«Pagarono il pino per gli sfarlo ai boss»

«Pagarono il pino per gli sfarlo ai boss» Trenta milioni per girare a Palermo. «E la mafia incasserà anche dal prossimo film di Roberta Torre» «Pagarono il pino per gli sfarlo ai boss» Due pentiti accusano i produttori di «Tano da morire» PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Due pentiti, ex esattori del racket mafioso delle estorsioni, sostengono che i boss hanno imposto un pizzo di 30 milioni ai produttori di «Tano da morire». Soldi versati a uno degli attori, che li avrebbe subito girati ai boss e per metà destinati ai detenuti. Piomba così l'ombra del sospetto su un musical grottesco che ha coperto di ridicolo Cosa nostra e che tanto successo ha raccolto nelle sale, dopo la consacrazione alla Mostra del Cinema di Venezia dell'anno scorso. Mentre i pentiti Giuseppe Arena e Marcello Fava hanno raccontato come sono (o sarebbero) andate le cose, produttore, regista e protagonisti smentiscono. I due hanno riferito molti dettagli, che ora gli inquirenti stanno controllando. Avrebbero anche sostenuto che la mafia si è presentata ai produttori di nuovo, stavolta per incassare altri 30 milioni per «Sud side story», il nuovo film che Roberta i'orre sta per cominciare, sempre nel ventre molle di Palermo. Il primo ciak sarà tra tre settimane. E' una parodia, anche stavolta in chiave popolaresca, di «Giulietta e Romeo» con protagonisti tutt'altro che improbabili: una prostituta nigeriana e un disoccupato. I due giovani s'innamorano, ma parenti e amici si oppongono all'unione. Capulcti e Montecchi, insomma, nella realtà multietnica e misera della città. I mafiosi avrebbero tollerato di essere messi alla berlina, ma avrebbero preteso il rispetto ferireo delle regole. E a Palermo una delle regole stabilite dai boss è quelk. della tangente per ogni attizita produttiva. Anche un film lo è. Il caso si è gonfiato rapidamente e ieri pomeriggio, per oltre due >re, Roberta Torre, ha risposto al tuoco di fila dei sostituti procuratori . della Direzione distrettuale antimafia Maurizio De Lucia e Michele Prestipino. Ha escluso quel che hanno riferito i due pentiti, facendo comunque presente che la parte amministrativa rienira nella sfera della produzione e che lei si occupa soltanto aella regia. Smentite, intanto, sono arrivate dalla produttrice Donatella Palermo per conto della «Acquisto, sviluppo, progetti srl»: «Sono cose da pazzi. Avrei subito fermato il film, montando il caso. Ne avrei fatto parlare tv e giornali dopo aver denunciato tutto alla polizia». E hanno smentito anche Francesco Guarino, protagonista del film, e gli altri attori, scelti come lui nel variopinto microcosmo del mercato Vucciria. «Non è possibile, non ci credo, era tutto tranquillo», ha assicurato Vincenzo Mangione, un pescivendolo che ha fatto parte del complesso di ballo del musical. Tassativo Carmelo, venditore di lumache, che nel film faceva il cantante: «Certa gente per soldi fa qualunque cosa. E poi quel pentiio Fava di Ballare (altro mercato popolare della città, ndr) lo conosco...». L'indiscrezione che ha fatto subito montare il caso è trapelata in una giornata importante per il fronte antimafia palermitano, che ha registrato ieri un nuovo successo con 42 ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip Alfredo Montalto, su richiesta della procura della Repubblica diretta da Gian Carlo Caselli. Nel mirino boss e gregari accusati di tre omicidii, traffico di hashish con il Ma¬ rocco e numerosi altri reati, tra cui un gran numero di estorsioni. Pagavano un milione e mezzo al mese, tra gli altri, i gestori del ristorante «Charleston», il primo di Palermo. Caselli ha colto l'occasione per lanciare il suo ennesimo messag¬ gio: «La società deve ribellarsi alla cultura del pizzo e il sacrificio di Libero Grassi (l'industriale assassinato sette anni fa perché non volle pagare e denunciò i mafiosi del racket, ndr) non va ricordato solo in occasione degli anniversari, ma tutti noi dobbiamo avere ben presente il suo esempio nel quotidiano. E' un problema di cultura e di solidarietà che la gente deve capire. In questa regione dov'è presente la mafia non esiste decollo economico». Il procuratore aggiunto Guido Lo Forte ha aggiunto: «Il messaggio di "Tano da morire" alla mafia non importava. La mafia vuole incassare un tributo da tutte le attività nel territorio che controlla e questa è anche ima dimostrazione di potenza». Antonio Ravidà IL FILM Non è la «Piovra» e neanche «il padrino», ma un musical pieno di colore, chiasso, prese in giro, sul mondo mafioso visto attraverso la lente ironica della cinepresa di Roberta Torre, regista di 35 anni, milanese ma palermitana d'adozione. «Tano da morire» parte da un episodio di cronaca, l'omicidio di Tano Guarrasi, ucciso nella guerra di" mafia alla fine degli Anni 80, per raccontare i luoghi comuni di quel mondo: dai riti d'iniziazione alle rigide regole della società di Cosa nostra assolutamente maschilista. E cosi gli attori, panettieri, infermiere, casalinghe, pescivendoli, tutti presi dalla strada, si muovevano tra le melodie napoletane di Nino D'Angelo ed i ritmi Rap e Rock con lo sfondo della Vucciria. Costato due miliardi e mezzo, il film è stato presentato a Venezia nella Settimana della critica e accolto bene nelle sale. Una scena del musical «Tano da morire»

Luoghi citati: Palermo, Venezia