L'IMPOSSIBILE INTESA di Gianni Vattimo
L'IMPOSSIBILE INTESA L'IMPOSSIBILE INTESA che hanno finora anacronisticamente agitato. Ora, lasciando da parte la questione dell'aborto - su cui occorrerebbe rovesciare una legge approvata e confermata da un referendum - l'altro punto su cui bisogna trovare soluzioni accettabili sembra essere quello della bioetica, a cominciare dalla «riproduzione assistita». Qui può tornare utile ricordare le posizioni di un noto bioetico americano, Hugo Engelhardt, che ha esposto le sue idee in una intervista pubblicata il 16 giugno dal Corriere della Sera, che non ha forse avuto l'attenzione meritata. Importa ricordare che Engelhardt è anche un cristiano praticante, membro della Chiesa Ortodossa di Houston, Texas. Ebbene, sia come bioetico sia come cristiano, Engelhardt ritiene, conoscendo la situazione italiana, che lo Stato farebbe bene a non legiferare affatto in tema di riproduzione assistita e su altri simili temi di bioetica legati a certi confini estremi della ricerca. Verosimilmente, la sua esperienza gli dice che il mondo non pullula affatto di gente che vuole sostituire le forme della riproduzione artificiale alle vie naturali, più facili e gradevoli, ereditate da millenni di tradizione. L'ansia con cui i bioetici cattolici e le autorità ecclesiastiche richiedono che si intervenga su questi temi è certamente ispirata dal proposito di difendere i diritti del nascituro; ma anche, molto verosimilmente, dalla convinzione che, senza una sanzione di tipo civile, delegata allo Stato (qui nella pura e semplice funzione di ((braccio secolare», che si credeva definitivamente superata), i fedeli non osserverebbero le prescrizioni morali della Chiesa. Invece di pretendere di controllare le leggi dello Stato, dice Engelhardt, i credenti dovrebbero cercare di far funzionare meglio le loro Chiese. Nessuno, in effetti, obbliga un cattolico a divorziare, abortire, ricorrere alla fecondazione artificiale eterologa. Sappiamo qual è la tesi della Chiesa: qui sono in gioco inviolabili principi di diritto naturale, e anzitutto il diritto alla vita. Nel caso della procreinone assistita, tuttavia, non è in gioco la vita del nascituro, come nell'aborto. Anzi, proprio la difesa della vita consiglia forse di non irrigidirsi tanto dogmaticamente sul principio dell'intangibilità dei processi naturati. Questo principio cade immediatamente, del resto, se consideriamo il caso di una medicina che, in futuro, sia capace di vincere malattie come il cancro, l'Aids, la tubercolosi, intervenendo sul genoma - cioè «manipolando» i geni. Nessuno avrebbe il coraggio di rivendicare qui il diritto dei nascituri ai propri geni con le relative predisposizioni patologiche. E quanto all'uso del termine genocidio per queste manipolazioni, e anche per l'aborto nelle primissime settimane di vita dell'embrione, Engelhardt suggerisce di procedere con maggiore e più rispettosa cautela; parlare di genocidio per gli embrioni distrutti o manipolati rischia di essere un insulto alla memoria dei milioni di persone che sono state vittime di ben altri e più effettivi genocidi nei gulag e nei lager. Proprio mentre da molte (o troppe) parti si invocano liberalizzazioni e deregulation, il suggerimento di Engelhardt - lasciare le cose come stanno - potrebbe non essere da buttar via. Lui lo fonda, giustamente secondo noi, sul principio di separazione tra Stato e Chiese, tra fede religiosa, o anche etica, e leggi civili. Ovvio che anche queste debbono ispirarsi a qualche principio. Tra i principi di questo tipo può però non esserci il diritto di sapere di chi siano gli spermatozoi che ci hanno generato (se no, fino a quale generazione dovremmo risalire, tra l'altro?), o il diritto di essere messo al mondo con un patrimonio genetico «intatto», anche se questo manifestamente include un'alta possibilità di contrarre il cancro. Varrebbe la pena di discuterne laicamente, senza invocare sempre un Dio come padrone esclusivo delle leggi di natura, anche e soprattutto là dove esse urtano così palesemente contro tutto ciò che, umanamente, chiamiamo vita. Gianni Vattimo
Persone citate: Engelhardt, Hugo Engelhardt
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