Una bara divide Israele di Fiamma Nirenstein
Una bara divide Israele Anche la sinistra critica l'opera2ione: ora i guerriglieri sanno di poter restituire morti in cambio di vivi Una bara divide Israele II soldato scambiato con 60 hezbollah GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO Perfino rispetto alla continua tragedia del Libano, è stata troppo metafisica agli occhi degli israeliani quella solitaria discesa della bara vestita con la bandiera bianca e azzurra con la stella di David all'aeroporto Ben Gurion, e dall'altra quelle 40 casse da morto che sono partite in direzione opposta subito dopo, e poi quei 60 uomini barbuti, ben vivi, che nel pomeriggio di ieri su autobus simili a quelli delle gite scolastiche, sono tornati a casa in Libano, e forse nelle file degli hezbollah da cui provengono. La bara era quella di Itamar Iliya, ucciso a 21 anni il 4 settembre scorso durante un raid notturno in cui il suo commando aveva cercato di compiere un'azione finita male ad Ansarya, nel Sud del Libano. Un aereo francese, dopo una trattativa incredibile, durata più di 8 mesi, ha riportato il corpo a casa secondo il principio che ogni uomo deve avere il suo nome scritto su un sasso quando cade, e un luogo dove i suoi parenti e amici possano piangerlo. E' uno dei principi più saldi dello Stato ebraico, un tema che nasce dopo l'Olocausto, e che ne è la gloriosa e proterva negazione. Le 40 bare e i 60 prigionieri di guerra liberati, sono l'alto prezzo pagato dal governo israeliano per restituire al pianto dei suoi genitori, rimasti nel Negev ad aspettare la bara, il ragazzo di cui gli hezbollah mostrarono la testa spiccata in una famosa foto il giorno dopo l'agguato. Israele ha cercato di evitare per quanto possibile che fra i nomi trattati dei liberati vivi vi fossero personaggi particolarmente noti o pericolosi. E tuttavia, a parte l'accettazione politica ripetuta dal ministro della Difesa Yitzick Mordechai che il corpo di un soldato vale ogni sfor- zo, nel Paese si sente un moto di insofferenza, una contorsione sia pratica che teorica nell'opinione pubblica che non c'era mai stata e che mostra una volta di più la grande stanchezza verso la trappola libanese. Innanzitutto, anche se Israele ricorda alcuni scambi madornali (nell'83 4765 prigionieri libanesi contro 8 israeliani; nell'85 3 contro 1150; nel '79 1 contro 76) la pratica di scambiare morti con vivi è evidentemente molto pericolosa. L'ha detto ieri Yossi Beline, un famoso leader della sinistra: «Mi pare un pessimo suggerimento agli hezbollah quello che fa loro intendere che possano restituire a Israele morti in cambio di uomini vivi, perché da ora in avanti potrebbero perfino eliminare prigionieri appena catturati, o in via di scambio». Eitan Haber, che era 0 capo gabinetto di Rabin, ha scritto parole di fuoco su un quotidiano popolare, Yediot Aharonot: «Noi vogliamo sempre e comunque che i nostri figli tornino a casa, vivi o non sia mai, morti, secondo la grande tradizione di Israele... Ma nessuno Stato del mondo, né l'immensa America né la piccola Olanda hanno investito anche in situazioni militari tese, così tanto in questo compito. Qualunque Stato si sia trovato in guerra, ha dovuto talvolta lasciare le ossa dei suoi figli sui campi di battaglia... Soltanto noi sempre siamo stati e sempre saremo battuti in questa guerra. Solo noi pagheremo in contanti migliaia di prigionieri in cambio di un vivo, o di tre casse da morto... Che sia l'esercito egiziano o gli hezbollah, questa è la guerra che siamo destinati per sempre a perdere... In Libano oggi dozzine di famiglie fanno festa, e a noi restano soltanto le lacrime della famiglia Iliya». Fiamma Nirenstein Un pullman carico di guerriglieri hezbollah liberati da Israele esulta all'arrivo al confine libanese
Persone citate: Ben Gurion, Eitan, Haber, Itamar Iliya, Rabin, Yossi Beline
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