Dopo un anno la Libia rimanda a casa Sarritzu

Dopo un anno la Libia rimanda a casa Sarritzu Ritomo in Sardegna con l'aereo di Grauso Dopo un anno la Libia rimanda a casa Sarritzu Gheddafi restituisce il passaporto anche alVingegnere fermato a giugno ROMA. Marcello Sarritzu è tornato a casa, in Sardegna. Dopo un anno di estenuante tira e molla ieri mattina l'operaio sardo è stato finalmente rilasciato dalle autorità libiche. Assistito dal console generale a Tripoli ha lasciato subito la Libia varcando la frontiera tunisina. Sarritzu ha dovuto però compiere lunghissime formalità: era senza passaporto, perso sembra dalle autorità libiche che glielo avevano ritirato. Una volta in Tunisia tutti hanno tirato un grosso sospiro di sollievo e si sono diretti verso Djerba, dove c'è il più vicino aeroporto internazionale. Lì il tecnico cagliaritano ha atteso l'arrivo di un velivolo privato dell'editore Nichi Grauso con a bordo la moglie, rifiutando di salire sull'aereo dell'Alitalia su cui gli era stato riservato un posto. In tarda serata un'altra buona notizia: le autorità libiche hanno comunicato che poteva rientrare in Italia anche l'ingegner Franco Canepa, fermato il 25 giugno. Secondo quanto appreso dalla Farnesina a Canepa è stato restituito già ieri il passaporto. Non solo. Le autorità libiche hanno restituito anche il motopeschereccio «Padre Pio» ai quattro marittimi siciliani che erano stati fermati il 27 giugno e poi rilasciati. In Libia rimarrebbero altri sei connazionali: Angelo Guidotti (a cui è stato ritirato il passaporto) e, in carcere a Tripoli, cinque pescatori di Mazara del Vallo. Sono stati i genitori di Giuseppe Sarritzu i più increduli alla notizia della sua liberazione. «Non mi sembra vero. Sono molto contenta», ha ripetuto più volte la mamma, Franca Mameli, mentre Antonio, il papà, si è sfogato in lacrime: «Eravamo distrutti. Della liberazione l'abbiamo sentito al telegiornale di Videolina (l'emittente sarda di Grauso, ndr.)». Felice in particolar modo l'onorevole Vittorio Sgarbi, che ha ribadito: «la liberazione di Sarritzu è stata voluta da Gheddafi, in segno di riconoscenza per la violazione dell'embargo Onu sui voli per la Libia compiuta da me e da Nichi Grauso il 24 aprile scorso». Sempre secondo Sgarbi: (di fatto che non si trattasse di un prigioniero politico ha reso il caso più difficile. I libici si sono stupiti dell'animazione suscitata in Italia da una vicenda che giudicano strettamente personale e non politica. Anche loro rivendicano l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, e in questo caso c'era una violazione della legge». Ovvero il passaporto dell'italiano bloccato, in attesa del pagamento di 124 miliardi di tasse, poi ridotti a sette. «Ecco perché - sostiene Sgarbi - un gesto altamente simbolico come la violazione dell'embargo, fatta da Grauso e me con due piccoli velivoli, ha sbloccato la situazione». «Soddisfazione e gioia della Regione e di tutti i sardi per un evento tanto atteso e per il quale in tanti abbiamo lavorato e ci siamo impegnati». Questa la reazione del presidente della Giunta regionale, Federico Palomba, appena appresa la notizia della liberazione del conterraneo, al quale ha rivolto un saluto di «ben tornato a casa», a Villaputzu, dove è nato 44 anni fa. Giuseppe Sarritzu si trovava in Libia dal 1991, per eseguire lavori alle dipendenze della «Sii costruzioni generali», di Milano, una società del gruppo D'Adamo. Il suo passaporto, per una prassi consolidata in Libia, era depositato presso il Dipartimento tasse di Agedabia. A garanzia delle pendenze tributarie della ditta - fallita nel giugno 1997 nei confronti del governo libico. Ma dopo alcuni mesi la situazione era diventata insostenibile, anche perché non gli era più consentito lavorare. Il caso era stato sollevato dalla moglie, Anna Pitzettu, che aveva rivolto vari appelli, anche al presidente Scalfaro. [iv. bar.)