Romano e il franchismo un pestaggio culturale di Sandro Viola

Romano e il franchismo un pestaggio culturale DIETRO LE QUINTE. Perché tanta violenza contro l'ex ambasciatore Romano e il franchismo un pestaggio culturale F RANCISCO Franco finisce sempre più sullo sfondo e al centro della scena assume contorni via via più netti un altro interrogativo: si sta o no consumando un autentico linciaggio che ha come bersaglio Sergio Romano? Si stanno o no rinnovando i fasti di un «pestaggio» culturale nei confronti di un opinionista dipinto come un malfattore accusato nientemeno che da Antonio Tabucchi in un'intervista rilasciata a Repubblica di voler assolvere, previa supposta «riabilitazione» del dittatore spagnolo, le peggiori nefandezze nazifasciste? Ad avanzare apertamente il dubbio che non ad una sia pur appassionata polemica politicostoriografica si stava assistendo ma ad un «fiotto d'imprecazioni», a una sequenza di «insulti» contro Romano è stato Sandro Viola nel suo «Caro direttore» pubblicato domenica proprio sulla Stampa. Secondo Viola, protagonista fin dalle origini di quell'universo editorial-giornalistico che ha dato vita all'Espresso e poi a Repubblica oltreché per decenni sodale e amico tra i più stimati da Eugenio Scalfari, nessuna tesi per quanto discutibile di Sergio Romano giustifica «una simile canea», un'«ira tanto furibonda», il «fuoco di fucileria», ^aggressione violenta e implacabile» ohe ha colpito un intellettuale con una ferocia come non si vedeva «da moltissimo tempo a questa parte». Viola sottolinea più volte di trovarsi in disaccordo con Romano (cosa che gli è valso l'attacco sul Giornale di Marcello Veneziani, secondo cui Sandro Viola si sarebbe limitato a richiedere «un trattamento più umano per l'ex ambasciatore revisionista») specificando però clie il problema non è il consenso o il dissenso sul merito delle posizioni ma su un costume politico-intellettuale che sembrava essersi dissolto con la crisi mortale delle ideologie totalizzanti ma che invece rivive in chi, parole di Viola, non sopporta che siano messe in discussione «le vulgate sulla storia del secolo messe a punto nei dipartimenti "ideologia e cultura" dei partiti comunisti». Si tratta di accuse gravi, fatte proprie però sul Corriere della Sera da Indro Montanelli il quale, peraltro accusato da Tabucchi di svolgere tm ruolo di punta nell'accolita «revisionista» co¬ me «riabilitatore» di Salazar, ha pubblicamente ringraziato Viola in un editoriale pubblicato dal Corriere della Sera. Linciaggio? Canea? Aggressione? Si tratta di parole pesanti che scaturiscono da una constatazione che Viola si è tenuto nella penna ma che nondimeno offre una chiave di lettura per spiegare l'amarezza dell'ex editorialista di Repubblica. E la constatazione è che, contrariamente a un sano costume politico-giornalistico basato sull'esplicita scelta di offrire spazio a tutte le voci in conflitto di una polemica storiografica o ideologica, nei giornali che hanno duramente attaccato Romano, da Repubblica all'Unità al Manifesto, non è stato offerto nemmeno un angolino, nemmeno uno spazio sia pur ridotto al diritto di replica di un avversario descritto tra l'altro con le tinte più fosche e duramente attaccato in un numero elevatissimo di interventi, denunce e interviste senza che l'accusato potesse rettificare o contestare la portata di accuse così rilevanti. Viola insomma ritiene che ci sia un sovrappiù di veemenza in una polemica così forsennata e condotta con tanta foga da in¬ durre un intellettuale solitamente attento nell'uso delle parole come Tabucchi ad affermare che di questo passo si rivaluteranno i «colonnelli greci che con un piccolo golpe salvarono il loro Paese dal pericoloso Papadopulos» confondendo in modo plateale Papadopulos, che era uno dei «cattivi», con Papandreu, che era il «buono» vittima dei colonnelli. Un sovrappiù di veemenza che ispira anche le didascalie (tipo: «Adolf Hitler nel 1925. Incredibile la quantità di "revisioni" per poter giustificare i suoi crimini» che accompagnano il commento fotografico a un ritratto al veleno che Enrico Deaglio dedica a Sergio Romano sul suo Diario. Una veemenza, tra l'altro, che, come si legge in un malizioso intervento di un ex redattore del Sabato come Luigi Amicone pubblicato sul Foglio di Giuliano Ferrara, contrasterebbe con le posizioni del Deaglio che in un'intervista del 1991 rilasciata appunto al Sabato aveva affermato a proposito di Franco: «Quella di Franco è stata una vera scoperta per me. La scoperta che un alleato totale di Hitler non solo non ubbidì ai nazisti, ma si dimostrò così filosemita che tutta la sua azione diplomatica durante la guerra fu volutamente misconosciuta. E' una verità scomoda da dire, ma è la verità». Una veemenza che suona insomma come una reazione particolarmente viva a un problema storiografico, quello della natura del regime franchista, che gli storici e gli ispanisti discutono da decenni senza suscitare la furia polemica che ha accolto le tesi di Sergio Romano. Una veemenza che ispira la denuncia dei «Saluti Romani» che Antonio Tabucchi pubblica sul Corriere della Sera, e sul Pat's nello stesso giorno in cui appare l'editoriale di Montanelli in difesa di Romano e di appoggio alla denuncia di «linciaggio» lanciata da Sandro Viola. E che colloca su un piano di deplorevole ferocia linciatoria una discussione che, partita su un terreno di civile dibattito con il dissenso alle tesi di Romano formulato da Mario Pirani sulla Repubblica e l'appoggio alle posizioni di Romano espresse da Barbara Spinelli in un editoriale pubblicato dalla Stampa, ha successivamente, anche con il concorso di titoli sparatissimi del manifesto in cui veniva giudicato un'«indecenza» il giudizio sulla guerra civile spagnola, preso la piega di un attacco reiterato e furibondo alla persona dell'ex ambasciatore accusato nientemeno, in più di una occasione, di aver legittimato un «antisemitismo» di nuovo conio. Con gli antisemiti, del resto, una discussione civile non sarebbe neppure possibile: ciò che appunto giustificherebbe l'inosservanza del diritto di replica che Viola ha denunciato nel suo articolo contro il «linciaggio» di Romano. Ma perché ritagliare sulla sagoma dell'avversario le fattezze di un «mostro»? Pierluigi Battista Da Tabucchi a Deaglio: attacchi velenosi senza offrire all'«imputato» il diritto di replica contro o e l'ex ambasDa Taattacoffriril diri Qui accanto Indro Montanelli, a destra il «grande accusatore» Antonio Tabucchi e, foto grande, Sergio Romano. Il suo editoriale sul franchismo ha suscitato non una polemica culturale, ma una vera rissa stigmatizzata da Sandro Viola