Il Ponte dei desideri può attendere

Il Ponte dei desideri può attendere Dopo il no del Parlamento la parola torna al Cipe, il dossier ora sfiora le 15 mila pagine Il Ponte dei desideri può attendere Reggio-Messina, 50 anni di rinvìi REGGIO CALABRIA AL NOSTRO INVIATO criveva Ivo Andric, autore molto citato in questi anni, che i onti esistono per essere attraersati e non per fermarcisi a parlare. Intendeva dire che una passeella, un cavalcavia, uno straordinario viadotto valgono davveo quando non si trasformano in monumenti, vuoi alla statica vuoi alle ambizioni di chi li ha atti costruire, ma invece unicono, collegano, migliorano la vita, producono contatti e sviuppo. Qui a Reggio o lì di fronte, a Messina, nelle due parti della città imcompiuta, scrittori ed artisti non si sono ancora eserciati con eguale slancio. E dire che per cinquantanni (anzi, più di un secolo se si parte dalla formulazione dell'idea) la sola propettiva in grado di superare le miserie del quotidiano è stata quella del Ponte, il più grande ed ardito ponte del mondo. Sarà dipeso dal fatto che quel'immagine appariva molto vicina al sogno, almeno fino a qualche tempo fa. Forse adesso è giunto il momento di cambiare opinione, di rendersi conto che mai un sogno s'è più impregnato di concretezza, cemento, metalli e bulloni. E cominciare a considerarlo con occhi diversi. E' una storia tormentata questa, complessa, continuamente nfluenzata non solo dagli interessi, ma dall'emotività. Anche oggi, dopo aver consultato studi, progetti, relazioni, carte (il dossier-ponte assomma quasi 15 mila pagine) chiunque segua un simile progetto difficilmente sfugge alla forza delle suggestioni. Quelle che sospingono verso un luminoso futuro come quelle che invece tengono ancorati alle diffidenze ed alle paure di una terra devastata. Ecco dunque un suggerimento per chi è più propenso a credere alle suggestioni della speranza. Se ti collochi, come mi hanno consigliato di fare, sulla rupe di Scilla e tieni davanti a te una delle foto ricavate dai plastici, puoi quasi vedere l'idea che si materializza. Due torri alle estremità, un'unica straordinaria campata lunga più di tre chilometri, settantamila tonnellate d'acciaio che riescono a produrre una straordinaria leggerezza architettonica. Eppure proprio in questi giorni un altro genere di leggerezza, quella dei ragionamenti, rimette tutto in discussione quando la dirittura d'arrivo pareva imboccata. Appena giovedì scorso, il governo ha sfiorato la crisi sulla vicenda del ponte. Rifondazione e Verdi hanno votato contro, l'ultima parola sulla fattibilità si è trasformata in penultima, adesso riesaminare il progetto toccherà a Cipe ed alla Conferenza dei trasporti. In apparenza, è stato solo mio dei mille inciampi che hanno segnato la storia di questo progetto. Ma rispetto al prima molte cose sono cambiate, anche un compito signore come Enzo Bianco, sindaco di Catania e presidente dell'associazione fra i Comuni d'Italia, oggi si schiera fra i tanti siciliani che cominciano a perdere la pazienza. Catania è a settanta chilometri d'autostrada da Messina, per la città il ponte potrebbe rivelarsi ancora più importante che per i due centri dello Stretto. Tutti aspettano, insomma. Eppure secondo Bianco «siamo sprofondati in una situazione ridicola. Un'opera così importante, così decisiva per lo sviluppo viene discussa in un contesto ideologico, coi partiti del "sì" e del "no" che si scontrano in base a interessi o pregiudizi». Dice Bianco che giovedì scor- so in Parlamento il voto per il ponte dello Stretto sembrava quello di pochi giorni prima sull'allargamento della Nato. Nessuno a discutere sul merito, sull'utilità, sulla necessità del progetto, tutti pronti a schierarsi in base a spinte dei generi più diversi. «Le valutazioni dovevano essere di tre tipi: tecniche, di impatto ambientale, di fattibilità finanziaria. Si è parlato di tutt'altro: ed a questo punto an¬ ch'io, che non sono mai stato un fanatico del ponte, comincio a nutrire sospetti». Il ponte come la Tour Eiffel: nel partito del «no» sono ancora molti quelli che immaginano l'opera come fatto simbolico, per nulla utile, come una faraonica esibizione «che dovrebbe condurre dal nulla al nulla, dalla devastazione calabrese alla devastazione siciliana». Questa per esempio è l'opinione di Maurizio Pieroni, senatore dei Verdi e fiero oppositore del progetto. Unire con quell'opera due regioni prive di strade e infrastrutture è assolutamente inutile, dice. Nell'immagine della torre c'è però anche chi coglie un elemento positivo. Mario Centorrino, docente d'economia a Messina, è di quelli che pensano che oltra alla grande uitilità nei collegamenti anche 1'«effetto-torre», il richiamo simbolico e turistico dell'opera potrebbero rivelarsi di grande impatto. E' proprio vero, siamo ormai alla discussione