Il culto del Santo Sterminatore

Il culto del Santo Sterminatore Il pellegrinaggio alla tomba del colono che sparò sui musulmani nella moschea d'Abramo Il culto del Santo Sterminatore A Hebron il tempio dell'integralismo ebraico I TORMENTI O DI ISRAELE HEBRON DAL NOSTRO INVIATO Nella cittadina di Kiryat Arba, sulle terre occupate che circondano Gerusalemme, gli ebrei ortodossi coltivano la memoria di un assassino cui danno il nome di Santo. Il Santo-Peccatore è Baruch Goldstein, il medico colono che nel febbraio '94 irruppe nella moschea di Abramo, a Hebron, e sparò sui credenti inginocchiati sui tappeti per pregare. Morirono in ventinove. I feriti furono un centinaio. Sugli splendidi intarsi di marmo alle pareti della moschea, un musulmano mi mostra le tracce ancora visibili delle pallottole, tirate non in una direzione ma in tutte, come avviene nelle stragi razziali. La tomba di Goldstein occupa un luogo a parte, nella colonia di Kiryat Arba. E' disposta su un ampio spazio erboso: solitaria, solenne, attorniata da candelabri. E' una sorta di tempio all'aperto, cui si accede percorrendo un viale di granito tra gli alberi. Sulla tomba è scritto che Goldstein, «un Santo», ha «dato la sua vita per il popolo ebraico, per la Torah, per la patria ancestrale». La sua persona «è innocente, pura di cuore». Il sepolcro poggia su un ottagono di pietra, circondato da fontane per lustrare le mani dei visitatori. Alle spalle, urne contengono libri santi. I pellegrini sono numerosi, perché il sito è sacro per ortodossi e integralisti. Una legge è stata sottoposta al Parlamento, perché il mausoleo sia rimosso e l'insistente pellegrinaggio in adorazione del crimine cessi. Ma Kiryat Arba si è adombrata, ha minacciato. La massima autorità spirituale della colonia costruita ai margini di Hebron nel '70, rabbino Dob Leor, ha decretato il divieto assoluto di toccare il sepolcro. Così anche Baruch Merzal, capo del dissolto movimento integralista Kach, e seguace del rabbino Meir Kahane ucciso nel '90 a New York da un egiziano. Merzal ha detto che i coloni «scuoteranno i cieli» se il mausoleo sarà violato, e useranno violenza. Baruch Merzal non è turbato, dalla proibizione del Kach. In privato e in pubblico, promette epurazioni etnico-religiose in tutti i territori occupati dopo la guerra dei sei giorni. In particolare, giura di «ripulire» dai palestinesi l'adorata Hebron. Adorata perché qui, negli antri della moschea, si ergono grandiosi i cenotafi dei patriarchi e delle loro spose: Abramo e Sara, Giacobbe e Lea, Isacco e Rebecca. Gli ortodossi non sono sfiorati dal sospetto che i patriarchi siano sacri anche per altre religioni monoteiste: per la musulmana, e la cristiana. Musulmani e cristiani non sono d'altronde che eresie, di cui non si ha cura: è quanto pensano gli ortodossi, e spesso i non ortodossi. Chi si addentri in Kiryat Arba vedrà come sia potuto nascere, l'integralismo ebraico che ha voluto la morte di Yitzhak Rabin e del processo di pace. Vedrà gli sguardi degli abitanti, quando chiedi dove si trovi la tomba di Goldstein. Sguardi gelosi, di zeloti. Questa colonia è patria degli zeloti. «Sei ebrea?», replicano alla domanda, e le donne rifiutano la risposta dopo averti squadrata, voltano il capo offuscate perché chiedi di Goldstein e non porti l'ortodosso copricapo. Sulla cresta della collina di fronte è Hebron: si sentono gli imam che cantano col megafono per raccogliere i fedeli musulmani. E' strano come i cieli sembrino stanze chiuse, asfissianti qui a Hebron, in certi punti di Gerusalemme - quando son saturi di tante diverse preghiere rivolte allo stesso Dio: come fossero colmi di sabbia, di pietre, e non fossero più cieli ma terra che viene innalzata, divinizzata, trasformata in secondo firmamento. A Hebron e nei villaggi arabi circostanti è potente l'integralismo palestinese, gemello dell'ebraico. La moschea di Abramo è stata divisa, e adesso c'è uno spazio riservato alla sinagoga. Sulla spianata davanti ai due ingressi si aggirano soldati Onu, incaricati di interporsi fra i palestinesi e le famiglie ebree che hanno voluto restare a Hebron. Sono presenti anche italiani, giunti volontari in questo luogo dove si guerreggia sotto i cieli e nei cieli, attorno pietre e terra. Anche questo è strano: