Il regalo di Jiang a Bill

Il regalo di Jiang a Bill Il regalo di Jiang a Bill Gli Usa assicurano: le telecamere? L'abbiamo saputo solo all'ultimo PECHINO DAL NOSTRO INVIATO Prima di venire in Cina Bill Clinton aveva chiesto a Jiang Zemin di avere il massimo accesso possibile ai cinesi, di poter dialogare con loro nella maniera più diretta. Ed era diventata una richiesta pressante anche perché chi, in America, si opponeva a questo viaggio lo accusava di aver accettato supinamente un'agenda dettata da Pechino e di venire qui a fare un umiliante kowtow - il tradizionale inchino cinese. Ma almeno su questo puntoci suoi critici si devono ricredère/iNessun leader straniero ha mai potuto dialogare con i cinesi come lo ha potuto fare Bill Clinton in questi giorni. Il suo discorso alla Beida ieri, seguito da un botta e risposta con gli studenti, è stato trasmesso in diretta alla televisione e alla radio in tutta la Cina. E due giorni prima, al Gran palazzo del popolo, Clinton e Jiang avevano discusso animatamente davanti a milioni di cinesi di diritti umani, Tibet, democrazia in Cina - temi che erano assolutamente tabù appena 24 ore prima. Gli americani assicurano - e non c'è motivo di dubitare la loro buonafede - di aver saputo della storica diretta poche ore prima degli eventi. «Non è stato il frutto di un negoziato, non ci sonò state concessioni». Nei due casi la decisione è stata presa personalmente da Jiang Zemin. Perché lo ha fatto? Perché ha preso un'inizia- tiva così clamorosa e dalle conseguenze imprevedibili? La prima considerazione degli americani è che il leader cinese si sente abbastanza saldo in sella per prendere decisioni che sarebbero state impensabili fino a poco tempo fa. «Ovviamente non è una figura transitoria nella spolitica cinese», ha commentato il consigliere per la sicurezza nazionale Samuel Berger. «Anzi, confidiamo che possa essere l'uomo delle grandi riforme». La seconda considerazione dell'Amministrazione è che a quanto pare anche Jiang è arrivato alla conclusione che la strada del dialogo, del confronto aperto, sia quella da percorrere. Che è inutile cercare di arginare 'il libero scambio delle idee nell'era dei computer e dell'Internet. «Parliamoci chiaro: la diretta non è stata un favore che ha voluto fare a Clinton», spiega il portavoce della Casa Bianca. «Jiang è innanzitutto un politico cinese». E l'azzardo di far parlare liberamente Bill Clinton davanti a centinaia di milioni di cinesi valeva evidentemente il gioco. Anche perché sapeva di po' ter,,jGontare su un avversario leale. Clinton non è venuto qui per far crollare i muri o riempire le piazze. Anche lui tiene, tanto quanto Jiang, alla «stabilità» di questo immenso Paese. Non si può costruire una «partnership strategica» con una Cina scossa da venti di rivolta. La visita di Clinton - al di la delle divergenze su diritti umani e Tibet - ha rappresentato in realtà un forte avallo al graduale riformismo di JiaJig, E allora perché non farlo sapere, oltre che al mondo, anche alla Cina? [a. d. r.] L'intervento di Clinton all'università Beida. Alcuni studenti si sono arrampicati sugli alberi per vederlo