ALLIEVI FIAT

ALLIEVI FIAT ALLIEVI FIAT «Dopo i tre annidi corso il Car mi sembrò una vacanza» CORREVA l'anno 1948, avevo 14 anni», scrive Walter Lombardi, torinese. «Vivevamo in una stanza tramezzata di portineria in via Luigi Capriolo in Borgo San Paolo. Avevo fatto domanda per essere assunto alla Scuola Allievi Fiat. «Per le informazioni del caso ci fece visita un distinto signore, parlò coi miei e poi con me: ricordo che mi disse che avrei potuto acquistare i pantaloni lunghi, sottintendendo che con il mio lavoro avrei potuto migliorare le condizioni economiche della famiglia. «Mio padre era già in Fiat, alle Ferriere; in questo senso i figli dei dipendenti erano agevolati. Ma c'era da superare un esame durissimo e una visita medica da marines. Mentre aspettavo insieme gli altri di essere convocato per la prova teorica, entrò a ... terrorizzarci un tipo burbero in maniche di camicia che mi ricordava il protagonista del film "Anche i boia muoiono". «"Brutti disgraziati, guai a voi, vi stangherò", ci disse. Un bell'augurio! Questo signore sarebbe stato poi il mio tremendo (da sognarlo anche di notte), capo officina per tre anni, e poi per ancora altri dieci, dato che dopo il corso mi fermarono alla scuola a fare l'insegnante di pratica. «Poi mi interrogò alla lavagna un signore gentile, l'opposto di quell'altro: sarebbe stato in seguito il mio direttore. Ero parecchio spaventato ma riuscii a rispondere esattamente a tutte le domande, e a tracciare un triangolo rettangolo definendone i quadrati dei lati col teorema di Pitagora. Alla visita medica interna il medico della scuola, piccolo e tarchiato, per nulla rassicurante, mi squadrò e disse che ero magro (temetti il peggio). Ma superai gli esami clinici e nell'insieme risultai idoneo. «Furono tre anni durissimi, a partire da quel lontano 1949. Nella foto di fine corso 1951'52, sono il primo in basso da sinistra. Il gruppo è fotografato su un tratto di via chiusa antistante l'ingresso dei lavoratori della scuola in via Marenco, dove adesso verso il fondo sorge La Stampa. Con me ci sono allievi più vecchi dei corsi precedenti, che forse avevano imbracciato un mitra partigiano di fine guerra. Noi eravamo le reclute... C'era una disciplina tale da farmi giudi- care il successivo Car militare di Casale Monferrato una piacevole vacanza. Io provenivo dalle scuole salesiane prima e dei Fratelli Cristiani e poi dall'Avviamento Industriale. Fu un impatto cruento. «Alcuni esempi... Se la posizione al banco di aggiustaggio non era corretta come voleva¬ no loro, mi arrivava un calcione negli stinchi dall'istruttore, o una nota di biasimo scritta dal capo squadra. «Nella lavorazione alle macchine utensili se, per un temporaneo riposo, (non ero abituato a stare in piedi tante ore di seguito), incrociavo le gambe, mi arrivava un altro calcio oppure un urlo infernale e un pugno dietro le spalle da parte del capo officina che aveva mille occhi. Spaventi da far raggelare il sangue. «Nelle aule per le lezioni teoriche c'era una minore disciplina, gli insegnanti provenivano dalle officine Fiat, erano dei veri esperti delle loro materie. Mi prese di mira il prof, di matematica perché passando fra i banchi scoprì la sua caricatura sui margini del libro: così fui il suo bersaglio preferito per circa un anno("Alla lavagna!"), e finii per imparare qualcosa di più. «Tanti anni sono passati e la foto della chiusura del triennio testimonia quanto eravamo giovani. Qualche anno fa ci fu una specie di revival, un incontro organizzato da alcuni ex allievi del corso '49-'52. Moltissimi vi aderirono. Alcune persi di vista per più di 40 anni. Che scene! Mi lamentavo con un signore corpulento e canuto per l'assenza di un certo Cerrato. "Sono io", mi disse. Altri entravano pronunciando nome e cognome... onde evitare sorprese. Di un compagno che mi passava i compiti mi dissero che era mancato. «Fu un incontro al tempo piacevole e doloroso... Ognuno di noi trovava irriconoscibile l'altro. Moltissimi erano ancora in carriera, altri, come il sottoscritto, avevano preferito pensionarsi. «Trentotto anni di Fiat, compresi quei tremendi tre della Scuola Allievi, li avevo sentiti tutti. Dissero che quella iniziale disciplina ci sarebbe servita. Bisognava anche considerare i tempi dell'immediato dopoguerra, la necessità di portare a casa qualche soldino e insieme imparare un mestiere. Non c'era molta scelta». Sopra.foto di gruppo in corso Da/ite Sotto apprendisti sarti in un atelier a Torino

Persone citate: Allievi, Cerrato, Pitagora, Walter Lombardi

Luoghi citati: Casale Monferrato, Ferriere, Torino