L'INVISIBILE HA UN CORPO di Marco Vozza

L'INVISIBILE HA UN CORPO li MOIA L'INVISIBILE HA UN CORPO Un inedito di Merleau-Ponty A filosofia degli ultimi vent'anni non si è spostata di mi solo millimetro da Merleau-Ponty: questa la tesi provocatoria avanzata da Carlo Sini in occasione del convegno svoltosi a Gargnano del Garda, organizzato da Mauro Carbone, già curatore di rilevanti pubblicazioni merleau-pontyane come i corsi tenuti al Collège de France sul tema della natura (ed. Cortina) e ora promotore della rivista Chiasmi (ed. Mimesis). La tesi di Sini è parsa per lo più condivisa dagli altri relatori, anche se taluni hanno segnalato qualche significativa evoluzione nel pensiero di Lévinas, Lyotard, Derrida e soprattutto di Deleuze, tutti accomunati dalla matrice fenomenologica. Sembra il momento di riproporre il filosofo francese vicino alla fenomenologia e all'esistenzialismo, prima penalizzato dalla figura carismatica e un po' invadente di Sartre, poi mantenuto nell'ombra dalla generazione strutturalista e infine da quella postmoderna. Ma l'evento più clamoroso del convegno gardesano è stata la rivelazione di cospicui inediti che una giovane studiosa dell'Università di h d SCHIZZO ONTOLOGICO Maurice Merleau-Ponty testo inedito a cura di Daniela Calabro Un prezioso «Schizzo ontologico»: un rifiuto dell'idealismo platonico, un confronto serralo con Heidegger sul rapporto essere e tempo, una scelta estetica di sapore proustiano gMessina, Daniela Calabro, ha individuato e trascritto. Si tratta di uno «Schizzo ontologico» inerente al progetto di un libro e di altre note che avrebbero dovuto confluire ne 7/ visibile e l'invisibile, un testo che la morte prematura del filosofo ci ha consegnato ad uno stadio frammentario di elaborazione. Con la poderosa e innovativa opera del 1945, Fenomenologia della percezione, Merleau-Ponty aveva avviato quella che potremmo chiamare la riabilitazione filosofica del corpo, screditato dalla tradizione platonica egemone nella nostra cultura, eccezion fatta per la gaia scienza di Nietzsche e - nel '900 - per Husserl, maestro mai sconfessato da Merleau-Ponty. La filosofia doveva rinunciare all'idealistico primato di un soggetto puro della conoscenza per ritrovarne la matrice opaca, ambigua, impura, e volgere l'attenzione al soggetto incarnato della percezione. La rigorosa analisi delle configurazioni percettive costituisce la premessa per affrontare l'ambizioso progetto di una nuova ontologia, come se il soggetto corporeo e temporale fosse lo strumento più idoneo a forzare la porta dell'Essere. Un'ontologia del visibile che non rappresenta l'ennesimo e in fondo innocuo rovesciamento del platonismo (il visibile piuttosto che l'invisibile, la superficie piuttosto che la profondità, l'apparenza piuttosto che l'essenza) quanto un'originale ridefinizione dei concetti metafisici considerati nella loro complementarietà e reversibilità, non più fissati nella contraddittorietà logica propria di ogni pensiero dualistico. Il mondo sensibile - ribadisce Merleau-Ponty - è più originario del mondo delle idee, perché il primo è visibile e relativamente continuo, mentre il secondo è invisibile e lacunoso e non trova la sua verità se non a condizione di appoggiarsi sul «brusio delle apparenze» generato dal mondo della percezione: «il vero traluce attraverso un'esperienza emozionale e quasi carnale». Se la scienza esclude sistematicamente tutti i predicati delle cose scaturiti dal nostro incontro con esse, la filosofia riflessiva ha trasposto il soggetto incarnato nel soggetto trascendentale e la realtà del mondo nella sua idealità; ponendosi tradizionalmente come dubbio metodico e riduzione dell'apertura originaria al mondo agli atti spirituali, si è rivelata tre volte infedele: al mondo visibile, al soggetto che lo percepisce e alle sue relazioni con gli altri che accedono spontaneamente alla visibilità. Ora - ammonisce Merleau-Ponty - non si tratta semplicemente di sostituire alla riflessione la fede