Generali si aggiudica Bsi di Zeni

Generali si aggiudica Bsi Generali si aggiudica Bsi Shopping elvetico da 2250 miliardi LA ZAMPATA DEL LEONE QMILANO UESTIONE di tempo», avevano detto sabato, all'assemblea degli azionisti, il presidente Antoine Bernheim e l'amministratore delegato Gianfranco Gutty. Detto, fatto. Quattro giorni e l'acquisto del 100% della Bsi, la Banca della Svizzera italiana, da parte delle Generali è stato ieri ufficializzato: la Sbs, Società di Banche svizzere, cederà la banca ticinese (e la società di informatica Boss Lamb) alla compagnia del Leone per un po' meno di 2250 miliardi di lire. Tutto secondo copione, dunque: nessuna rottura in dirittura d'arrivo. Da tempo si sapeva delle trattative in corso tra Generali e Sbs, si sapeva che l'Sbs aveva messo in vendita la Bsi dopo la fusione con J'Ubs che ha dato vita al secondo più grande competitor bancario al mondo, un colosso troppo invadente per la «piccola» Svizzera al punto che la commissione elvetica per la concorrenza aveva dato l'ok alla fusione Ubs-Sbs solo a patto che una serie di controllate (e fra queste la Bsi) fossero state messe sul mercato entro il marzo del '99. Da quel momento per la Bsi si erano fatti avanti in molti e tra questi alcuni colossi: oltre a Generali, la Deutsche Bank, la Banque nationale de Paris, la belga Generale de Banque, l'olandese Rabobank e la Republic National Bank di New York. Piccola preda, la Bsi, ma tanto, tanto appetibile per i suoi 37 mila miliardi di patrimonio gestito e i 34 mila clienti sparsi in undici Paesi. Vero piccolo salvadanaio, 800 miliardi di mezzi propri, ai primi posti in Svizzera nel private banking, nome prestigioso, presente in tre continenti là dove serve, compresi certi paradisi fiscali come l'Isola Guernsey e Nassau, la Bsi è da sempre una delle banche più discrete e più qualificate nella gestione di patrimoni. E proprio questa sua particolarità, la sua forza nel private banking, ha spinto le Generali all'acquisto che, da quanto è stato comunicato ieri da Trieste e da Zurigo, verrà perfezionato entro il terzo trimestre dell'anno. Subito dopo l'estate, insomma. «E' tornata a casa», dicono adesso in Piazza Affari (che ha premiato con un + 2,73% le Generali) commentando l'acquisto della Bsi, la più antica banca tici- nese (fondata nel 1873), che all'inizio fu della Comit - sì, proprio quella Comit che oggi ha come azionista forte le Generali - prima di passare in mani Usa e poi alla finanziaria ginevrina Unigesrion che l'aveva a sua volta ceduta alla Sbs. Vecchia conoscenza, la banca ticinese un tempo nota anche come la banca dei milanesi e dei lumbard danarosi in cerca di riservatezza, ma preda ambita se è vero, come un po' tutti danno ormai per scontato, che una delle strade del futuro nella grande finanza passa attraverso l'integrazione stretta tra banche e assicurazioni. Non a caso, proprio la compagnia del Leone aveva dato vita (dopo l'acquisto, nel '96, del gruppo Prime) alla Banca Generali, piccolo passo ma evidentemente solo il primo di una serie. Così, mentre-Piazza Affari continua a ipotizzare integrazioni possibili - e qualcosa di più - tra Generali e Comit fantasticando su un'edizione italiana dell'integrazione avvenuta in terra svizzera tra Crédit Suisse e Winterthur, ecco il blitz su Bsi che porta a 300 mila miliardi gli attivi complessivamente gestiti dal gruppo triestino. Blitz che ar- riva in un anno a dir poco frenetico per il gruppo triestino: la battaglia di Francia per Agf finita poi all'Allianz ma in cambio del gruppo tedesco Amb e delle francesi Gpa Vie, Gpa Iard e Proxima, più l'acquisto dell'israeliana Migdal. Una strategia precisa, dunque, che passa dal rafforzamento nel core business assicurativo ma anche nel potenziamento nel settore del risparmio gestito, dell'asset management. L'ultima conferma, se necessaria, era ve¬ nuta dalle parole usate in assemblea da Bernheim e Gutty sabato scorso. Perché chiedete ai soci 4 mila miliardi?, era stata la domanda di alcuni azionisti. Pronta la risposta del vicepresidente Gianfranco Gutty: «Si può scegliere di rimanere quello che si è ed essere soddisfatti, ma le Generali hanno fatto una scelta diversa, vogliono crescere e competere su mercati e scenari che superano i confini europei e quelli dei tradizionali settori di un gruppo assicurativo». Guai a star fermi, insomma. «Il gruppo è cresciuto e si è notevolmente rafforzato in molte aree del Vecchio Continente ma mostra ancora qualche debolezza in Inghilterra e nel Sud America», aveva aggiunto il presidente Bernheim lasciando capire dove, più che altrove, le Generali stanno cercando. Inghilterra, Brasile, Argentina, Cile, Messico: qui i prossimi blitz del Leone? «Possibile», fanno sapere gli analisti che da sempre seguono le strategie della compagnia triestina convinti che la campagna acquisti, sia sul fronte assicurativo che in quello delle banche e dell'asset management, non sia finita. A conferma citano l'ultima riga del comunicato emesso ieri da Trieste: l'obbiettivo, si legge, è di accrescere l'importanza delle Generali «come operatore globale nel comparto dei servizi finanziari e previdenziali». Armando Zeni Il gruppo di Trieste spinge sulla strada dell'integrazione tra assicurazioni e banche Antoine Bernheim e Gianfranco Gutty