«Consentiamo la vendita di organi» di D. Dan.
«Consentiamo la vendita di organi» «Così gli indigenti avranno una chance per uscire dalla povertà»: scoppia la polemica «Consentiamo la vendita di organi» Proposta choc su «Lancet» ROMA. La proposta parte da una delle più prestigiose riviste scientifiche: The Lancet. Ad avanzarla sono gli esperti del Foro internazionale per l'etica dei trapianti (Ifte): bisogna autorizzare la vendita dei reni. Ovvero, i più poveri, quelli che si sono già venduto di tutto per riuscire a sopravvivere, possono guadagnare bene cedendo un rene a chi ne ha bisogno. Inutile dirsi sdegnati e disgustati, osservano i promotori dell'iniziativa, perché il divieto a far commercio di questi preziosi «pezzi di ricambio» priva chi vive nella miseria di una fonte di guadagno. Ma, soprattutto, perché manca la materia prima per i trapianti. L'appello ha scatenato, come si può immaginare, un putiferio negli ambienti scientifici inglesi e ha lasciato a bocca aperta quanti ancora credevano nella fedeltà della medicina al giuramento di Ippocrate. Bufera anche tra i politici. Ann Widdecombe, parlando a nome dei conservatori all'opposizione, ha attaccato l'intervento dell'Ifte definendo la proposta «ripugnante e oltraggiosa», capace di portare, inevitabilmente, «allo sfruttamento dei soggetti più vulnerabili, mettendo a repentaglio la loro vita per qualche centinaio di sterline». E ha chiesto al governo una chiara presa di posizione. Il mercato degli organi viaggia su rotte ormai note e tutte vanno dai Paesi ricchi ai Paesi più poveri del pianeta. Lo «smercio» di reni vede in testa alla classifica l'India, l'unico posto al mondo in cui avvengono, ufficialmente, espianti di reni da donatori viventi. Tra i più assidui clienti di questo commercio, gli italiani. Del resto, assicurano gli esperti dell'Aido (l'Associazione italiana dei donatori d'organi), un rene da quelle parti si può trovare «a buon prezzo»: 30-35 milioni, intervento e degenza postospedaliera inclusi. E compreso anche l'altissimo rischio di infezioni. Tra il '90 e il '93, secondo uno dei più noti esperti di trapianti statunitense, George Abouna, sarebbero stati venduti in India oltre 2 mila reni. La compra-vendita di reni si fa anche in Egitto, Iraq e Filippine. In questa parte del mondo, i compratori sono, in genere, facoltosi mediorientali. Lo stesso commercio si svolge in Sud America. A quali rischi vanno incontro i donatori? Difficile dirlo con esattezza, anche perché è quasi impossibile rintracciarli. Negli Stati Uniti s'è fatta una ricerca sui donatori tra familiari e si è visto che le probabilità di ammalarsi crescono quanto più si è avanti con gli anni. Va da sé che dopo un espianto del genere, se il rene rimasto si ammala, il donatore rischia la dialisi a vita o la morte. Netta l'opposizione della Chiesa alla proposta. «Un trapianto d'organi deve corrispondere alla logica del dono e quindi non si può fare del corpo o di un organo del proprio corpo un fatto commerciale - sostiene padre Mauro Cozzoli, docente di teologia morale alla Pontificia università lateranense -. Inoltre, il dono non deve comportare una grave menomazione per la salute del donatore». Ma c'è anche chi esce fuori dal coro e si dice d'accordo: è l'antropologa Ida Magli. Il suo pensiero: «Credo che questa proposta aprirà la strada alla commercializzazione degli organi e la trovo giusta perché si uscirebbe da un clima ipocrita. Ma resto contraria ai trapianti: sono più pericolosi della bomba atomica». [d. dan.]
Persone citate: Aido, Ann Widdecombe, George Abouna, Ida Magli, Mauro Cozzoli
Luoghi citati: Egitto, Filippine, India, Iraq, Roma, Stati Uniti, Sud America
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