percettiva ma di tener conto della situazione complessiva che comporta il rinvio dell'una all'altra, di restituire attrito al pensiero esigendo da esso il radicamento critico in quella che Husserl aveva chiamato Lebenswelt, quel mondo della vita silente, mai tematizzato, da cui proviene la soluzione nutritizia del nostro mondo di significati. La relazione tra visibile e invisibile si annoda come un chiasma, un intreccio vitale di cui nessuno meglio di Proust ha saputo descrivere la trama interiore, l'evidenza di un'idea che non è il contrario del sensibile quanto il suo risvolto profondo. L'invisibile abita il mondo e lo rende visibile come sua possibilità interna, ponendosi come «l'Essere di questo essente»; qui il confronto con la meditazione heideggeriana si fa più serrato, soprattutto quando Merleau-Ponty parla del tempo come essere e non soltanto dell'essere come tempo. Secondo l'ultimo Merleau-Ponty, il tradizionale dualismo tra pensiero ed estensione, tra visibile e invisibile, va risolutamente respinto perché la superficie del visibile è sottesa da una riserva invisibile, la sua contropartita segreta e latente che ne costituisce 0 fuoco virtuale. La profondità - leggiamo hi un'altra nota - «è il mezzo di cui le cose dispongono per restare nitide, per restare cose, pur non essendo ciò che io guardo attualmente. E' dunque la profondità a far sì che le cose abbiano una carne: è cioè oppongano alla mia ispezione degli ostacoli, una resistenza che è appunto la loro realtà, la loro apertura». - L'ontologia del visibile che Merleau-Ponty delinea sembra soffrire dei vincoli imposti da una considerazione meramente filosofica e reca l'istanza di una conversione estetica, che puntualmente viene compiuta nel suo ultimo saggio, L'occhio e lo spirito, scritto nell'estate del 1960 nella campagna pro¬ A sinistra il filosofo francese Maurice Merleau-Ponty; sopra, il suo collega prima amico poi avversario Jean-Paul Sartre 1 venzale cara a Cézanne, quasi al cospetto della montagna Sainte-Victoire. Il pittore «si dà con il suo corpo» diceva Valéry; la sua visione sensibile, incarnata, trasforma il mondo in pittura. Tracciando la mappa del visibile, egli offre allo sguardo - prima che allo spirito - gli elementi di una visione interna che riproduce la struttura immaginaria del reale. «Essenza ed esistenza, immagmario e reale, visibile e invisibile: la pittura confonde tutte le nostre categorie, dispiegando il suo universo onirico di essenze carnali, di rassomiglianze efficaci, di significazioni mute», conclude il filosofo. Non è sufficiente pensare per vedere: la visione è un pensiero che nasce in occasione di ciò che accade nel corpo e pertanto custodisce «un mistero di passività». Quando la sua visione si fa gesto - afferma Cézanne - il pittore «pensa in pittura» e il suo fine - come dirà Klee - è rendere visibile la genesi delle cose. E' questa la ragion d'essere, espressa nella pittura ma ontologi- A sinistra il filosofo francese Maurice Merleau-Ponty; sopra, il suo collega prima amico poi avversario Jean-Paul Sartre 1 camente pregnante, di un'inedita hnea di pensiero che, al di là di cospicue differenze stilistiche e argomentative, accomuna nel nostro secolo l'opera di Simmel e di Ortega y Gasset, di Hannah Arendt e dello stesso Merleau-Ponty, mia terza via che si colloca al di là dell'ormai canonica contrapposizione tra ermeneutica e filosofia analitica. Un pensiero dialettico senza sintesi, a forte connotazione estetica ma non privo di istanze etiche, motivato dal rifiuto di ogni filosofia riflessiva che sorvoli l'esperienza, nel quale l'Essere abbandona finalmente la sua configurazione monolitica per diventare «mi sistema a più entrate». Scoprire e anahzzare'glrèsistenziali del visibile è ir compito teorico che Merleau-Ponty affida al pensiero contemporaneo e che non potrà essere trascurato da chi ha accolto l'invito nietzscheano a prender dimora nel mondo delle cose prossime. Marco Vozza

Luoghi citati: Gargnano, Sini