«io, cacciatore di banditi nella giungla Aspromonte»

«io, cacciatore di banditi nella giungla Aspromonte» «io, cacciatore di banditi nella giungla Aspromonte» SULLE TRACCE DELL'OSTAGGIO OPPIPO MAMERTINA DAL NOSTRO INVIATO Sveglia alle tre del mattino, altrimenti si fa tardi e quell'ora in più di sonno la sconterai quando il sole già alto ti trapanerà il cervello. Sì, perché l'Aspromonte è bellissimo ma sa anche essere un bastardo come pochi, se non lo si prende per il verso giusto. Però lui, Lello («Niente cognomi per motivi di sicurezza», avverte), non si preoccupa più di tanto: conosce bene quelle vette ricoperte di alberi e cespugli impenetrabili che rendono il paesaggio più simile a una giungla che a una macchia mediterranea. Non come i pastori e i rapitori, certo, ma perlustra quei sentieri da una quindicina d'anni. E' un poliziotto, un cacciatore di covi in cui i rapitori tengono gli ostaggi come bestie: senza luce, senz'aria, senza un pizzico di speranza a cui aggrapparsi. E ora che centinaia di uomini in tuta come lui setacciano i boschi in cerca di Alessandra Sgarella, dice che cercare un covo, o un «buco» come lo chiamano da queste parti, «ti dà una sensazione di tristezza e di rabbia, perché pensi a tutto il male che un cristiano arriva a fare a un suo simile». Racconta che fino a pochi anni fa le ricerche venivano interrotte al tramonto. «Ma ora ci sono i binocoli a raggi infrarossi e altre attrezzature sofisticate che consentono di lavorare anche di notte - aggiunge -. Col buio va meglio, fa meno caldo e le scarse possibilità che hai di scoprire un covo "caldo" possono aumentare per il fattore sorpresa». Dice proprio così: covi «caldi», un termine usato dalla polizia negli anni di piombo per definire une base frequentata dalle Brigate rosse e rispolverato oggi er gli uomini della 'ndrangheta, terroristi di fine millennio. «Le ricerche non possono essere improvvisate, non basta una mappa dei luoghi - spiega Lello -. Occorrono le guide e noi le abbiamo: sono colleghi che conoscono le montagne quasi come le loro tasche, nati e cresciuti in Aspromonte e tornati qui dopo i corsi di specializzazione. Ogni guida ha il suo gruppo composto da una quindicina di persone, e ogni gruppo ha una porzione di territorio da perlustrare mentre gli elicotteri sorvolano la zona. I cani no, meglio lasciarli perdere: si stancano presto su quel tipo di terreno così accidentato. L'equipaggiamento è quello solito: tuta mimetica, anfibi, mitra leggero MI2 a tracolla, coltello e binocolo». Il gruppo ha un suo «investigatore», cioè un agente specia¬ lizzato nel lavoro di intelligence. Ha un compito preciso, scrutare con attenzione ogni uomo e ogni donna incontrati lungo i pendii scoscesi e i sentieri nascosti fra i cespugli: da un mare di volti anonimi potrebbe affiorare quello di un pregiudicato da fermare. «Poi c'è la ricerca delle tracce spiega il "cacciatore" -: una semplice cicca di sigaretta, una scatoletta di carne vuota buttata fra i cespugli... Ogni cosa viene raccolta e esaminata, niente viene tralasciato. L'obiettivo, naturalmente, è la scoperta delle prigioni, cavità naturali oppure scavate nel terreno dai rapitori. Ma si tratta di covi utilizzati solo per l'estate». D'inverno le «buche» non sono assolutamente praticabili a causa del gelo. «Gli ostaggi avrebbero vita breve», conferma il nostro uomo. E allora? «Bello e maledetto, l'Aspromonte - continua il poliziotto -. Tanto bello che c'è gente che si fa costruire la villa sulle montagne perché c'è aria buona e la vista è stupenda. Prenda il monte Zomaro, un altopiano che domina i due versanti della regione, lo ionico e quello che si affaccia sul Tirreno. Le seconde case, lì, sono abitate solo d'estate. Durante l'inverno nessuno ci va, quindi potrebbero costituire un nascondiglio ideale per i rapitori e i loro ostaggi. Peraltro si tratta di una zona strategica, che offre mille possibilità di fuga». I turni di pattugliamento possono durare anche dieci, dodici ore. «Non ho mai sentito un collega lamentarsi - dice ancora il poliziotto -. Quando sei su quei monti e pensi che poco lontano da te può esserci un uomo che soffre, ti prende una sorta di frenesia, un desiderio forte di andare a vedere cosa c'è dietro il prossimo albero, il prossimo cespuglio. Hai la consapevolezza che l'ostaggio che stai cercando po- trebbe essere vicinissimo e al tempo stesso lontano da te. Com'è possibile? Ricordo un imprenditore che, dopo la liberazione, raccontò di avere sentito le nostre voci mentre era segregato nel covo: ero lì a portata di mano, disse, possibile che non ve ne siate accorti? No che non ce ne accorgemmo: la prigione si trovava a poche decine di metri in linea d'aria, ma per raggiungerla non sarebbe bastato un giorno a causa del terreno accidentato. Ecco, questo è l'Aspromonte». Lello ha un desiderio che non è mai riuscito a realizzare: partecipare alla liberazione di un ostaggio. «Sarebbe bellissimo, il massimo per un poliziotto. Purtroppo non è accaduto. Mi è capitato di imbattermi in un poveraccio appena rilasciato dopo il pagamento del riscatto. Lo conoscevo bene: un imprenditore, un pezzo d'uomo grande e grosso. Me lo sono ritrovato davanti che faceva pena: dimagrito di venti chili, tremava per il freddo e indossava abiti sporchi dei suoi stessi escrementi. Ricordo che io e i miei compagni smettemmo di parlare, ammutolimmo davanti a quell'orrore». Un orrore a cui anche la Chiesa tenta disperatamente di porre fine. Il vescovo di Oppido Mamertina, Domenico Crusco, lancia un appello accorato ai sequestratori di Alessandra Garella. «Rilasciate al più presto questa donna - invoca il prelato -. A nessuno è permesso di privare altre persone della libertà, restituite la signora Sgarella all'affetto dei suoi cari. Faccio appello al vostro senso di umanità perché sono convinto che avete il cuore di carne e non di pietra. Ritrovate anche voi la dignità di uomini creati per fare il bene e non il male». Rivolto alla sua gente, il vescovo invita a «non scoraggiarsi, non assuefarsi, non adattarsi e non abbassare la guardia. Se ciò avvenisse, la mafia avrebbe davvero vinto per sempre». Fulvio Milone Le ricerche partono alle tre del mattino «Coi binocoli a raggi infrarossi il buio non ci ferma più» Il vescovo di Oppido ai sequestratori «So che avete un cuore liberate la Sgarella» «Una semplice cicca o una scatoletta vuota buttata fra i cespugli Raccogliamo tutto Tutto può servire»

Persone citate: Alessandra Garella, Alessandra Sgarella, Domenico Crusco, Faccio, Fulvio Milone, Sgarella

Luoghi citati: Oppido Mamertina