Cermis, è polemica sui primo verdetto di Franco Pantarelli

Cermis, è polemica sui primo verdetto «Hanno pesato pressioni politiche» Cermis, è polemica sui primo verdetto Chiesta la corte marziale per pilota e navigatore NEW YORK. Si saprà entro questo mese se i responsabili della tragedia di Cavalese dovranno affrontare o no la Corte marziale. La richiesta di processarli è stata formalmente presentata ieri dal tenente colonnello Ronald Rogers, che ha condotto l'indagine, e ora la decisione definitiva spetta al comandante del corpo dei marines per l'Atlantico, generale Peter Pace. Le voci dicono che lui è già propenso al sì, tanto che l'avvocato di uno dei piloti ha parlato apertamente di «pressione politica». Dei quattro uomini che quel tragico 3 febbraio erano a bordo dell'EA-6B Prowler, quando ha colpito il cavo della funivia di Cavalese, ha fatto precipitare la cabina e ha condannato a morte le venti persone che la occupavano, due sono stati scagionati perché non erano direttamente coinvolti nella guida dell'aereo. Sono i capitani William Ramey e Chandler Seagraves. Per il capitano Richard Ashby, che era ai comandi, l'accusa è di omicidio involontario, omicidio colposo, danneggiamento di proprietà militare, danneggiamento di proprietà privata e disobbedienza agli ordini ricevuti. Per il suo «navigatore», il capitano Joseph Schweitzer, l'accusa è minore ma ugualmente pesante: omicidio colposo, danneggiamento di proprietà privata e disobbedienza agli ordini. Secondo gli avvocati che li difendono, le prove dell'accusa sono alquanto deboli. «Il capitano Ashby si è trovato di fronte a un'emergenza - è la versione del suo legale Frank Spinner - quando ha visto davanti a sé il cavo della funivia che nelle sue mappe non era indicato. Ha evitato il cavo più alto ma non è riuscito a evitare quello più basso». Una specie di eroe, insomma, che se finirà davanti alla Corte marziale sarà solo per ragioni politiche. «Riuscirà il generale Pace - ha infatti aggiunto l'avvocato - a esaminare le cose imparzialmente e oggettivamente, o si inchinerà alle pressioni politiche che hanno portato a questa affrettata indagine?». Le voci, si diceva, indicano il generale Pace già convinto che il processo si debba fare e che i difensori degli imputati intendano giocare anche la «carta politica». E ciò è abbastanza prevedibile. Oltretutto la carta politica non riguarda soltanto i problemi che l'incidente ha creato con l'Italia, la pubblica promessa di Bill Clinton di andare fino in fondo e la preoccupazione di ciò che accadrebbe se il generale Pace dovesse decidere di non accogliere la raccomandazione di deferire Ashby e Schweitzer alla Corte marziale. Politico è anche il problema della tradizionale tolleranza, da parte delle autorità militari, degli atteggiamenti da bulli dei loro piloti (essenzialmente la causa della tragedia è quella, dice in sostanza la richiesta di processo presentata dal tenente colonnello Rogers). E in fondo politico è anche quel bizzarro principio secondo cui le forze armate americane dislocate nei Paesi alleati sono tenute a usare solo le mappe che loro stesse disegnano perché (che altra spiegazione c'è?) non si fidano di quelle disegnate dai «locali». Il processo ad Ashby e Schweitzer, insomma, rischia di riempirsi di molte cose. Si svolgerà, sempre se il generale Pace dirà «sì», nella base di Camp Lejeune, in North Carolina, dove i due piloti sono di stanza. «Sono sconvolto», ha detto Ashby quando ha saputo di quali reati viene accusato. L'avvocato Beppe Pontrelli, legale di parte civile nel processo per la strage del Cermis e membro del Comitato «3 Febbraio per la giustizia», afferma invece che «quanto avevamo previsto si sta pian piano verificando e il concreto procedimento di minimizzazione dei fatti trova un'eclatante conferma nel risultato dell'istruttoria Usa». Il Comitato «3 Febbraio» ritiene in sostanza che la magistratura italiana «meglio abbia adempiuto al suo compito» in relazione alle responsabilità complessive dell'equipaggio in quanto «se uno dei quattro membri, compreso uno dei due ieri estromessi, avesse fatto rilevare e preteso dal pilota che mantenesse il volo alle procedure da rispettare, il disastro non sarebbe accaduto». Franco Pantarelli

Luoghi citati: Cavalese, Italia, New York, North Carolina, Usa