ideologica, simbolica, mai concreta. Per lunghi anni del ponte si era discusso sul piano tecnico: meglio un'opera ad una sola campata, meglio una a più luci, meglio addirittura un tunnel sottomarino come quello della Manica? Scelto il progetto attuale, si era litigato sulla sua realizzabilità. Infine sui costi. Nel '97 erano stati valutati in 7200 miliardi: «Lo Stato - era ed è opinione generale - non può permettersi di spendere tanto per inseguire un sogno». Se le parole spese a commentare il progetto fossero mattoni, oggi il Ponte delle paure e dei desideri sarebbe già il più lungo del mondo. C'è ancora gente che si domanda se mai un'opera del genere potrebbe resistere ad un maremoto, quasi che nella medesima circostanza chi si trovasse su un traghetto se la passerebbe meglio. La Società dello Stretto di Messina risponde esi- bendo calcoli e prove in base ai quali la struttura sarebbe in grado di resistere ad un terremoto pari al 7° grado della scala Richter, più forte ancora di quello che agli inizi del secolo devastò lo Stretto. Ma il punto centrale non è ancora questo. L'ultima, forse decisiva spinta alla realizzazione dell'opera arriva da uno studio che poche settimane fa il Mediocredito centrale ha svolto per conto della Società Stretto di Messina. E' un progetto di fattibilità finanziaria da cui si ricava che il ponte può essere interamente finanziato da privati. La Mistsubishi e la Société Generale des Eaux sono in prima fila: i giapponesi hanno firmato una lettera d'intenti. Lo Stato sarebbe chiamato in causa solo nel caso di contemporaneo aumento dei costi di costruzione, di quelli operativi e delle condizioni di mercato. Al massimo, afferma lo studio, per 435 miliardi che potrebbero essere distribuiti negli anni, come contributo ai pedaggi che i privati ovviamente riscuoterebbero. «Dinanzi a questo studio continua Bianco - adesso sento obiettare che le valutazioni dei flussi di traffico sono troppo ottimistiche...». Insomma, i pedaggi attraverso cui i privati pensano di ripagarsi l'investimento conterebbero sul transito di troppe automobili. «Ma non dovrebbe essere proprio questa - continua il sindaco di Catania la garanzia di una valutazione affidabile? Chi meglio degli investitori privati può garantire i propri capitali in base a previsioni accurate? Insomma, a questo punto credo che occorra piantarla con le discussioni di principio, verificare meglio gli studi sull'impatto ambientala ma poi giungere a una decisione. Valutate tutte le garanzie, un altro "no" avrebbe il sapore di stupido pregiudizio razziale: ed a quel punto sono pronto a mettermi alla testa di un movimento di protesta». Questo momento non sembra troppo lontano. Come non lontano appare il giorno in cui, con i primi cantieri, riprenderanno inchieste e reportages sulle infiltrazioni della mafia. Mario Centorrino, che di mafia si occupa da anni, non si nasconde il rischio ma avverte anche che «a questo punto bisogna rendersi conto che il non decidere ha un costo altissimo». E quanto al rischio chi meglio di Salvatore Boemi, procuratore aggiunto a Reggio, può valutarlo? Il magistrato evita di prendere posizione sul dibattito-ponte, ma parla invece di mafia ed opere pùbbliche. «Che il pericolo esista è perfino ovvio. Come assolutamente ovvio è il fatto che nessun governo può pensare di delegare ai giudici controlli e repressione. Ma nello stesso tempo mi chiedo che senso ha osteggiare questo o quell'intervento pubblico con l'argomento "tanto c'è la mafia". Questo deve imporre regole più severe negli appalti, controlli più accurati ma nient'altro. Visto che la mafia esiste, vogliamo lasciare intere regioni nelle sue mani impedendo ogni sviluppo?». Giuseppe Zaccaria Il sindaco di Catania: ormai il dibattito è ideologico Non accetteremo un altro rifiuto Previsti 7200 miliardi di spesa ma due privati sono pronti a sostenere tutti i costi I Verdi: «Inutile unire due regioni prive di strade». Le ragioni del sì: «E' un'opera di alto valore simbolico e turistico» Mar Tirreno rola torna al Cipe, il dossier ora sfiora le 15 mila pagine desideri può attendere 50 anni di rinvìi Altea» * dette torri 370 metri {376 su! BveSo del mare) I Superficie delia campata oltre 200.000 metri tirati Portata massima 1 teorica di traffico 4500 veicoli l'orai per senso di marcia 200 treni al giorno Larghezza alla base 70 metri Durata dei lavori 8 anni Costo dei lavori 8000 miliardi Occupati nei cantieri 2600 Occupati nell'indotto 9250 fVofoóditàdel basamento SS Wetri Nel grafico, le caratteristiche del ponte che unirebbe Calabria e Sicilia. A fianco, una lunga coda di auto a Villa San Giovanni in attesa di imbarcarsi per la Sicilia. In basso, il tunnel sotto la Manica

Persone citate: Eiffel, Enzo Bianco, Giuseppe Zaccaria, Ivo Andric, Mario Centorrino, Maurizio Pieroni, Richter, Salvatore Boemi