Siena, la spina della Quercia

Siena, la spina della Quercia UN GIALLO NELLA POLITICA Clima infuocato attorno al sindaco per gli elenchi pubblicati su un giornale Siena, la spina della Quercia Liste massoniche e veleni a sinistra SIENA DAL NOSTRO INVIATO Per avere un'idea bisogna tornare al Vesuvio, quando esplose e cancellò Pompei. Visibile soltanto il fumo, fino all'ultimo istante, ma all'interno del cono un magma tumultuoso, inarrestabile. E' il «caso Siena», una specie di pastigliona che non va né in su né in giù a quelli del Pds, tanto che Fabio Mussi, satrapo rosso della Toscana, sbotta: «Come diessino toscano mi vergogno di tutta questa vicenda senese fatta di liste, controliste e veleni». Una ricetta che al partito non piace e che, se non ci saranno cambiamenti di piani, sarà sistemata da Marco Minniti, che dovrebbe essere spedito in provincia a riportare ordine, chiarezza e glasnost. Personaggi di questa commedia sono gli uomini del potere, che qui è soprattutto quello di sinistra, come il sindaco Pierluigi Piccini eletto la prima volta con quasi il 70% delle preferenze, favori poi ridotti; l'attuale ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer; Roberto Barzanti, che è stato vice presidente del Parlamento europeo; Alberto Bruschini, lui pure pidiessino, a suo tempo arrestato, rinviato a giudizio per concussione e, in attesa della sentenza, nominato direttore generale della Cassa di risparmio di Prato: suo il primo nome chiacchierato; qualche massone doc; qualche altro presunto; un giornale forse usato come arma letale in quello che non è un conflitto pittoresco ma una vera guerra di potere con il Monte dei Paschi sullo sfondo, per non dire come preda. Ma che cosa è successo? Una cosa semplice semplice: nell'autunno del 1993 II Cittadino, 1500 copie di vendita, simpatie mani- feste per la sinistra, pubblicò una serie di elenchi di massoni: 432 nomi e cognomi, divisi in varie liste. Una cosa che fece scalpore, perché fra i protagonisti ne spiccavano alcuni definiti «eccellenti». Per dire, il 16 novembre, il servizio di apertura era corredato da un catalogo con 100 nomi nel quale spiccava in settima posizione quello di Barzanti, in undicesima quello di Berlinguer, e poi quelli di magistrati come Carlo Cappelletti e Dario Denucci che è il procuratore circondariale. Seguirono tre puntate, poi, il 24, chiusura anticipata dell'inchiesta, con gli ultimi 32 nomi. «Quel giorno la polizia perquisì per 6 ore la redazione», ricorda Duccio Rugani, il direttore. Fine del viaggio fra le logge senesi. Eppure, sostiene Rugani, le fonti sembravano buone: «Ricavate da mater.ale storico come atti parlamentari; poi elenchi forniti da gente col brevetto da massone; infine da liste ufficiali, per esempio quella ricavata dall'inchiesta di Agostino Cordova, e quell'altra fornita dal sindaco». Ecco il punto più delicato: Piccini, buon conoscente dell'editore del giornale, Fabio Rugani, medico nonché padre del direttore, aveva consegnato un catalogo con 63 nomi. Doveva essere un'informazione corretta, quella, perché soltanto uno ha protestato. A corredo della lista, un documento sul quale spiccava il nome di Bruschini. Ma forse gli altri elenchi erano azzardati, tanto che in 99 hanno querelato e molti altri hanno chiesto i danni con causa civile. Poiché nella vicenda figurano magistrati, la causa contro Ruga¬ ni & Rugani, editore e direttore del «Cittadino» si celebra a Bologna. Ma lo scontro è qui, sotto la torre del Mangia, anche in questi giorni in cui il cordo del Palio è ancora fresco ed eccitante. All'editore hanno posto i beni sotto sequestro, il giornale ha, come si dice «sospeso le pubblicazioni». Ma