alla diretta sa pendo bene che il Presidente avrebbe parlato di Tienanmen ai cinesi. E questo potrebbe essere il suo modo di preparare il terre no ad una revisione del giudizio ufficiale sui massacri di nove an ni fa. E' un modo di fare che i ci- nesi hanno usato anche in passato». L'esito del vertice tra Clinton e Jiang pare destinato ad alterare in maniera profonda l'architettura strategica degli Stati Uniti in Asia. «La nostra sicurezza - ha detto il Presidente - viene enormemente rafforzata da una partnership positiva con una Cina prospera, stabile e sempre più aperta, che lavora con noi sul problema del nucleare nel Sud Est asiatico, sulla crisi finanziaria nella regione, sulla questione coreana e su tante altre sfide». Clinton ha cercato di rassicurare gli alleati degli Stati Uniti nell'area del Pacifico. «La pietra angolare della nostra sicurezza in Asia rimane il rapporto di lunga data con cinque democrazie che sono nostri alleati-chiave - il Giappone, la Corea del Sud, l'Australia, la Thailandia e le Filippine». Ma la «partnership strategica» tra gli Stati Uniti e la Cina è stata accolta con ansia evidente da Taiwan. E con parecchia apprensione anche dal Giappone, l'alleato più importante degli americani nella regione e che adesso, in un momento di grande travaglio e difficoltà, viene trattato con fermezza e severità da Washington. «Nessuno pensa davvero che la crisi finanziaria in Asia possa risolversi senza una ripresa della crescita in Giappone», ha detto il Presidente, che ha definito la profonda recessione giapponese una «anomalia» della Storia. «E c'è un limite a quello che possiamo fare per aiutarli se da parte loro non fanno le cose che devo no fare», ha aggiunto spazienti to. Clinton ha preso atto della ri forma bancaria presentata questa settimana dal governo di Tokyo, ma ha detto che è solo un prjmo passo. E comunque insufficiente. «Spero che dopo le prossime elezioni in Giappone (il prossimo 12 luglio, ndr) non solo il governo ma anche la popola¬ zione giapponese ritroveranno fiducia e determinazione. Se i primi rimedi non saranno sufficienti bisognerà prenderne altri. Finché riusciremo a girare questa situazione nel verso giusto». L'atteggiamento paternalistico nei confronti del Giappone stride con le lodi che il Presidente ha continuato a tessere dei cinesi anche ieri per la loro lungimiranza nell'evitare una svalutazione competitiva dello Yuan che avrebbe avuto conseguenze pericolose. «Loro hanno fatto la cosa giusta», ha detto Clinton. Alla fine della conferenza stampa, galvanizzato dalla grande apertura a Jiang Zemin, un giornalista americano ha chiesto a Clinton se poteva preludere ad un avvicinamento con Cuba. «Nulla mi farebbe più piacere di un chiaro segnale da parte di Cuba circa la sua disponibilità ad essere più aperta, più libera, più democratica», ha risposto Clinton. «Ho cercato in buona fede di avviare un dialogo con Cuba, specie dopo la visita del Papa. Mi rimane ancora qualche strada. Bisogna avere pazienza». Andrea di Robilant Per la Casa Bianca il dibattito pubblico su Tienanmen è stato una mossa di Zemin Bill Clinton a Hong Kong e le proteste contro di lui per la vendita di armi a Taiwan