I cattolici dell'Ulivo nel mirino dei vescovi

I cattolici dell'Ulivo nel mirino dei vescovi Il richiamo di Giovanni Paolo II sulla famiglia accende le polemiche. L'Arcigay: un ritorno al Papa-monarca I cattolici dell'Ulivo nel mirino dei vescovi Mons. Maggiolini: devono lasciare questo governo ROMA. Non c'è pace fra la Chiesa e i cattolici in politica, in particolare naturalmente quelli al governo. Adesso che non c'è più la Democrazia cristiana le autorità ecclesiastiche usano toni forti. E il vescovo di Como, Alessandro Maggiolini, una volta giudicato vicino alle sensibilità leghiste (ma ha sempre negato) chiede addirittura ai cattolici di uscire dal governo. Ieri era stata la polemica fra il segretario del Ppi, Marini, e i due organi di stampa ufficiali della Chiesa, «Avvenire» e «L'Osservatore Romano», accusati di tirare troppo esplicitamente la volata a Cossiga. Oggi è l'attacco del Pontefice alla politica familiare del governo Prodi. Criticato con parole forti. Troppo forti, secondo, alcuni. Valdo Spini, per esempio, che ricorda che quando parla ai legislatori, e non ai fedeli, la Chiesa entra in una sfera laica. Ma questo «non è stato mai ben compreso» in Italia. Valdo Spini fa parte dell'ufficio politico dei Democratici di sinistra, e fa un elogio della libertà di coscienza dei cattolici del Ppi come legislatori e uomini di governo. «Bisogna tener presente mi punto fondamentale. La Chiesa, tutte le Chiese, parlano alle coscienze dei fedeli, i quali naturalmente si devono porre il problema se aderiscono a questo insegnamento. Diverso è quando si vuole parlare ai legislatori o agli uomini politici, perché si entra in una sfera per definizione laica. In Italia questo non si è mai ben compreso e sarebbe il momento di farlo». Naturalmente di opinione ben diversa sono gli esponenti dell'Udr. Il loro capo gruppo alla Camera, Salvatore Cardinale, dice di non poter «non condividere le critiche e le analisi fatte dal Papa sulla politica del governo in merito alla famiglia. Di fronte alla legge sull'aborto, alla fecondazione medicalmente assistita, alla tutela degli embrioni, al riconoscimento delle unioni di fatto, il governo Prodi non riesce a far prevalere, cosa che invece è accaduta nel passato, l'idea che la famiglia sia il reale tessuto connettivo della società». Risponde Valerio Zanone, evidenziando la sua matrice liberalcavouriana: «E' certamente legittimo che il Papa esprima la posizione della Chiesa sui problemi che riguardano la bioetica e la dottrina sociale. Ma il punto è che la sfera morale e la sfera politica e normativa non sono eguali, nel senso che la legge, e quindi l'ordinamento normativo, ha dimensioni che sono meno ampie della sfera morale. Una cosa sono le convinzioni morali di cui ciascuno è giudice altra cosa è l'azione del legislatore che deve tener conto di una legittima tolleranza fra posizioni diverse». E' l'antica tesi - difesa in questi giorni anche da alcuni vescovi - della necessità, per i cat- tolici in politica, di giungere a forme di compromesso con chi porta posizioni diverse, una teoria e una prassi consolidate da decenni di regime democristiano. Oggi respinte con sdegno. Il vescovo di Como ha esortato i cattolici italiani ad «avere un sussulto di dignità» e ad essere pronti a lasciare il governo quando questo propone «politiche dissennate» contro la famiglia. «Spero - ha detto il presule, - che il discorso pronunciato ieri dal Papa, sulle minacce all'isti- tuzione familiare in Italia, servano a scuotere innanzitutto il cattolicesimo italiano. Non è scritto da nessuna parte, tanto meno nelle tavole del Sinai, che i cattolici debbano stare sempre e comunque al governo. Essi possono anche andare all'opposizione». Il motivo: «Non si può rinunciare sempre ai propri principi in nome di delicati equilibri politici. L'esortazione di Giovanni Paolo II implica dunque decisioni forti da parte dei cattolici italiani. Mi aspetto quanto meno che non ci siano più firme cattoliche sotto provvedimenti che minacciano la famiglia. E' il momento di dire: noi non ci stiamo». All'ironia storica fa ricoreo l'Arcigay, ricordando Innocenzo III, di cui ricorre quest'anno l'ottavo centenario dell'elezione al soglio pontificio. «E' forse a questo suo illustre predecessore che guarda papa Wojtyla quando lancia i suoi anatemi contro le politiche familiari dell'Ulivo, ribadendo il diritto papale ad "intervenire autoritariamente nella sfera dell'ordine temporale"». Il presidente nazionale dell'Arcigay, Sergio Lo Giudice, accusa il Papa di sostenere la teoria della supremazia temporale del papato sul potere civile «per intervenire pesantemente sulla verifica che si sta aprendo nella maggioranza di governo». Marco Tosatti Papa Giovanni Paolo II: più volte nelle ultime settimane la Chiesa ha «alzato la voce» per richiamare i politici cattolici al loro impegno fui

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