nel '48 fu edificato uno Stato per normalizzare l'esistenza ebraica, e a Hebron vivono famiglie che esecrano tale normalità, e la cui anima ha una sola grande sete: sete di ghetto. Ghetto per sé, ghetto per gli arabi. Anche i soldati israeliani che sorvegliano la sinagoga squadrano ingelositi il visitatore, come gli ortodossi di Kiryat Arba: «Sei ebrea?». La domanda ricorre con più frequenza d'un tempo, in Israele. La sete di ghetto va insieme con il messianesimo, che è sempre esistito nell'ebraismo. Già negli Anni 20 - e poi negli Anni 60, 70 - Gershom Scholem metteva in guardia i sionisti contro le tentazioni messianiche, e li invitava a separare la politica dalle utopie di redenzione religiosa. Ma oggi il messianesimo si estende, diventa messianesimo politico che partecipa al potere, si fonde con il nazionalismo, diffida della democrazia. Il movimento dei coloni appartenenti al Gush Emunim, Blocco della Fede, nasce da questo impulso apocalittico-rivoluzionario, e anche il Kach e i molti rabbini che difendono, a volte raccomandano, comunque tollerano le azioni di Goldstein, o di Yigal Amir assassino di Rabin. Nel '97, quattro seguaci del movimento Kach pubblicarono un libro in onore di Goldstein - il titolo è L'Uomo Benedetto - e nessun rabbino, neanche moderato, disse una parola. Il volume comprende un articolo del rabbino Yitzhak Ginsburg, capo delle yeshiva - scuole religiose ebraiche - in cui Goldstein è chiamato «Santo»: «La sua azione nella moschea è l'adempimento di comandamenti essenziali nella legge religiosa, tra cui l'obbligo di vendicarsi contro i non ebrei, lo sterminio di non ebrei appartenenti al seme di Amalek, la santificazione del Nome Divino». I massacri hanno permesso «di capire chiaramente» che «la vita di un ebreo è preferibile alla vita di un non ebreo». L'anno prima, il rabbino Eliahu Bakshi Doron aveva elogiato la «purezza» di Finees, lo zelota che nella Bibbia trafigge nel basso ventre l'israelita Zimri, colpevole di amare una donna madianita (Numeri, 25). In una prospettiva messianica, la confusione fra sacri testi e accadimenti contemporanei è normale. Nella Bibbia è scritto che «vi sarà guerra del Signore contro Amalek, di generazione in generazione», e per gli integralisti la guerra continua diventa perno dell'esistenza, conferma la redenzione. La redenzione è annunciata da figure messianiche singolar¬ mente simili a quella di Sabbatai Zevi, il falso messia del '600 su cui Gershom Scholem - sottile studioso della kabbala e del messianesimo ebraico - ha scritto uno dei suoi libri più affascinanti (Sabbatai Zevi - II Messia Mistico, Princeton '73). Nel millenarismo sabbatiano la legge ordinaria cade in disuso, e con essa sono aboliti i Dieci Comandamenti, la Torah, le autolimitazioni apprese tramite l'osservazione dei precetti. Tale fu l'insegnamento del messia di Smirne che stregò i fedeli d'Europa, d'Oriente: negli Tempi Ultimi l'ebreo torna finalmente nella Palestina promessa da Dio, e le norme elaborate nell'Esilio decadono. E' il regno dell'anomia, la trasgressione diventa addirit¬ tura atto di santità, e per molti seguaci perfino l'apostasia finale di Sabbatai Zevi - la conversione all'Islam, per evitare la pena di morte nelle prigioni turche - si trasfigura in divino tradimento. E' l'adorazione del «Santo-Peccatore», è l'estasi dello squilibrio mentale, è il nichilismo che ritroviamo oggi nel culto di Baruch Goldstein. Per gli ultraortodossi, detti anche Uomini in nero, i comandamenti che ordinano di non uccidere, di non rubare terre, perdono valore. Prevale un'unica legge, adatta all'età della redenzione: la legge che ordina di difendere eretz Israel - le terre sante d'Israele - e di uccidere il non ebreo Amalek. Il crimine viene santificato da ortodossi e scuole rabbiniche, la redenzione presuppone la catastrofe, la sospensione rivoluzionaria delle tradizioni conferma l'arrivo del messia. Il sionismo laico tenne a bada queste sotterranee pulsioni sabbatiane, e per molti fu un tentativo laico di aggirare la fusione tra fede e politica. Lo pensava ieri Scholem, polemizzando contro il messianesimo di Benjamin e le delusioni religiose di Martin Buber, e oggi lo pensa Abraham Yehoshua, scrittore che incontro a Haifa e che si irrita quando gli chiedo della