Clinton, primo scontro sui diritti umani
Clinton, primo scontro sui diritti umani Alla vigilia del vertice col presidente cinese Jiang Zemin incarcerato un vescovo cattolico Clinton, primo scontro sui diritti umani Per l'arresto di 2 dissidenti PECHINO DAL NOSTRO INVIATO «Queste notizie mi preoccupano. Se sono vere sono l'espressione di una Cina non certo al suo meglio, di una Cina che guarda all'indietro anziché guardare avanti». Bill Clinton è arrivato ieri sera a Pechino, seconda tappa del suo viaggio di nove giorni in Cina. Nella mattinata, nel villaggio modello di Xiahe, tra campi di mais e di melograno, aveva chiacchierato con la gente comune. Le polemiche sui dissidenti arrestati in questi giorni lo avevano seguito fin lì. Prima ancora di dar il via al suo colloquio con i sei paesani prescelti, il Presidente aveva dato sfogo alla sua frustrazione per il comportamento delle autorità cinesi. Ieri la polizia di Xian ha rilasciato Yang Hai, un dissidente che era stato letteralmente «rapito» il giorno prima mentre si apprestava ad essere intervistato dalla rete americana Abc. Ma un amico di Yang Hai, che aveva accettato di essere intervistato per parlare del dissidente, è stato a sua volta fermato per qualche ora. E sempre ieri è arrivata la notizia dell'arresto di Julias Jia Zhiguo, vescovo della Chiesa cattolica non ufficiale (cioè quella rimasta fedele a Roma nonostante le persecuzioni), nella provincia di Hebei. L'ambasciatore americano a Pechino James Sasser ha presen- tato una protesta formale. Il governo cinese ha replicato che a Pechino non ne sapevano nulla. «Queste spiegazioni sono insoddisfacenti e il comportamento delle autorità rimane per noi inaccettabile», ha protestato il consigliere per la sicurezza nazionale Samuel Berger. E un portavoce del ministero degli Esteri cinese ha replicato che «la Cina non ammette interferenze di nessun genere nei propri affari interni». Più tardi, incalzato dai media americani che gli chiedevano che cosa l'Amministrazione intendesse fare, Berger ha risposto in maniera quasi rabbiosa: «Le persone non sono rifiuti da sgomberare per l'arrivo di un ospite. Il comportamento del governo sul fronte dei diritti umani è terribile. Per quanto mi riguarda la Cina rimane una nazione autoritaria». Improvvisamente, alla vigilia della controversa cerimonia di accoglienza per il Presidente Clinton sulla piazza Tienanmen, l'atmosfera si carica dunque di grande tensione e gli animi - almeno da parte americana - paiono tutt'altro che sereni. Lo sfogo di Berger, un uomo noto per la sua mitezza e la sua capacità di autocontrollo, riflette la frustrazione di un'amministra- zione che ha lavorato a lungo e intensamente per il successo di questa visita, considerata da molti come la più importante dell'era Clinton. «Questa Cina che guarda all'indietro stona completamente con la Cina che invece si muove a grandi passi verso il futuro», ha commentato, quasi che provasse un senso di smarrimento di fronte a questi ultimi sviluppi. Chi c'è dietro gli arresti? Berger parla di «forze che resistono» al cambiamento. Altre fonti della Casa Bianca parlano di apparati di sicurezza locali «che hanno voluto strafare». Ma i numerosi contatti avuti ieri con Pechino non hanno permesso di chiarire i vari episodi. Anzi, Clinton e i suoi col¬ laboratori paiono sempre più prigionieri di un gioco d'ombre che non controllano. Berger insiste sul l'atto che il Presidente solleverà in maniera vigorosa la questione dei diritti umani, oggi con Jiang Zemin, e in ogni possibile occasione. Ma l'Amministrazione ancora non sa se il discorso di Clinton lunedì alla Beida, l'università di Pechino, sarà trasmesso in diretta alla televisione, come vorrebbe la delegazione americana. Stessa incertezza sui vari dossier che sono oggetto di trattativa tra le due parti. A 24 ore dal vertice tra Clinton e il presidente Jiang Zemin, per esempio, non è affatto chiaro se i chiesi accetteranno di spostare i dodici missili balistici attualmente puntati su obiettivi americani: una situazione decisamente anomala tra due Paesi che dichiarano di voler costruire insieme un futuro. Gli americani, nel tentativo di non deludere aspettative eccessivamente alte, hanno sempre detto che il successo di questo vertice andava misurato non tanto sulla base del numero di accordi firmati, ma piuttosto in base al clima che si sarebbe instaurato tra Washington e Pechino. Ma da questo punto di vista la sfuriata di ieri sui dissidenti non è di buon auspicio. Andrea di Robilant Protesta formale dell'ambasciatore americano Pechino risponde: non accettiamo interferenze ■ Sii ;■:<:::,>>?;:':.v;.j iJIllllP A destra, i preparativi a Pechino per l'arrivo del presidente Usa Sullo sfondo un ritratto di Mao Qui sotto, Bill Clinton
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