Cesarone furioso lancia bombe-carta

Cesarone furioso lancia bombe-carta RICORDI E VELENI Cesarone furioso lancia bombe-carta All'ex et dell'Under francese: «Taccia, lui è un bagarino» SENLIS DAL NOSTRO INVIATO Ammesso che la Francia sia il lupo della favola, di sicuro Cesare Maldini non è Cappuccetto Rosso. E allora, fuoco alle polveri. Raymond Domenech, un allenatore che ebbe la sfortuna d'imbattersi nella Under cesaroniana, rimanendone folgorato il 15 aprile 1994 a Montpellier, lo attacca sulle colonne dell'Equipe: «Una provocazione continua, calcolata, da panchina a panchina. Non la smetteva mai di fare l'isterico, di minacciarmi, di inveire contro i miei. Visto che era italiano, il quarto uomo non fiatava: fa parte del folclore, ebbe la spudoratezza di dirmi». Cesare legge poco: stranamente, però, le bombe di carta non gli sfuggono mai. «Quel Domenech dice un sacco di bugie. In carriera, non ho mai offeso un avversario. Stia zitto, lui che è solo buono a far bagarinaggio». Allude, Maldini, ai Mondiali '94, quando Domenech fu beccato mentre stava vendendo alcuni biglietti omaggio. C'è dell'altro. C'è Klinsmann: «Giocassimo come avete fatto voi con la Norvegia, ci bloccherebbero alla frontiera». Jùrgen è una persona posata, non certo un hooligan dei due punti e virgolette. «Mi vie¬ ne da ridere - replica il citi -. Farebbero meglio a stare zitti, i tedeschi, dopo Germania-Messico». Avanti tutta: «Se escludiamo la Danimarca e il Brasile, cui il Cile rendeva tre titolari, l'Italia è la Nazionale che, negli ottavi, ha tribolato di meno». Eppure gli tirano le pietre. Cesare prende di petto le domande. «Sostenere che Vieri è il nostro simbolo, mi sembra riduttivo. Metteteci anche Del Piero. Baggio e Del Piero insieme? Dall'inizio, lo escludo. Per il resto, mai dire mai. Djorkaeff? Non so se lo faranno giocare. Dino Baggio su Zidane? Devo pensarci. La Francia spasima per Vieri? Ma se sono pieni zeppi di attaccanti, Trézéguet, Henry, Guivarc'h, Zidane, Djorkaeff... E poi non si può avere tutto dalla vita. Novità nella formazione? Sì, qualcosa ho in mente». La Francia ha speso molto, ma le vittorie azzerano il logorio. Djorkaeff e Zidane sono gli assi che invidia ad Aimé Jacquet: «Del primo, parlai a Palermo, subito dopo il mio debutto (22 gennaio '97: ItaliaIrlanda Nord 2-0, ndr). Scriveste che di giocatori così ne avevamo anche noi: Robi Baggio, Del Piero, Zola. Sbagliato. Di giocatori così non ne abbiamo. Gente che corre e imposta, gente che sappia fare da trait d'union fra difesa e attacco. Come Djorkaeff, Figo, Donadoni, lo stesso Zidane. Moriero è diverso: è un tornante, e basta». Voce dal fondo: e Mancini? «Per correre?». Brusio in sala. Sguardi accigliati, se non risentiti. Maldini tira dritto: «Zidane è determinante nella Juve e nella Francia. Ma è uno dei tanti campioni che hanno, non l'unico. Vero, a Wembley Dino Baggio marcò a uomo McManaman. Zidane, però, è parti- colare». Per ora, dice, è stato un Mondiale da 6. Il livello è destinato a crescere. L'Italia, anche. «Giochiamo sempre per vincere, noi. Arretrare troppo, venerdì, significherebbe favorirli. Fossi matto. Siamo fieri di essere fra le prime otto al mondo, ma sazi e appagati no, si sbaglia chi lo crede. Semmai, siamo consapevoli di dover entrare nella tana del lupo». I nostri cugini non li battiamo da vent'anni. Risatina: «Le statistiche sono fatte apposta per essere aggiornate». Nel '38, l'Italia si laureò campione del mondo dopo aver superato Norvegia e Francia: «E' una coincidenza fragile e remota». Al limite, se proprio deve fare uno strappo, Cesare si aggrappa al Paolo Rossi del 1982: «Segnò i primi gol alla quinta partita, la Francia è per noi la quinta tappa, l'ho detto a Del Piero. Mi auguro che la storia possa ripetersi, ma ho grossi dubbi». Non è il massimo della fiducia. Spera di cuore che gli ottantamila di St. Denis spingano avanti i francesi: per affondarli hi contropiede. Ai Mondiali del 1986, ci sonassero 2-0. Maldini era l'assistente di Bearzof. «Quella Francia - ricorda - aveva un centrocampo formidabile. Fernandez, Tigana, Giresse, Platini. Su Michel si decise, collegialmente, d'impiegare Beppe Baresi. Fu un errore. E comunque, non c'eravamo più con le gambe». Scirea aveva una caviglia gonfia, Cabrini un po' di febbre e Bruno Conti, alla vigilia, aveva litigato con Bearzot. Un disastro annunciato: la fonte è Alessandro Altobelli, «c'ero anch'io», a Occhio al Mondiale. L'ora del giudizio si avvicina. Cesare («Cesarone non mi piace: è mastodontico») pensa al suo portafortuna, un nonnetto italico, dall'aspetto arzillo, che abita a un chilometro dal castello azzurro. Al passaggio del pullman, si affacciava alla finestra e sbandierava felice un tricolore. Un pomeriggio, Maldini ha detto all'autista di fermarsi e lo ha preso a bordo. Da quel giorno, sono inseparabili. Roberto Beccantini «Klinsmann ci criticava? Mi vien da ridere dopo aver visto i tedeschi» «Con danesi e brasiliani noi siamo quelli che hanno sofferto meno» do. Per il resto, mai dire mai. Djorkaeff? Non so se lo faranno giocare. Dino Baggio su Zidane? Devo pensarci. La Francia spasima per Vieri? Ma se sono pieni zeppi di attaccanti, Trézéguet, Henry, Guivarc'h, Zidane, Djorkaeff... E poi non si può avere tutto sono fatte apposta per essere aggiornate». Nel '38, l'Italia si laureò campione del mondo dopo aver superato Norvegia e Francia: «E' una coincidenza fragile e remota». Al limite, se proprio deve fare uno strappo, Cesare si aggrappa al Paolo Rossi del 1982: «Segnò i primi gol alla quinta partita, la Francia è per noi la quinta