Zhao, il prigioniero scomodo

Zhao, il prigioniero scomodo Zhao, il prigioniero scomodo Gli Usa: liberate l'ex premier moderato LA VITTIMA DI TIENANMEN LPECHINO A Cina sommersa che aspettava l'arrivo di Clinton quale portatore di principi di libertà non è stata delusa. Non solo la cortese ma ferma condanna della repressione dell'89 sulla Tienanmen nel dibattito con Jiang Zemin in diretta tv; ma anche, nei colloqui con lui, interventi a favore di Zhao Ziyang, vittima simbolo dell'89, allora deposto dal vertice, e di vari dissidenti. Lo ha reso noto in una intervista alla Cnn il consigliere per la sicurezza nazionale, Sandy Berger. Riferendosi a una lettera di recente inviata da Zhao al vertice del partito perché ammetta che la repressione fu un errore, e il cui testo è trapelato alla vigilia dell'arrivo di Clinton, Berger ha sottolineato che il giudizio del deposto leader e del presidente Usa sull'89 concidono. Ha quindi aggiunto che il presidente ha sollevato con Jiang Zemin la questione di Zhao, chiedendo che gli venga restituita piena libertà, e che siano liberati dei dissidenti ancora in carcere. Ha escluso, invece, che Clinton incontri l'ex leader, declinando la richiesta fatta in una lettera alla Casa Bianca da 16 dissidenti. Il presidente ha onorato l'impegno americano per i diritti umani, ma tiene anche conto di una singolare realtà: e cioè che i fattori di cambiamento in Cina, avvenuto in misura impensabile dall'89, non sono nobili figure di dissidenti, come avveniva in Unione Sovietica, ma imprenditori, tecnocrati, manager, contadini cui è stata restituita la terra, settori dello stesso partito ansiosi di modernizzazione e efficienza economica. Nel grandioso sviluppo, Tienanmen resta una ferita aperta nello spirito nazionale, e Zhao Ziyang è il fantasma che tormenta la cattiva coscienza di un sistema traente le- ihììimmUÀ ^t.il . . ✓->.w.,., i ,\.nl gittimità dal successo economico, ma con crescente erosione della sua base ideologica e morale. Capo del governo nella prima fase delle riforme dall'80 all'87 e poi capo del partito, Zhao è apparso per l'ultima volta in pubblico il 19 maggio 1989, quando all'alba sulla Tienanmen tentò invano piangendo di convincere i manifestanti a interrompere In n/iiAnA%vt /IaIIm fama T)r\rn-K Ar\r\r\ Cii lo sciopero della lame. Poco dopo fu proclamato lo stato d'assedio, cui lui era contrario, cui seguì la repressione. A fine giugno fu deposto e sostituito da Jiang Zemin. Il suo capo di gabinetto, Bao Tong, fu arrestato poco dopo la dichiarazione dello stato d'assedio, ed è rimasto in carcere fino a qualche settimana fa. 7liii-v Ai m no arrlì orroctì r1r»r*1i" Zhao fu messo agli arresti domiciliari, nella sua casa in un vicolo della vecchia Pechino, e sottoposto a un'inchiesta per attività antipartito che era in realtà uno scontro su fin dove dovessero arrivare la repressione nel Paese e le purghe nel partito. Nel '92, dopo che Deng Xiaoping, l'anziano monarca iniziatore delle riforme, ebbe la me- itiii-i ti ftl 1 a 1 nt t -3 nr\n l'alo fll1 >- glio nella lotta con l'ala dura, l'inchiesta fu chiusa. L'annuncio venne alla vigilia del congresso nell'ottobre '92; non venivano precisate sanzioni su di lui, ma lo si definiva «compagno», segno che rimaneva membro del partito: un segnale di pacificazione interna. Restava comunque una «non persona» a libertà vigilata. Alcune volte gli è stato permesso di recarsi a giocare a golf, in un club alle porte della capitale, quasi più per far vedere agli stranieri che era vivo che per permettergli libera attività sportiva. Nel settembre dell'anno scorso, alla vigilia del congresso del partito, trapelò una sua lettera al comitato centrale, in cui chiedeva che si cambiasse il giudizio sulla Tienanmen, ma il documento non sembrava avere il timbro dell'autenticità. Alla vigilia dell'arrivo di Clinton, il nuovo appello, che molti ritengono autentico. In esso Zhao afferma che si deve rivedere la questione della Tienanmen perché la Cma possa migliorare internamente e nei suoi rapporti col mondo. «Gli Stati Uniti e l'Occidente hanno più volte sollevato il problema del 4 giugno 1989 e la questione dei diritti umani. E' il maggior problema nel campo dei diritti umani in questo secolo. Piuttosto che farlo diventare un ostacolo nei rapporti internazionali, meglio risolverlo da noi, eliminando fattori che restringono la Cina economicamente, politicamente e culturalmente. Perché respingere la volontà del popolo e bloccare il nostro cammino verso la democrazia?». Riferendosi al proprio ruolo nella tragedia, afferma che risolvere la questione, «non è un problema individuale», concludendo: «Il tempo è maturo per un giudizio onesto su quegli eventi. Non dobbiamo trascinare nel prossimo secolo un peso storico». Fernando Mozzetti

Luoghi citati: Cina, Pechino, Stati Uniti, Unione Sovietica, Usa