«Azione penale obbligatoria? Ipocrisia» di Giovanni Bianconi

«Azione penale obbligatoria? Ipocrisia» Il presidente della Camera: ma non voglio toccare l'indipendenza dei magistrati «Azione penale obbligatoria? Ipocrisia» Violante: un responsabile per la politica criminale ROMA. «L'azione penale, in Italia, è assolutamente discrezionale; pensare che sia obbligatoria è un'ipocrisia istituzionale. E allora, a chi spetta la gestione della politica criminale?». Luciano Violante pronuncia questa frase alla presentazione di un volume degli Annali della storia d'Italia di Einaudi, in un contesto scientifico e con l'intento di mettere sul tavolo un problema, non proporre soluzioni. Ma è più che sufficiente per aprire una questione politica che non morirà con la discussione intorno a un libro di storia. «La titolarità della politica criminale - dice ancora Violante - deve far capo a un organismo politicamente responsabile; il problema è come giungere ad un responsabile politico senza toccare l'indipendenza della magistratura». La precisazione è essenziale, e a scanso di equivoci il presidente della Camera la ripete più volte: «Non bisogna toccare l'indipendenza dei pubblici ministeri». Poi però si pone un'altra domanda: «E' giusto lasciare le scelte di politica criminale ai 120 procuratori sui quali non ci sono controlli, e che non rispondono a nessuno?». Evidentemente no, secondo Violante, che intravede una possibile soluzione all'interno degli stessi uffici delle Procure, e dunque senza interferenze né condizionamenti di governo o Parlamento: la possibilità che i procuratori indichino le priorità che intendono conseguire nel loro lavoro, «in modo che un cittadino sappia, in un determinato territorio, se sarà perseguito o no a fronte di un determinato comportamento». Oggi non è così, e il presidente dei deputati cita un esempio concreto di chi tentò di trovare una soluzione: l'ex procuratore circondariale di Torino Vladimiro Zagrebelsky (oggi direttore generale al ministero della Giustizia) che diramò in una circolare le «priorirà» del suo ufficio. «In quel caso - commenta Violante rivolgendosi alla presidente dell'Associazione magistrati Elena Paciotti, seduta accanto a lui - ci furono reazioni della magistratura francamente corporative». E nell'introduzione al volume Einaudi curato da lui stesso, dà giudizi ancora più espliciti: «La circolare è stata l'unico serio tentativo di bilanciamento delle diverse esigenze, ma essa non ha avuto seguito per l'ostilità manifestatasi nella componente togata del Consiglio superiore della magistratura». Parole e giudizi, quelle del pre- sidente della Camera, che si inseriscono in un dibattito sui temi della giustizia sempre incandescente. Violante sta ben attento ad evitare strumentalizzazioni, ma ricorda che insieme all'indipendenza dei pm ci vuole «la certezza su quello che gli uffici giudiziari intendono fare. Il problema non sono i processi che finiscono, ma quelli che cominciano, e quindi le scelte fondamentali di politica criminale in un Paese democratico». Una soluzione andrà trovata, dice ancora Violante, «con molta pazienza», la discussione è appena all'inizio. Fermi restando i princìpi costituzionali e quelli di «educazione istituzionale». E se Elena Paciotti aveva denunciato la «maleducazione istituzionale» che traspare dietro le aggressioni ai magistrati che esprimono le loro opinioni, Violante ribatte che la questione è reciproca: «La mattina della famosa intervista di Gherardo Colombo al Corriere della Sera sulla società del ricatto, io lo chiamai e gli chiesi: "Io che cosa sono, un ricattato o un ricattatore?"». Quell'intervista - secondo il direttore editoriale della Rcs Paolo Mieli che ha partecipato alla presentazione del libro insieme a Stefano Rodotà - «è stata una delle tante cause che hanno portato al fallimento della Bicamerale», mentre Elena Paciotti ritiene che anche la stampa abbia delle responsabilità, «interessata com'è, molte volte, più che all'informazione, alla spettacolarizzazione dello scontro». Ma il problema principale restano i rapporti tra magistratura e politica, e su questo la presidente dell'Anm è netta: «Se è scaduto il primato della politica, ciò è dipeso da quest'ultima, e quindi dipende dalla politica il ripristino di un assetto meno squilibrato e conflittuale con la magistratura». Giovanni Bianconi Il presidente della Camera Luciano Violante con il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi

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