fine dell'ideologia sionista. Il sionismo non fu mai un'ideologia, sostiene: «Fu la semplice decisione di dare agli ebrei uno Stato sovrano in Israele, per metter fine alle incertezze e ambiguità di 1800 anni di diaspora, e di offrire un permanente rifugio attraverso la Legge del Ritorno. Non ho nulla contro i nuovi storici che criticano le guerre israeliane, ma il bersaglio è sbagliato: se la prendano con politici e governi, non con il sionismo. Il sionismo ha vinto la scommessa: ha integrato sia pur contraddittoriamente molte etnie, razze. Israele non è uno Stato razziale, e l'ebreo non è una razza. Se fosse tale, un convertito dovrebbe restare ebreo, il che è impossibile. Ebrei si nasce, è vero, ma si può sempre smettere di esserlo, di ritenersi tale». Ma Scholem stesso intuiva l'esistenza di ambiguità, nel movimento che diede vita allo Stato di Israele. Parlava di una parte «nascosta, esoterica, mistica», del sionismo. Temeva la contaminazione del messianesimo sabbatiano, e consigliava di non usare mai terminologie religiose a fini politici: «La grandezza del sionismo è di esser stato un movimento che si è assunto le proprie responsabilità storiche, e che ha voluto che noi ebrei imparassimo a esser responsabili delle nostre azioni, senza più pretese messianiche». Destino degli ebrei e di Israele non era la redenzione collettiva, ma «vivere senza illusioni in un tempo senza Messia» (G. Scholem, Fidelite et Utopie, Parigi '78, pagg. 69 e 100). Scrive Selli Rachlewski in un libro che uscirà in settembre (The Messiah's Donkey - L'asino del Messia) che i rabbini favorevoli al santo peccato obbediscono alle leggi del rabbino Kook, il fondatore del sionismo religioso, e a quelle del figlio Zvi Yehuda: «E' la legge biblica del Rodef, che legittima l'uccisione di chi sta per ammazzare un altro, e che oggi viene tradotta: è permesso uccidere chiunque indebolisca con l'insubordinazione la forza militare di Israele». Secondo Rachlewski, l'ebraismo sta traversando una rivoluzione messianicocabalista. Per i rivoluzionari, gli ebrei secolarizzati non sono che l'asino, sulla cui schiena il Messia potrà arrivare. Non pochi pensatori in Israele condividono oggi le nascoste apprensioni di Scholem. Temono che le forze ancora vive del sionismo sottovalutino la potenza distruttiva del New Age ebraico, che Netanyahu sfrutta elettoralmente. E' quello che sostiene David Landau, giornalista di Ha'aretz: «Peres poteva spartire Gerusalemme, finche ancora poteva. Invece le sinistre non smettono di usare un pathos religioso, quando parlano delle conquiste del '67. L'integralismo delle terre nacque in quell'epoca, e il sionismo socialista non vide montare i pericoli. Furono ipnotizzati anch'essi, cadendo in una sorta di trance messianica secolarizzata. La fede messianica, carica di catastrofe, è la nuova ideologia, anzi l'escatologia, della destra di Netanyahu. Essa si applica all'intera terra promessa, mentre per la sinistra si applica solo a Gerusalemme. La fuga dalla razionalità è la stessa, in ambedue i casi». E' la fuga di una parte degli israeliani, e anche degli ebrei in diaspora che criticano Netanyahu, ma omettono di denunciare i rabbini neo-fascisti, i mausolei in onore del crimine. E' la complicità con un messianesimo politico che non è nuova in questo secolo: un messianesimo che promette la redenzione non della singola persona come nelle vere religioni, ma di un intero collettivo: sia esso una razza, una classe eletta, un popolo divinizzato, o un lembo di terra». Barbara Spinelli (2 - Continua) Sul sepolcro-tempio è scritto che Baruch Goldstein ha «dato la vita per il popolo ebraico per la Torah, per la patria ancestrale». Il Parlamento ha tentato di far rimuovere il sepolcro, ma i rabbini hanno minacciato di «scuotere i cieli» Kyriat Arba è patria di zeloti. Sei ebrea? chiedono le donne, e si girano offuscate perché non porti il copricapo ortodosso Fu creato uno Stato per normalizzare la vita di un popolo e qui c'è gente che esecra la normalità e ha sete di ghetto Qui accanto, soldati sorvegliano una manifestazione palestinese a Hebron. A destra, il rabbino estremista Meir Kahane. Sotto, Baruch Goldstein, l'autore della strage della moschea di Abramo a Hebron e lo studioso del pensiero ebraico Martin Buber