Clinton sbarca nella Hong Kong rossa

Clinton sbarca nella Hong Kong rossa Incontrerà il leader dell'opposizione ma in privato, per non irritare l'ospite Jiang Zemin Clinton sbarca nella Hong Kong rossa L'Air Force One inaugura il nuovo scalo HONG KONG DAL NOSTRO INVIATO Alla fine del suo viaggio cinese Bill Clinton sbarca nell'ex colonia britannica per incoraggiarla lungo la strada di una democrazia più compiuta, a cominciare dall'elezione diretta della rappresentanza politica. Ma il Presidente accompagna il suo messaggio con una serie di carinerie diplomatiche per non urtare la sensibilità del suo nuovo amico Jiang Zemin, in occasione del primo anniversario del passaggio delle consegne dalla Gran Bretagna alla Cina. Air Force One è stato il primo aereo passeggeri ad atterrare al nuovo aeroporto di Hong Kong, un aeroporto fortemente voluto da Jiang come primo segno tangibile della presenza cinese e da lui inaugurato ieri mattina (l'aereo di Jiang è stato il primo a partire dalla pista principale del Chek Lap Kok). Oggi il Presidente americano incontrerà il leader dell'opposizione, Martin Lee, per ribadire il sostegno americano ad un'accelerazione del processo democratico. Ma la riunione sarà informale e non saranno ammessi fotografi e cineoperatori. La Casa Bianca insiste che questo prevede il normale protocollo. Ma la sensazione è che Clinton, grato a Jiang per l'accoglienza ricevuta in Cina, non voglia fargli uno sgarbo proprio l'ultimo giorno del suo viaggio. Al di là di questi equilibrismi diplomatici il messaggio di Clinton è comunque chiaro. E ieri il Presidente ha voluto ribadirlo durante la sua cena con Tung Chee-hwa, il capo dell'esecutivo di Hong Kong nominato l'anno scorso con l'imprimatur dei cinesi. Attualmente solo 20 dei 60 membri dell'assemblea legislativa sono eletti direttamente dalla popolazione. Gli altri 40 sono nominati con l'avallo di Pechino. «Ad un certo punto dovranno allargare il suffragio universale sia per l'elezione dell'assemblea legislativa che per quella del capo dell'esecutivo», ha spiegato il portavoce della Casa Bianca Mike McCurry riportando le considerazioni fatte da Clinton a Tung. «E' una posizione che gli Stati Uniti hanno già espresso in passato, ma il Presidente ha voluto approfittare della sua presenza qui per ribadirla». Martin Lee, leader del partito Pro-democrazia, sperava probabilmente in qualcosa di più: un sostegno pubblico più marcato, magari anche una dichiarazione formale. Ma l'idillio scoppiato in questi giorni tra Clinton e Jiang evidentemente non favorisce parole forti e gesti enfatici. La nuova partnership strategi- ca sino-americana fa naturalmente la gioia di Tung. Tensioni tra Washington e Pechino renderebbero infinitamente più arduo il suo compito in questa fase di transizione democratica. Il buon rapporto tra Clinton e Jiang, di converso, glielo facilita. Non a caso Tung è parso particolarmente baldanzoso ieri sera quando ha accolto il Presidente: «La sua storica visita nel nostro Paese questa settimana e il suo vertice con Jiang Zemin offrono una prospettiva di pace, stabilità e prosperità non solo in tutta l'a¬ rea del Pacifico ma nel mondo intero». Nato a Shanghai, cresciuto a Hong Kong, istruito in Inghilterra e formatosi professionalmente a Boston e New York, Tung ha sottolineato il suo orgoglio per la riunificazione di Hong Kong con la madrepatria. Ma ha anche voluto rassicurare il suo ospite circa le intenzioni di Pechino: «I leader del governo centrale sono decisi ad assicurare il successo della Basic Law (che dovrebbe garantire il concetto "un Paese, due sistemi", ndr). E Jiang Zemin ha riaffermato questa sua determinazione proprio ieri». E tuttavia rimane parecchia incertezza sui tempi del passaggio ad una democrazia più compiuta. «La nostra struttura politica evolverà gradualmente per arrivare all'obiettivo finale del suffragio universale», dice Tung. Quando? In base alla tabella di marcia già fissata dalla Basic Law ma anche «in funzione degli interessi della popolazione di Hong Kong». Un fraseggio decisamente ambiguo, che preoccupa il partito di opposizione di Martin Lee, il quale, pure essendo in minoranza (20 seggi) nell'assemblea legislativa, ha ottenuto il 60 per cento dei suffragi nelle ultime elezioni e gode dunque di un vasto appoggio della popolazione. Ma non soddisfa nemmeno gli Stati Uniti, che per il momento preferiscono farlo sapere sottovoce. Andrea di Robilanf II capo dell'esecutivo nominato da Pechino gli promette una «graduale evoluzione verso il suffragio universale» nell'ex colonia britannica, ma i tempi restano vaghi Sopra, il presidente Usa Bill Clinton in un momento di relax a Guylin, Cina A sinistra, il traffico aereo di Hong Kong com'era (il vecchio aeroporto era praticamente in città) e come sarà (per costruire il nuovo è stata spianata una montagna)