«Maglie più strette in cella»
«Maglie più strette in cella» «Maglie più strette in cella» i/pni: troppo esposti per le contromisure PALERMO. Magistrati ed investigatori stanno valutando materiali raccolti giovedì notte, in varie perquisizioni domiciliari, nel corso dell'operazione che ha portato in carcere 22 presunti mafiosi, in particolare della cosca di Vito Vitale. L'inchiesta sta mettendo a fuoco le complicità tra le cosche di Palermo e di Catania, ma al tempo stesso cerca di individuare le talpe interne alle carceri che hanno consentito, ad esempio al boss catanese Santo Mazzei od all'ergastolano Leonardo Vitale, fratello di Vito, di disporre di telefoni gsm in cella, nonostante fossero sottoposti all'isolamento speciale previsto dall' art. 41 bis del regolamento penitenziario. Le contromisure necessarie ed urgenti per impedire che boss al 41 bis possano continuare a trasmettere ordini dal carcere innescano preoccupazioni e polemiche a palazzo di giustizia. Sarà il singolo magistrato, in attesa di una revisione della normativa, a dovere intervenire, caso per caso, per evitare che i boss possano comunicare direttamente (superando cioè la barriera del vetro di protezione) con i parenti. «Il singolo magistrato, in casi come quelli recentemente accertati - dice il sostituto procuratore della Dda di Palermo Alfonso Sabella - è costretto per esempio, a non autorizzare i colloqui in carcere di alcuni detenuti con i familiari, mentre la polizia penitenziaria, dal suo canto, dovrà cercare di fatto, e con evidente esposizione personale, di impedire a determinati detenuti di avere contatti troppo ravvicinati che la legge comunque consente, con i familiari». Sabella osserva ancora che «il mancato funzionamento dei meccanismi generali, e in qualche modo straordinari, di protezione e controllo adottati dallo Stato, produce inevitabilmente la sovraesposizione di quei funzionari che sono costretti, dì conseguenza, ad applicare, adottandoli al caso concreto, i rimedi ordinari». «Nel 1991 conclude Sabella - proprio a tutela del magistrato costretto a pronunciarsi volta per volta sulla richiesta di concessione degli arresti domiciliari avanzata dai boss era stata introdotta una norma che stabiliva l'obbligatorietà della detenzione in carcere per le accuse di mafia». [a. r.] Il sostituto procuratore della Dda di Palermo Alfonso Sabella
Persone citate: Alfonso Sabella, Leonardo Vitale, Magistrati, Sabella, Santo Mazzei, Vito Vitale
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