Uccide e mangia il cigno

Uccide e mangia il cigno E' un attore di 53 anni. L'animale era il vanto dei giardini comunali Uccide e mangia il cigno Denunciato a Trieste: «Avevo fame» TRIESTE. L'ha catturato al giardino pubblico, gli ha tirato il collo candido e flessuoso. E alla fine se l'è mangiato. E' finita in tragedia la vita di Brigitte, 28 anni, cigno reale che era proprietà e vanto del Comune di Trieste. Finirà invece davanti al pretore della procura della Repubblica la storia del suo carnefice, l'uomo accusato di aver messo in pentola la malcapitata Brigitte. Il «mangiatore di cigni» è Gianfranco Campana, 53 anni, triestino, attore e pianista (dice di aver lavorato con Carmelo Bene e con il Piccolo di Milano), da alcuni mesi in affidamento ai servizi sociali. L'uomo, che davanti ai carabinieri si è autoaccusato di aver giustiziato e divorato il cigno, dovrà rispondere oltre che di furto aggravato, anche del reato che riguarda l'uccisione e il maltrattamento di animali altrui previsto dall'articolo 638 del codice penale. Unici testimoni del furto sono stati il compagno piumato di Brigitte, il busto di James Joyce il cui sguardo spazia sul laghetto del giardino, e il professor Bruno Pechar, 50 anni, insegnante di una scuola inedia di Trieste. Quella sera Pechar ha notato l'uomo con sottobraccio un sacco con dentro l'animale. Lo ha inseguito per un tratto. Poi Campana si è voltato e lo ha liquidato secco: «Fatti gli affari tuoi. L'animale è mio e ne faccio quello che voglio. Me lo mangio perché sono carnivoro. Non mi rompere le scatole, che te ne frega di questa bestia». Al furto è seguito il banchetto. Perché è presto detto: Campana aveva fame, pura e semplice fame. Così almeno ha riferito raccontando in dettaglio la dinamica dell'uccisione avvenuta al calar del sole. L'attore e pianista triestino ha raggiunto il laghetto dei cigni del giardino con la precisa intenzione di uccidere l'animale. Per afferrarlo, molto probabilmente, lo ha colpito con un bastone. Una volta tramortito e catturato lo ha messo dentro un sacco nero dell'immondizia. Poi si è diretto in una trattoria del centro. Al cuoco del locale, esterrefatto, Campana ha esibito il cigno tramortito e chiesto, con disinvoltura, di servirgli un'anatra all'arancia. Immediato il rifiuto del cuoco. Campana, però, non ancora pago ha finito la bestia proprio in mezzo alla sala della trattoria nella quale in passato aveva suonato il pianoforte. Come fosse un piccione o una gallina al povero cigno reale è stato torto ancora una volta il collo. «Ma non l'ho fatto soffrire, non sono un sadico», ha detto ai carabinieri. Il banchetto, che tra l'altro avrebbe sfamato una decina di persone, si è consumato solo più tardi, a Barcola, sul lungomare di Trieste, dopo un accurato spennamento e un'adeguata cottura in pentola. «La carne a dire il vero era un po' dura», ha commentato poi senza imbaraz¬ zo il carnefice. Ma la storia non finisce qui. Da due giorni Campana, e la sua fantasia, sono chiusi nella cella del carcere di Trieste. Oltre che della morte del cigno, dovrà rispondere anche di una «spaccata» compiuta in un negozio di penne. Penne vere, nella sua mente simili alle penne di cigno. In tutto Campana ha rubato sei stilografiche per un vaiore di 3 milioni di lire. Il colpo è andato all'aria però nella fase due della rapina: l'acquisto, in un altro negozio, di una bottiglietta di inchiostro. A beffarlo è stato il fatto che indossava una giacca rosa. Un esibizionismo che gli è costato caro. Elena Marco

Persone citate: Carmelo Bene, Gianfranco Campana, James Joyce

Luoghi citati: Campana, Comune Di Trieste, Milano, Trieste