Il drammotico finale dell'eroe Di Biagio

Il drammotico finale dell'eroe Di Biagio Il romanista come Baggio in America: prima rivelazione, poi imputato per l'errore dal dischetto Il drammotico finale dell'eroe Di Biagio «Credevo di sognare: ma non dimenticherò più questo Mondiale» PARIGI DAL NOSTRO INVIATO Il destino è come una vendetta. Colpisce a freddo. E non guarda mai chi sta nascosto. Il destino è il compagno di viaggio di quelli che faticano, che lavorano, di quelli che fanno sempre una cosa più degli altri, di quelli che perdono e che vincono. Bisogna rassegnarsi, se hai scelto di starci in mezzo. A volte, premia. Altre volte fa come ieri, alle 19 e 14 minuti di una qualunque sera parigina: si accanisce. Verrà un giorno che non sarà così. Ma oggi Luigi Di Biagio deve passare per questa strada, fatta di una penosa memoria, di una immagine che brucia negli occhi e nella testa. Diranno che andiamo via per colpa del migliore. In fondo è vero. Il destino sa sempre chi scegliere. Anche in America era stato così, aveva punito Baggio e Baresi. E qui ha scelto l'unico giocatore che aveva stupito la critica internazionale, quello che avevano messo nella formazione titolare del mondo, quello che anche ieri era stato il più bravo assieme a Cannavaro. Per essere più bravi a far le cose che fa Di Biagio non serve la luce, la classe, la fortuna, ma un solo talento: bisogna avere un cuore un po' speciale, bisogna avere il sangue di chi fatica e il coraggio di prendersi tutte le cose pagando il suo prezzo. Non sappiamo se questo è il prezzo che deve pagare Luigi Di Biagio, dal Testaccio, Roma, un pischello che la prima cosa che dice quando ti vede è «non fatemi parla, perfavore, non fatelo». Però, sappiamo che - oggi -, la sua storia e la nostra è tutta in queste parole: «Io speravo di non dimenticare più questo Mondiale che mi aveva dato tanto. Mi sembrava di sognare, mi dicevo ah Gigé, sei mica tu questo. Adesso sono sicuro che non me lo scorderò mai più. Solo che quello che sto passando ora non lo auguro nemmeno al mio peggior nemico». Certo, alle 19 e 14 di ieri s'è compiuto in fondo un destino minore, quello di una partita di calcio. Quello che colpisce però è il segno che ha lasciato. Anche nelle piccole o nelle grandi cose, il destino è teatrale, iconografico. Il primo che ha sbagliato ieri è stato Albertini, uno che aveva già pagato male questi mondiali. Mentre lui tirava, Di Biagio si stava facendo il segno della croce. Albertini ha detto che era sicuro «di segnare, nel '94 non avevo sbagliato e pensavo di farcela pure oggi». Barthez gliel'ha parata. Strano: quel rigore, quello sbaglio, è durato un attimo, come se fosse già stato scontato, come se fosse solo una parentesi. Non era nel segno del destino. Sul 4 a 3 per i francesi, invece, è arrivato il momento di Di Biagio. E molti hanno pensato meno male, perché lui era il migliore e non poteva sbagliare. Ci ha messo una vita ad attraversare il campo, e noi non ce ne rendevamo conto perché eravamo prigionieri come lui di quello che stava accadendo. Però, lui conti¬ nuava a camminare, ad avvicinarsi al pallone e c'era tutta una bolgia attorno e nel cuore che saliva, cresceva la paura. «Non so cosa pensavo. Io ricordo solo quello che è successo dopo. Però, sapevo che in allenamento non ne avevo mai sbagliato uno. Ero il migliore dei rigoristi. Pensavo di farcela, questo sì». Di Biagio ha posato il pallone. Barthez saltellava un po'. Era un tempo che si allungava. Non era una certezza che svaniva. Ha fatto una rincorsa brevissima. Un passo, il tiro di destro, senza mai guardare la porta: una sventola. Traversa. Ha alzato gli occhi in quel momento, Barthez ha gioito neanche troppo, perché non pensava che fossero finiti tutti i rigori, Di Biagio s'è inginocchiato, è crollato a terra. La telecamera gli ha zoomato in faccia. Negli occhi di chi perde c'è sempre qualcosa che ci affratella. Il destino aveva scelto il suo uomo. Sono andati tutti a consolarlo, sono passati uno per uno. Baggio ha detto che ci vuole coraggio. «Eh, lo so. Peccato». Pagliuca ha detto che i rigori li sbaglia chi li tira. «Eh, sono le solite frasi che si dicono in questo momento». Lui quando si è affacciato nella sala stampa ha detto: «Chiedo scusa a tutti, ai tifosi, alla federazione, ai compagni. Non posso dire nient'altro. Scusatemi». Al Testaccio, in via Bodoni, c'era un gran silenzio alle 19, 14. Dappertutto, in Italia, c'era un gran silenzio. L'altro ieri, Di Biagio chiacchierava con i cronisti: «A me per l'emozione viene di tutto. Mal di testa, mal di stomaco». Passerà, passa tutto. E il destino tornerà e troverà un'altra occasione. Un'altra partita. Per lui, e forse anche per noi. Pierangelo Sapegno «Negli allenamenti non avevo mai fallito un tiro dal dischetto Ero il migliore dei rigoristi e pensavo di farcela, questo sì Chiedo scusa a tutti e non so dire altro» Albertini: «Ero sicuro di segnare Nel '94 era andata bene, pensavo di farcela di nuovo» COUPÉ 0 U M O Ni- La delusione di Gigi Di Biagio dopo il rigore sbagliato (a sinistra) che regala alla Francia le semifinali Il romanista è stato comunque una delle sorprese più piacevoli dei campionati mondiali di Francia Qui a fianco, la disperazione di Albertini La delusione di Gigi Di Biagio dopo il rigore sbagliato (a sinistra) che regala alla Francia le semifinali Il romanista è stato comunque una delle sorprese più piacevoli dei campionati mondiali di Francia Qui a fianco, la disperazione di Albertini

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