«E' mentalità senza scrupoli Ma la salute non si smercia» di Daniela Daniele

«E' mentalità senza scrupoli Ma la salute non si smercia» IL PRESIDENTE DEL COMITATO DI BIOETICA «E' mentalità senza scrupoli Ma la salute non si smercia» ROMA ON pare stupito il professor Francesco D'Agostino, presidente del Comitato nazionale di Bioetica, alla proposta apparsa su The Lancet, rivista scientifica. Ma come, professore? Non le sembra incredibile che un gruppo di medici arrivi a dire che i reni si devono vendere? «Certo. Ma non mi stupisce. Un'uscita del genere non fa che confermare alcuni orientamenti estremi, tipici di certi ambienti anglosassoni e americani. Semmai, mi stupisce che quando uscirono, in passato, certe pubblicazioni sullo stesso argomento, la bioetica italiana non abbia trovato modo di farsi sentire, di gridare allo scandalo. Ricordo che fu soltanto Giovanni Berlinguer a dire la sua, con un libro nel quale denunciò qualsiasi tentativo di legittimare questi commerci». Lei dice che rientrano nella mentalità anglosassone. Vuole spiegare meglio? «E' la stessa mentalità che, per esempio, avalla l'affitto dell'utero. La stessa mentalità che fa sì che un tribunale tolga il figlio a una donna la quale, dopo aver dato il suo utero in affitto, cambi idea e non se la senta più di consegnare il bambino: non so se mi spiego, un tribunale che fa valere un contratto del genere... Eppure è accaduto, in America». Torniamo al mercato di reni. Come giudica chi afferma che, comprando un rene, si può aiutare chi è povero? «Preferisco tralasciare ogni osservazione di tipo morale, perché a chi fa proposte di questo genere è evidente che non interessa. Si tratta, per loro, semplicemente di quello che, compiendo un'astrazione razionalistica, definiscono, né più né meno, un contratto: l'importante, dunque, è l'autonomia contrattuale. Il rispetto dei patti. Ma dimenticano un piccolo particolare...». La differenza tra i contraenti? «Esatto. Qui non ci sono contraenti sullo stesso piano. Il solo fatto che chi propone scambi di questo tipo sostenga che così si possono aiutare i più poveri dimostra che, in questo "contratto", c'è una parte più debole, molto più debole dell'altra. Dunque, il contratto non è bilanciato». E volendo trovare un altro argomento a sfavore, sempre tralasciando il disgusto che una proposta del genere può generare? «Quello economico, tanto per ragionare con la mentalità anglosassone e americana "ad armi pari". Che senso ha stipulare un contratto che reca un vantaggio individuale e poi avere una schiera di soggetti a rischio, perché il donatore diventa un soggetto a rischio di malattia e di invalidità permanente, a carico del sei-vizio sanitario nazionale? Ed ecco che, ancora una volta, il contratto non può essere "equo"». Nient'altro? «Beh, certo. Ci sarebbe da rispettare il primo principio bioetico: la salute è un bene non commerciabile». Daniela Daniele

Persone citate: Francesco D'agostino, Giovanni Berlinguer

Luoghi citati: Roma