COME SI DIVENTA EDITORI D'EUROPA

COME SI DIVENTA EDITORI D'EUROPA COME SI DIVENTA EDITORI D'EUROPA Un discorso di Siegfried Unseld PER UNA BIBLIOTECA EUROPEA Discorso dell'editore tedesco S. Uiiseld, per il premio «Biblioteca europea", a Torino lo scorso maggio OI editori abbiamo un impegno urgente se vogliamo, come vogliamo, accompagnare la costruzione della casa comune europea. Peter Sloterdijk ha recentemente definito il dibattito sui concetti di Stato, nazione ed Europa come un gioco linguistico, in cui sarebbero intrappolati gli Europei. Secondo lui si potrebbe solo sfuggire alla trappola di questo li dli tdii di li iti ggppqgioco se si parlasse la lingua degli etnologi, degli studiosi dei popoli, intesi come gruppi di uomini con una cultura unitaria. Ne andrebbe della narrazione della storia europea, che dovrebbe essere sempre di nuovo progettata e sviluppata. In ciò consiste la sfida agli editori. Come una volta ha detto l'autore austriaco Peter Handke, che vive a Parigi ed è tradotto in tutte le lingue europee, rivolgendosi ai suoi ^definibili lettori: «Chi altri se non l'eroe di una storia è mai stato capace nella vita di proporvi qualcosa?». Come può accadere ciò, come si può continuare a tessere la trama storica europea? Si possono utilizzare modelli tradizionali, o bisogna scrivere una nuova storia, che definisca anche un nuovo grado del politico? Insomma, come si diventa europei? Si afferma, come il ministro degli interni francese Chevènement, che per la costruzione dell'Europa gli Stati nazionali debbano restare tali: ovvero, che il servizio più grande che fran p gcesi e tedeschi possano rendere all'Europa sarebbe quello di restare «estremamente francesi» ed «estremamente tedeschi». Oppure, si sostiene come Ulrich Beck, che: «Ciò che l'Europa deve essere, non lo si deve trarre dal passato come per magia, ma sarà una risposta alle domande sul futuro». A questo progettare il futuro devono partecipare attivamente la cultura e gli scrittori, affinché, con le parole di Cees Ntb bene. Sarebbe sbagliato fare libri solo affascinanti che non vendono. D'altra parte credo che sia noioso far solo libri che possiamo vendere, ma che non ci affascinano. E' questo quindi l'equilibrio che dobbiamo mantenere ogni giorno, un camminare sul filo, per lo più senza rete. Perciò dovremmo occuparci di una specie di scrittore che all'inizio non fa cassa: il giovane autore. Solo lui ci porta ad Nooteboom possano conservarsi l'unità e la va- rietà d'Europa. A tal scopo una volta - era il 1985 avevo lanciato la proposta di una Biblioteca Europea. Lo spunto per quest'idea veniva dal romanziere e saggista ungherese Gyòrgy Konràd. Nel suo libro «L'antipolitica. Meditazioni mitteleuropee» egli aveva scritto delle cose sensazionali. La causa principale per il pericolo di una guerra secondo lui era Yalta: «Tre uomini anziani senza che nessuno glielo chiedesse hanno diviso cento milioni di uomini bi i i tra entrambi i sistemi politici». Gyòrgy Konràd concludeva: «Un europeo che non noti che la cortina di ferro sia materia esplosiva, non ha una visione chiara delle cose. L'Europa occidentale poggia la sua schiena su un muro fatto di dinamite, e fa vagare i suoi sereni sguardi di sognatrice oltre l'Oceano Atlantico. Per me la fortuna dell'Europa occidentale è tanto incerta quanto la nostra sfortuna. Noi Europei possiamo creare la pace tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica solo se ci separiamo da essi per contratto reciprocamente e se riusciamo ad avvicinare le parti dell'Europa divisa». Nel 1985 queste erano parole profetiche. Oggi possiamo dire di aver fatto un passo avanti: l'Europa non è più così radicalmente divisa come allora. Noi editori dobbiamo avere, per realizzare il nostro lavoro, una certa ingenuità. Ma la mia mgenuità non era così grande da credere che una collana di libri la Biblioteca Europea da me proposta - sarebbe riuscita ad avvicinare le due parti dell'Europa divisa. Cosa possiamo fare per aprire le identità nazionali alle identità di altri Paesi? Ho parlato con i miei amici Jorge Seinprun, Gyòrgy Konràd, Zbigniew Herbert, Cees Nooteboom ed il loro consiglio è stato sempre e solo: tradurre, tradurre, tradurre. Io mi auguro di inserire nei nostri programmi editoriali sempre più traduzioni dalle lingue europee ed edizioni bilingui. Mi rendo conto che tutti i miei colleghi ed anch'io vogliamo libri affascinanti e libri che possiamo vendere avere un nuovo punto di vista sulla nostra vita, una nuova prospettiva sull'Europa. Potrei ùnmaginarmi un'iniziativa che premiasse ogm armo tre (o forse cinque?) opere prime di autori di lingue europee; sono sicuro che Bruxelles sosterrebbe finanziariamente una tale iniziativa e che troveremmo per i libri premiati editori disposti a pubblicarli in lingue europee. La nostra professione ci pone una sfida soprattutto riguardo a tre qualità. In un quadro del giovane Raffaello, «Il sogno di Scipione», il giovane a la l eroe sogna la gloria sotto l'albero d'alloro; due donne gli porgono la spada, libro e fiori, gli attributi della forza, dell'intelligenza, e del sentimento. Questi attributi simboleggiano potere, saggezza e piacere; ma solo tutti insieme fanno la felicità dell'uomo. Similmente anche per l'editore: egli non è fatto di un'unica qualità, solo unite insieme le qualità fanno l'editore e la sua felicità; egli non può concentrarsi unilateralmente sulla tecnica della realizzazione di un libro, sul piacere di fare bei libri o su ciò che rende solo dal punto di vista economico; egli deve fare attenzione anche ai contenuti dei libri. Chi si concentra - sia esso Scipione o l'editore - solo su uno degli attributi, potere, saggezza o piacere, come l'editore che bada solo al prodotto e non al contenuto, oppure solo al contenuto e non al carattere di merce del libro, è destinato a fallire - come Ercole che si decise solo per la potenza, Socrate solo per la saggezza e Paride solo per il piacere. Qual è la soluzione? Chiamiamo in causa un grande interprete del «Sogno di Scipione» di Raffaello: Edgar Wind in una sua conferenza ha parlato del «timore di fronte al sapere, e perciò della diffidenza nei confronti dei sapienti». Ed ha spiegato: «(Abbiamo mangiato il frutto dell'albero della conoscenza e non possiamo riappropinquarci al paradiso: la porta d'ingresso è chiusa e l'angelo la sorveglia. Ma forse dall'altra parte il giardino è aperto». ► Siegfried Unseld \ L'editore Siegfried Unseld Per dialogare tra le identità nazionali, un solo consiglio: tradurre, tradurre