L'industria dell'Integrazione di Giuseppe Zaccaria

L'industria dell'Integrazione KBBBn^WWBnlBoT10PBlWlOlWWld[itlB!^^^^^»S OLTRE LA SOLIDARIETÀ' L'industria dell'Integrazione «Accoglierlipuò aiutare anche le nostre terre» LE statistiche parlano di tremila sbarchi solo nell'ultimo anno, il che significa che la cifra andrebbe perlomeno raddoppiata. E se qualcuno ancora s'illudesse che pattugliando i mari la calata dei clandestini possa essere bloccata, basta rivolgersi alla capitaneria di porto di Reggio. Ogni giorno, spiegano, al largo delle coste calabresi incrociano circa 500 navi: davvero qualcuno può pensare che un simile traffico possa esser controllato? Raccontano che da Sfax, sulla costa tunisina, altri mille profughi siano in attesa d'imbarco per rove sciarsi verso l'Italia e l'Europa: la «sindrome albanese» cambia nome ma ormai si propone anche per la Calabria, ed in forme sempre più allarmanti. Tanto vale dunque affrontare il problema per quello che è: una questione semplicemente irrisolvibile se considerata in termini di repressione e controllo. Il sindaco di Lampedusa chiede aiuto, i continui sbarchi di clandestini rischiano di rovinargli la stagione turistica, dalle coste joniche si chiede al governo di intervenire. Ci sono però altri funzionari ed amministratori che cominciano a vedere la cosa in maniera diversa. Accade sul versante ionico calabrese, l'area cha sta contendendo alla Puglia il primato dell'immigrazione clandestina. In pochi mesi gli arrivi sempre più massicci (di curdi, soprattutto) hanno provo- cato una reazione simile a quella con cui la Puglia accolse il primo, disperato sbarco degli albanesi. Solidarietà dunque, compassione umana, ma la solidarietà non può durare in eterno. Ecco allora che il ripetersi del fenomeno ha preso a dare origine a qualcosa di diverso. «Poiché, piaccia o no, le nostre coste come quelle pugliesi non rappresentano più solo il confine meridionale dell'Italia ma i confini dell'Europa di Schengen. E quello dei clandestini è problema europeo». Gerardo Mannello è il sindaco di Badolato, un piccolo Comune di cui si parla molto, luogo in cui anni fa si pensò di mettere in vendita un centro storico ormai semiabbandonato. Oggi Badolato è anche uno dei centri-pilota nell'accoglienza dei clandestini. Oggi, il motore di un'idea che senza aver paura delle parole lo stesso Mannello definisce r«immigrato come risorsa». «Quel che abbiamo cercato di far capire al governo centrale ed all'Unione europea - spiega il sindaco - è un concetto per noi semplice ma duro a passare. Bisognerebbe pattugliare le coste, impedire gli sbarchi, su questo tutti sono d'accordo, ma poiché è impossibile tanto vale cercare soluzioni diverse. Noi ne proponiamo una nell'interesse di tutta Europa, perché non fare in modo che gli immigrati restino qui?». Michele Ranieli, che della Regione Calabria è assessore alla cultura ed ai servizi sociali, sta lavorando da parecchio a questo progetto. Non si tratta di costringere alcuno a restare in Calabria, spiega, ma centri come Badolato o Soverato (la città che a Natale accolse con applausi lo sbarco di 800 curdi) hanno già ricevuto un miliardo e mezzo ciascuna per allestire centri d'accoglienza. Altre strutture stanno sorgendo a Lamezia, Cropani, Gagliato. Vogliamo definirla industria della solidarietà? A vederla cinica¬ mente si può anche dire così, senza però che la sostanza cambi. «Se l'accoglienza di rifugiati o di clandestini si può risolvere in un beneficio anche per la collettività di un piccolo centro calabrese, perché non farlo?», insiste Mannello. «In quest'area esiste una serie di microeconomie che possono riprendere fiato, e grazie ad interventi che si compiono nell'interesse di tutti». Dei tremila (o seimila) clandestini sbarcati in Calabria meno di quattrocento sono ancora nei centri d'accoglienza. Tutti gli altri un po' alla volta se la sono filata. A piccoli gruppi, in treno, con l'autostop o grazie alle organizzazioni che ormai si ramificano nel nostro Paese. Partono verso la Germania, che rappresenta ancora il loro sogno. A Reggio Calabria un'organizzazione non governativa - il Centro regionale di intervento per la cooperazione - sta aiutando i Comuni della fascia ionica nei contatti con le organizzazioni europee. L'ingegner Piero Po.'imeni è responsabile dell'area «Paesi in via di sviluppo», ormai più realisticamente definita «Paesi in via d'impoverimento». «Abbiamo presentato all'Unione europea un progetto per l'integrazione culturale ed economica di almeno cento immigrati. E' chiaro che senza un'attività di lavoro nessuno deciderà di restare: proponiamo, oltre che le case, la nascita di laboratori, corsi di lingua, anche di un giornale in lingua curda». In qualche Comune, spiega, ci sono famiglie curde che tentano di riprendere attività di ceramisti o tessitori. A Badolato domenica prossima aprirà un ristorante curdo in cui lavorano cinque persone. «E poi sa cos'è successo pochi giorni fa? Una decina di curdi fuggiti verso la Germania sono tornati, stanno meglio qua. Non potrebbe essere una via?». Giuseppe Zaccaria Alcuni sindaci calabresi si mobilitano «Tanto controllare le coste è impossibile»

Persone citate: Gerardo Mannello, Michele Ranieli, Piero Po