Fabio Rugani non è un pentito: «Lo rifarei, dopo aver intestato a qualcun altro quello che possiedo. Il fatto è che ci trattano come un vaso di coccio in mezzo a loro, che sono di ferro». Liste vere, false, presunte, incredibili o credibilissime, c'era di tutto: e va tenuto conto che esser massoni, in Toscana, non è mai stato considerato un peccato mortale, al contrario, non è neppure un peccato, e Licio Gelli viene considerato un'eccezione deprecabile. Il fatto è che per gli uo- mini della Quercia non è pensabile di essere affiliati a qualche loggia, scoperta o coperta che sia, dunque il risentimento è doppio. «Io massone? Ma non diciamo sciocchezze», ha dichiarato Berlinguer. E lui ce l'ha un'idea precisa del perché siano stati compilati quegli elenchi. «A Siena hanno giocato su tutto questo in modo incredibile. Sono faide, le faide senesi. Sono i veleni di una certa politica». E poi, si scelga una chiesa oppure l'altra, ma non si può essere pidiessini e massoni, anche se qualcuno vorrebbe mettere in discussione l'articolo 8 che codifica la separazione. «Io sono dalla parte di Mussi, chi è massone e viene nel Pds da un altro partito, deve lasciare la massoneria». Ma poi, fa capire, quelle liste sono ben servite a qualcosa, basterebbe chiedere «a chi ha usato la diffamazione come strumento politico». Nomi non ne fa, ma osservando queste alchimie politiche non ci vuol molto a capire che il Cagliostro, un Cagliostro delle crete, sarebbe il sindaco Piccini. Perché è stato lui, dicono, a far scoppiare il caso: con la sua lista e soprattutto con l'altro documento. Davanti ai giudici bolognesi lui ha ammesso di aver dato i documenti, carte ufficiali che circolavano nell'ambiente del partito. Ma ha pure ricordato come in quel 1993 ci fosse tutto un grande lavoro di ricerca e informazione: in quei giorni l'Unità aveva pubblicato oltre 2000 nomi di massoni toscani, seguita dal Tirreno. E allora perché non far pubblicare anche da un giornale senese? «Chi teorizza una faida interna nel Pds, chi si sforza di presentare una cia tra realtà senese fatta di grande litigiosità potrebbe avere un obiettivo: sostenere che questa realtà non è in grado di governare il Monte dei Paschi e, allora, meglio passare tutto a Roma». D'accordo, ma quel documento con il nome di Bruschini? «La sua provenienza era anonima e ho chiarito di averlo consegnato all'editore del giornale perché approfondisse, non per la pubblicazione». Ma c'è dell'altro: «Non mi sono mai seduto a un tavolo per partecipare alla spartizione delle poltrone. Non bisogna leggere questi fatti con gli occhi del '93. Le faide non c'entrano niente». Quanto agli attacchi, per chiarire bene, in una lettera ad Agostino Fragai, segretario regionale del Pds, osserva: «Ritengo, senza alcun intento polemico, che quando una provincia altamente democratica come Siena e una struttura di partito così forte e sperimentata sono impegnate in un dibattito intenso e aspro come avviene da anni, sarebbe utile, preventivamente, accertare con pazienza i fatti e confrontare in modo diretto e aperto le varie posizioni e i molti documenti pubblicati». Naturalmente l'opposizione gongola, critica e protesta con toni acuti, d'altra parte pochi le danno torto. Insomma, meglio sarebbe aver messo un tappo al Vesuvio. Vincenzo Tessandori Mussi: «Come toscano provo un'enorme vergogna» E D'Alema manda Minniti a coordinare una «inchiesta» Il ministro Berlinguer attacca «Su di me soltanto grandi bugie Qui c'è una faida interna» hi pubblicati s sinistra: Luigi Berlinguer nistro della Pubblica Istruzione Marco Minniti, spedito a Siena segretario dei diessini lla foto grande: il sindaco rluigi Piccini